Reddito di cittadinanza, ultimo anno prima dello stop: la guida con tutte le ultime novità come introdotte dalla legge di Bilancio 2023.
Ultimo anno per il Reddito di cittadinanza: la legge di Bilancio 2023, infatti, ne abroga le disposizioni, dall’articolo 1 all’articolo 13, contenute nel decreto n. 4/2019, convertito con modificazioni dalla legge n. 26/2019, a partire dal 1° gennaio 2024, quando al suo posto potrebbe esserci un ritorno del Reddito d’inclusione.
Ma la manovra ne rivede anche altre regole, riformando di fatto il Reddito di cittadinanza a partire dal 1° gennaio 2023 per quanto riguarda obblighi, importi e scadenze. Ad esempio, per tutti i nuclei familiari, eccetto quelli in cui è presente almeno un minore, un disabile o un over 60, il Reddito di cittadinanza nel 2023 potrà essere percepito per un massimo di 7 mensilità, anche non continuative.
Alla luce delle ultime novità, dunque, è necessario aggiornare la guida sul Reddito di cittadinanza, facendo chiarezza su come questi cambiamenti incidono sul funzionamento della misura, nonché sul calcolo di durata e importo.
Cos’è
Il Reddito di cittadinanza è la misura di “politica attiva del lavoro e di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’inclusione sociale” che, da definizione fornita dal ministero del Lavoro, risponde a diverse esigenze:
- aiuta a formare e a trovare lavoro permettendo d’integrare il reddito familiare;
- ha come obiettivo quello di migliorare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, aumentando l’occupazione e contrastando la povertà e le disuguaglianze.
Nel frattempo che questi obiettivi vengono raggiunti, viene riconosciuto al nucleo familiare un sostegno mensile - seguendo delle precise regole di calcolo - il cui importo equivale a un’integrazione del reddito familiare. Viene pagato mensilmente, ma l’utilizzo è condizionato a una serie di limitazioni visto che ci sono beni e servizi acquistabili con il Reddito di cittadinanza e altri vietati.
Il legislatore ha anche previsto una serie di condizionalità: proprio per incentivare la politica attiva e per far sì che tutti i componenti del nucleo familiare in condizione di poter lavorare si attivino nella ricerca di un nuovo impiego, sono stati fissati degli obblighi che se non rispettati fanno scattare una sanzione.
Per questo motivo consigliamo a coloro che percepiscono il Reddito di cittadinanza (che ricordiamo viene riconosciuto a tutto il nucleo familiare e non alla persona sola), come pure a chi ha intenzione di fare domanda, di restare aggiornati sulla normativa in vigore.
Pensione di Cittadinanza
Nel caso in cui il nucleo familiare che presenta domanda sia costituito esclusivamente da persone over 67 non si parla di Reddito bensì di Pensione di Cittadinanza. Lo stesso vale per il nucleo composto da una sola persona Over 67 e per il resto da componenti con grave disabilità.
Per maggiori informazioni in merito potete consultare la nostra guida sulla Pensione di cittadinanza.
Requisiti e beneficiari
È l’articolo 2 del decreto n. 4/2019 che ha introdotto il Rdc a indicare i requisiti necessari per beneficiare di questa misura di contrasto alla povertà.
Nel dettaglio, qui si legge che i beneficiari devono:
- essere in possesso della cittadinanza italiana, oppure cittadini di uno Stato membro Ue. È riconosciuto anche agli stranieri in possesso di regolare permesso di soggiorno;
- aver risieduto in Italia per almeno 10 anni, di cui gli ultimi 2 anni in maniera continuativa;
- avere un Isee inferiore a 9.360 euro;
- avere un patrimonio immobiliare (nel quale non è compresa la casa d’abitazione) inferiore a 30.000 euro. Sono considerati anche i patrimoni detenuti all’estero;
- avere un patrimonio mobiliare inferiore a 6.000 euro. Questo limite è innalzato di 2.000 euro per ogni componente familiare successivo al primo (fino ad un massimo di 10.000 euro). Vi è poi un incremento di 1.000 euro per ogni figlio successivo al secondo, e di 5.000 euro in caso di presenza di una persona con disabilità nel nucleo familiare;
- avere un reddito familiare non superiore a 6.000 euro (moltiplicato per il parametro di scala di equivalenza). Questa soglia è aumentata a 9.360 euro qualora il nucleo familiare sia in affitto.
Non hanno diritto al Reddito di cittadinanza, invece:
- i nuclei familiari dove un componente sia in possesso di auto o moto immatricolati nei 6 mesi precedenti alla richiesta del RdC, nonché di auto di cilindrata superiore ai 1.600 cc e moto di cilindrata superiore ai 250 cc immatricolati negli ultimi 2 anni (clicca qui per approfondire);
- i nuclei familiari dove un componente sia in possesso di navi e imbarcazioni da diporto;
- i soggetti che si trovano in stato detentivo per tutta la durata della pena;
- nuclei familiari dove uno dei componenti risulti essersi dimesso dal lavoro nei 12 mesi antecedenti al momento della domanda (a eccezione delle dimissioni per giusta causa).
Non ci sono invece limitazioni per la Naspi; come si legge nell’ultimo comma dell’articolo 2 del decreto, infatti, il RdC è compatibile con l’indennità di disoccupazione (con cui però non è cumulabile al 100%).
Nel riconoscimento del beneficio vengono presi in considerazione tutti coloro che fanno parte del nucleo familiare. A tal proposito, si ricorda che ai fini Isee fanno parte del nucleo familiare:
- i conviventi, ovvero tutti coloro che figurano nello stato di famiglia;
- non conviventi a carico.
Ci sono poi delle precisazioni per figli ed ex partner. Rispondendo alla domanda riguardo ai familiari per i quali viene riconosciuto il Reddito di cittadinanza, è bene fare una precisazione per le coppie separate. Per evitare abusi, il decreto n. 4/2019, prevede all’articolo 1, comma 6 che i coniugi, anche se divorziati o separati, possono accedere al beneficio solo se non risiedono più insieme: per avere diritto al sussidio, quindi, uno dei due ex coniugi dovrebbe cambiare residenza.
Chiarimenti sono necessari anche per i figli, specialmente per quelli che non vivono con i propri genitori. Non è sufficiente un cambio di residenza per fare in modo che un figlio esca dall’Isee dei genitori per poter richiedere il Reddito di cittadinanza, soprattutto se non ha i mezzi economici per provvedere al proprio mantenimento. Un figlio, infatti, rimane a carico dei genitori anche se non convive con loro se non ha un’indipendenza economica.
Per quel che riguarda il Reddito di cittadinanza, infatti, un figlio maggiorenne non convivente con i propri genitori fa comunque parte del loro nucleo familiare se risulta essere a loro carico ai fini Irpef, se non è coniugato e non ha figli, fino all’età di 26 anni.
leggi anche
Come uscire dall’Isee familiare nel 2024?
Importi
Il Reddito di cittadinanza non ha un importo fisso; varia, infatti, in base alla situazione economica della famiglia che lo richiede. Nel dettaglio, come specificato nell’articolo 3 del decreto, il beneficio economico si compone di due differenti elementi:
- integrazione fino a 6.000 euro (annui) del reddito familiare;
- integrazione pari all’ammontare del canone annuo di locazione (fino ad un massimo di 3.360 euro annui) per le famiglie che sono in affitto. È prevista poi un integrazione (ma fino ad un massimo di 1.800 euro annui) per i nuclei familiari che risiedono in un’abitazione di proprietà ma per la quale è stato contratto un mutuo.
Per quanto riguarda l’integrazione del reddito familiare in presenza di più componenti questo viene moltiplicato per il corrispondente parametro della scala di equivalenza, ovvero:
- +0,4 per ogni componente familiare maggiorenne successivo al primo;
- +0,2 per ogni componente minorenne.
Questo può essere incrementato fino a un massimo del 2,1, elevabile a 2,2 qualora nel nucleo familiare ci sia un disabile. .
Il beneficio economico complessivamente non può superare i 9.360 euro annui, ossia i famosi 780 euro mensili (anche questa soglia va moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza).
Questo, invece, non può essere inferiore ai 480 euro annui (clicca qui per le istruzioni per il calcolo del Reddito di cittadinanza).
Integrazione assegno unico
Ai nuclei familiari con figli minori spetta, in automatico, anche l’assegno unico. Tuttavia, ne viene accreditata solamente una parte, poiché viene tolta la quota per il minore già compresa nel Reddito di cittadinanza.
Ecco perché l’importo dell’assegno unico per chi prende il Reddito di cittadinanza è più basso.
L’assegno può spettare anche per i figli maggiorenni, ma in quel caso è necessario comunicare all’Inps il possesso di determinati requisiti (qui il modello da utilizzare).
Contributo affitto
Come anticipato, alla quota base del Reddito di cittadinanza si può aggiungere anche la componente affitto, ossia un rimborso spese, che può arrivare fino a 280 euro mensili, riconosciuto ai nuclei familiari che vivono in affitto, con contratto regolarmente registrato e indicato nella Dsu ai fini Isee.
Da inizio 2023 (ma l’Inps ne deve dare ancora istruzioni operative) la componente affitto non sarà più accreditata sulla carta Rdc in quanto verrà pagata direttamente al locatore.
Come aumentare l’importo
Come abbiamo appena avuto modo di vedere, il Reddito di cittadinanza dipende direttamente dal reddito familiare. Se quest’ultimo aumenta, l’importo mensile del Rdc si riduce, e viceversa.
Tuttavia, non tutte le entrate impattano sull’importo. Ad esempio, questo è pienamente compatibile e cumulabile con:
- rimborsi spesa per tirocinio;
- i redditi derivanti da attività socialmente utili;
- indennità riconosciuta per il servizio civile;
- lavoro accessorio, quindi i compensi pagati con il Libretto Famiglia.
Inoltre, nel 2023 il Rdc è cumulabile con i redditi derivanti da attività di lavoro stagionale o intermittente entro il limite di 3.000 euro.
Viceversa, riducono l’importo del Reddito di cittadinanza:
- redditi da lavoro dipendente e autonomo;
- Naspi;
- pensioni;
- prestazioni per invalidi civili.
Inoltre, qualora si voglia aumentare, o almeno provarci, l’importo del Rdc, si può provare a richiedere un Isee corrente, con il quale si guarda alla condizione economica riferita all’anno precedente la presentazione della Dsu, e non due anni prima come nel caso dell’Isee ordinario.
Durata e scadenze
Il Rdc spetta all’interessato per tutto il periodo in cui ne soddisfa i requisiti. La misura, però, non può avere una durata superiore ai 18 mesi. Vi è la possibilità di rinnovarla; in tal caso, però, il beneficio viene comunque sospeso per un mese.
Da inizio 2023, però, al suddetto limite se ne aggiunge un altro: complessivamente, infatti, si ha diritto a sole 7 mensilità di Reddito di cittadinanza nel periodo che va dal 1° gennaio al 31 dicembre 2023. All’arrivo della settima ricarica, quindi, il Reddito di cittadinanza decade e non sarà possibile presentare una nuova domanda.
Tale novità non si applica per i nuclei familiari in cui sono presenti:
- minori;
- disabili;
- over 60.
Questi continueranno, nel rispetto del limite delle 18 mensilità, a goderne per tutto il 2023.
Quando viene pagato
Non esiste un giorno preciso, tuttavia in questi due anni l’Inps e Poste Italiane hanno mantenuto determinati standard. Nel dettaglio, per la prima domanda - o in caso di rinnovo - il pagamento è in programma dopo il 15° giorno del mese successivo a quello della presentazione della richiesta.
Le successive mensilità, invece, vengono pagate intorno al 27° giorno del mese.
Domanda e comunicazione variazioni
Ci sono tre diverse modalità per presentare la domanda per il Reddito di cittadinanza:
- richiesta online: direttamente dal sito ufficiale del Reddito di cittadinanza, al quale si accede tramite le credenziali Spid;
- modalità cartacea: presso gli uffici postali utilizzando il modello di domanda predisposto dall’Inps;
- Centri di assistenza fiscale (Caf).
Per la domanda c’è un solo modulo da presentare: questo è denominato con il codice SR180 ed è lo stesso che si utilizza anche per la richiesta della pensione di cittadinanza.
Attenzione: il Reddito di cittadinanza verrà abrogato dal 1° gennaio 2024, quindi se ne potrà fare domanda entro il 30 novembre 2023 (e in tal caso spetterebbe per una sola mensilità).
Tuttavia, l’Inps ha messo a disposizione altri due modelli integrativi alla domanda per il Reddito di cittadinanza:
- modulo SR182 (RdC/PdC Com-Ridotto): da utilizzare quando uno (o più) dei componenti del nucleo familiare abbia iniziato un’attività lavorativa prima dell’invio della domanda del Reddito di cittadinanza e che questa non sia indicata nell’ISEE. Nel dettaglio, per le Dsu presentate tra il 1° gennaio e il 31 agosto 2023 va compilato per le attività lavorative (sia come subordinato che da autonomo) successive al 1° gennaio 2021;
- modulo SR181 (modello Esteso): da compilare quando la variazione della condizione lavorativa di uno dei componenti del nucleo familiare sia successiva alla presentazione della domanda del Reddito di cittadinanza. Questo va utilizzato anche per segnalare eventuali dimissioni volontarie dal lavoro, o anche per la sopravvenienza di componenti in stato detentivo o ricoverati in istituti di cura (ovvero la cessazione dello stato detentivo o di ricovero).
Oltre ai moduli necessari ai fini della domanda non occorre ulteriore documentazione; al momento della richiesta, infatti, è sufficiente aver presentato la Dsu, dal momento che sarà l’Inps ad associare l’Isee alla domanda.
Una volta ricevuta la domanda l’Inps ha tempo “entro la fine del mese successivo alla trasmissione della domanda all’Istituto per valutare il possesso dei requisiti richiesti utilizzando le banche dati a disposizione”.
È importante sapere che contestualmente all’invio della domanda di Reddito di cittadinanza si rilascia anche la Dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro (Did) che verrà inviata al centro per l’impiego competente sul territorio (dove andrà convalidata).
Come funziona la carta Rdc
In caso di accettazione della richiesta, il beneficio economico sarà erogato attraverso la carta Rdc.
Si tratta di una carta acquisti realizzata da Poste italiane con un limite di prelievi in contanti di 100 euro al mese (questo va moltiplicato per il parametro di scala di equivalenza) e con l’obbligo di spendere tutto il contributo entro il mese di erogazione; in caso contrario viene sottratto il 20% dell’importo residuo.
Cosa si può e non si può acquistare con il Reddito di cittadinanza?
Concludiamo questa guida sulle indicazioni relative al come usare il Reddito di cittadinanza, in base alle istruzioni pubblicate dal recente decreto del Ministero del Lavoro.
In questo viene specificato, chiarendo così una volta per tutte i dubbi dei titolari, che il Reddito di cittadinanza può essere utilizzato per fare la spesa, acquistare farmaci e pagare bollette, affitto e rata del mutuo.
Si possono acquistare anche cellulari, computer e piccoli e grandi elettrodomestici, e non ci sono divieti per vino e altri alcolici. Il Reddito di cittadinanza si può utilizzare anche per vestiti, mobilio, libri e giocattoli così come tutti quei beni che non sono stati inseriti nella lista degli acquisti vietati. Il decreto, infatti, pone un divieto di acquisto con Reddito di cittadinanza solo per i seguenti beni:
- giochi che prevedono vincite in denaro o altre utilità;
- acquisto, noleggio o leasing di navi o imbarcazioni da diporto, nonché servizi portuali;
- armi;
- materiale pornografico e beni e servizi per adulti;
- servizi finanziari e creditizi;
- servizi di trasferimento di denaro;
- servizi assicurativi;
- articoli di gioielleria;
- articoli di pellicceria;
- acquisti presso gallerie d’arte o affini;
- acquisti in club privati.
C’è ovviamente un modo per “aggirare” questo divieto: ogni mese, infatti, ai titolari del Reddito di cittadinanza viene data la possibilità di prelevare del denaro contante nel rispetto di determinati limiti; è possibile quindi effettuare acquisti vietati utilizzando le somme prelevate dalla carta e pagando in contanti quanto dovuto.
È bene sottolineare poi che non è possibile utilizzare la carta prepagata per gli acquisti online, a eccezione di quegli elettrodomestici comprati su Internet ma con la formula del ritiro in negozio.
Per maggiori informazioni su cosa fare e non fare con il Reddito di cittadinanza consigliamo di consultare la nostra guida su come spendere il beneficio in maniera corretta.
Patto per il lavoro e per l’inclusione sociale
Per beneficiare del Reddito di cittadinanza bisogna partecipare a un piano di reinserimento nel mondo del lavoro. Nel dettaglio, questi devono:
- dichiarare immediata disponibilità al lavoro;
- aderire ad un percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo e all’inclusione sociale che prevede: attività al servizio della comunità, riqualificazione professionale, completamento degli studi.
Questi obblighi valgono per tutti i componenti del nucleo familiare che al momento della domanda non risultano occupati o che non frequentano un regolare corso di studi.
Nel dettaglio entro 30 giorni dalla data di accesso al Reddito di cittadinanza bisognerà sottoscrivere il Patto per il lavoro presso il centro per l’impiego.
Questo patto consiste nel:
- registrarsi alla piattaforma MyAnpal;
- svolgere ricerca attiva di un nuovo lavoro;
- accettare di prendere parte a corsi di formazione e di riqualificazione professionale;
- sostenere colloqui psico-attitudinali ed eventuali prove di selezione finalizzate all’assunzione;
- accettare ogni offerta di lavoro congrua. Dal 1° gennaio 2023, infatti, il diritto al Reddito di cittadinanza si perde già al primo rifiuto di un’offerta di lavoro;
- rendersi disponibili per progetti a titolarità del Comune utili alla collettività, in ambito culturale, sociale, artistico, formativo, ambientale e di tutela dei beni.
A questi obblighi se ne aggiungono altri due dal 1° gennaio 2023, in quanto introdotti dall’ultima manovra:
- i componenti del nucleo familiare di età compresa tra i 18 e i 29 anni che non hanno adempiuto all’obbligo formativo, dovranno prendere parte a un corso di studi finalizzato all’assolvimento del suddetto obbligo, sino al conseguimento dello stesso oppure di una qualifica perlomeno di durata triennale;
- tutti i componenti occupabili devono prendere parte a un corso di formazione o riqualificazione professionale della durata almeno semestrale.
Per chi non soddisfa i suddetti obblighi il Reddito di cittadinanza decade immediatamente, ovviamente previa segnalazione da parte degli organi competenti.
Rischi penali
Ma le sanzioni possono essere ben più severe: infatti, l’omessa comunicazione delle variazioni del reddito e del patrimonio (si pensi ad esempio a chi inizia a lavorare e non ne dà comunicazione), anche se provenienti da attività irregolari (come il lavoro nero), nonché di altre informazioni rilevanti che potrebbero comportare la revoca o la riduzione dell’assegno, è punita con la reclusione da 1 a 3 anni.
Ancora peggio nel caso di coloro che dichiarano il falso al fine di accedere al beneficio, o che comunque ne omettono informazioni dovute: in quel caso, infatti, la reclusione va da 2 a 6 anni.
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