Riforma Fornero un anno dopo. Cosa è cambiato? L’analisi di Gi Group

Valentina Pennacchio

20 Luglio 2013 - 14:39

Riforma Fornero un anno dopo. Cosa è cambiato? L’analisi di Gi Group

La Riforma Fornero ha festeggiato il suo primo compleanno. Cosa è cambiato dopo un anno? Dal primo bilancio fatto a marzo, non ci sono molte novità.

La Riforma ha avuto sostanzialmente effetti nulli: i contratti precari sono rimasti tali e le assunzioni non sono aumentate. Questo è il sunto dello studio dell’Osservatorio di Gi Group Academy, condotto grazie ad un sondaggio su un campione di 351 aziende (tra imprenditori, manager e direttori del personale).

L’andamento del mercato del lavoro diretto dalla normativa Fornero nel primo semestre è stato il seguente:

  • riduzione dei contratti a progetto (-20,2%);
  • aumento dei contratti a tempo indeterminato (+8,2%);
  • aumento del contratto di apprendistato (+3,2%).

Dopo un anno invece si registra:

  • una diminuzione degli stage (-5,2%);
  • una lieve flessione delle collaborazioni a progetto (-3,7%).

Nessuno stimolo, nessun cambiamento sul mercato del lavoro dove anzi si verifica una flessione importante relativamente al primo semestre 2013: dal 61,3% al 56,4% le imprese che affermano di aver deciso almeno un inserimento di nuovo personale nell’organico.

Un anno dopo: bilancio pessimo

Il bilancio della Riforma Fornero un anno dopo è pessimo. Lo dicono i numeri. Dal punto di vista dell’efficacia e dell’efficienza non è cambiato quasi nulla in quelle aree su cui l’impatto avrebbe dovuto essere considerevole: politiche attive, ammortizzatori sociali, flessibilità in entrata. Su quest’ultimo punto in particolare le opinioni sono eloquenti:

  • il 43,6% ritiene non vi sia stato nessun cambiamento;
  • il 40,2% ritiene vi sia stato un peggioramento;
  • il 16,2% parla di un miglioramento.

Le assunzioni dei giovani sono state eseguite con:

  • contratti di collaborazione a progetto (38,7%);
  • contratti a tempo determinato (24,5%);
  • tirocini (13,2%);
  • contratti a tempo indeterminato (7,6%);
  • l’apprendistato (6,3%);
  • contratti di inserimento (6,1%);
  • somministrazione a tempo determinato e indeterminato (3,1%);
  • la Partita IVA (0,6%).

Riforma Fornero: pro e contro

L’amministratore delegato di Gi Group Stefano Colli-Lanzi ha commentato in questi termini i pro e i contro della Riforma Fornero:

“Alla legge Fornero va riconosciuta la capacità di aver agito su alcuni temi apicali del mercato del lavoro, come l’articolo 18, le politiche attive, la stretta sulla cattiva flessibilità. Tuttavia, è stata una riforma fatta in condizioni di emergenza, che hanno imposto, considerata la ristrettezza dei tempi, un compromesso al ribasso: il risultato è una riforma che non ha inciso, dopo un anno dalla sua approvazione, sui comportamenti delle aziende. Questo è di per sé già un risultato negativo: con una produttività inferiore di oltre il 30% a quella tedesca, il sistema delle imprese italiane non può permettersi di restare inerte”.

Il mercato del lavoro attuale ha bisogno di investimenti, di politiche attive, di ragionare con una prospettiva di lungo periodo, mentre il Decreto Lavoro appena varato, su cui fioccano polemiche dagli esperti e addirittura da Bankitalia, sembra andare nella direzione opposta secondo Colli-Lanzi.

L’amministratore delegato di Gi Group focalizza l’attenzione su una criticità importante: dopo un anno il ricorso al contratto di apprendistato, fiore all’occhiello della Riforma, è rimasto piuttosto invariato. Perché?

“Bisogna sanare l’equivoco secondo cui questo contratto dovrebbe essere flessibile ed economico, indipendentemente dall’impegno formativo, come se si trattasse di uno strumento di puro avviamento lavorativo, cosa che non è. Se, come credo, vogliamo aiutare le aziende a investire sulla formazione delle persone, allora dobbiamo puntare decisamente sull’apprendistato, creando tutte le condizioni per incentivarlo al massimo (semplificazione, minimi retributivi, ecc.), senza tuttavia snaturarne il contenuto formativo".

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