BCE, Lagarde all’FMI parla di shock e tassi. Verso riunione a Firenze, mentre c’è chi vede più rialzi che tagli

Laura Naka Antonelli

16 Ottobre 2025 - 22:10

La presidente della BCE a Washington in occasione dei meeting del FMI e della Banca Mondiale. Le frasi sul livello dei tassi e sugli shock.

BCE, Lagarde all’FMI parla di shock e tassi. Verso riunione a Firenze, mentre c’è chi vede più rialzi che tagli

La BCE è ben posizionata per far fronte agli shock futuri. È quanto ha detto la presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde, in un intervento organizzato a Washington, in occasione dei meeting dell’FMI e della Banca Mondiale.

Christine Lagarde ha preso la parola parlando di economia, in una fase storica di incertezze, tali da rendere impossibile perfino per le banche centrali cercare di capire in che modo ottimale stabilire la direzione dei tassi di interesse.

Proprio nell’area euro, lei stessa, ormai da anni, in qualità di presidente dell’Eurotower, continua a guardarsi bene dall’anticipare il modo in cui evolverà il costo del denaro, consapevole della presenza di dinamiche talmente dirompenti da far apparire subito già superate le ultime previsioni appena snocciolate dagli economisti più ascoltati al mondo.

A conferma della prudenza di Lagarde, la famosa frase diventata ormai un mantra: quella con cui puntualmente, in tutte le conferenze stampa che seguono gli annunci della BCE sui tassi, ribadisce che l’istituzione continuerà a dipendere dai dati che arriveranno dal fronte macroeconomico. Dichiarazioni continue che finiscono per lasciare i mercati quasi sempre in preda a un senso di disorientamento diventato quasi strutturale. Stessa cosa, va detto, fa la Federal Reserve guidata da Jerome Powell.

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Oggi, nell’intervento presieduto da Lisa Abramowiz di Bloomberg, Lagarde di nuovo non si è esposta più di tanto, affermando che “i rischi che incombono sulla crescita dell’economia e sull’inflazione sono più equilibrati ” e che i tassi si trovano a un livello tale da consentire alla Banca centrale europea di gestire qualsiasi tipo di turbolenza l’economia dovesse affrontare. Turbolenza che molto probabilmente farà la sua comparsa, visto che, dopo aver detto che la BCE si trova “in una buona posizione per fronteggiare gli shock futuri”, Lagarde ha aggiunto che “ ce ne saranno ”.

In questa situazione, ha aggiunto, il modo in cui la BCE deciderà di muoversi e la direzione che darà alla sua politica monetaria “dipenderanno da noi, economie emergenti ed economie avanzate ”.

La Presidente della BCE ha poi tenuto a precisare che il mandato della BCE è “singolo”, ovvero è quello di concentrarsi sulla stabilità dei prezzi e, così facendo, di controllare l’inflazione.

Alla domanda se non sia il caso che l’Eurotower faccia come la Fed, banca centrale americana, ovvero che abbia un doppio mandato - stabilità dei prezzi e massima occupazione - Lagarde ha preferito non esprimersi.

Dalle parole che Christine Lagarde ha proferito oggi, giovedì 16 ottobre 2025, è emerso in ogni caso un chiaro particolare.

A dispetto delle sue rassicurazioni sulla capacità della BCE di gestire eventuali shock in arrivo, non è sfuggito il fatto che proprio la parola shock compare ormai spesso e volentieri nei discorsi della numero uno della BCE.

Pochi giorni fa, Lagarde ha fatto per esempio una vera e propria profezia sull’arrivo di nuovi shock, mentre ancora prima non sono mancati avvertimenti sulla vera bolla speculativa che la preoccupa.

Infine oggi, Lagarde ha detto per l’appunto che gli shock arriveranno, nel proferire la frase “ce ne saranno”.

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Cresce intanto sui mercati la trepidazione per l’ormai imminente riunione del Consiglio direttivo della BCE, in calendario il 29 e 30 ottobre, quando la Banca d’Italia ospiterà a Firenze il meeting di politica monetaria dell’istituzione. Sarà, quello, il penultimo meeting del 2025 della Banca centrale europea. Vedi il calendario delle riunioni della Banca centrale europea.

In quella occasione, la BCE lascerà di nuovo i tassi di interesse dell’area euro invariati, come ha fatto già per due volte consecutive, l’ultima dopo la riunione dello scorso 11 settembre e ancora prima, in quella di fine luglio?

La risposta, affermativa, viene dai mercati con un certo grado di sicurezza.

Lagarde dovrebbe confermare lo status quo per la terza volta consecutiva.

Gli ultimi dati arrivati dal fronte macro dell’Eurozona, in particolare il dato relativo all’inflazione del blocco, non hanno avallato la speranza delle colombe, dura a morire, di vedere arrivare di nuovo un’altra sforbiciata, dopo gli otto tagli che sono stati annunciati nel periodo compreso tra il 6 giugno del 2024, data di inizio della fase di allentamento monetario, e lo scorso 5 giugno del 2025.

Ma il vero motivo è che la BCE ritiene ormai che il compito di riportare l’inflazione al target del 2% sia andato a buon fine, motivo per cui non avverte la necessità di muoversi.

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L’inflazione dell’Eurozona è, di fatto, dove deve trovarsi, mentre i fondamentali economici dell’area hanno scampato la profezia, agitata da molti economisti pessimisti in questi ultimi anni, di una recessione.

Certo, l’effetto dei dazi imposti all’Europa dall’amministrazione USA di Donald Trump non si è ancora del tutto dispiegato, e di questo è consapevole anche l’FMI.

Ma sull’altro piatto della bilancia della crescita del PIL a cui Lagarde deve guardare c’è il bazooka fiscale tedesco, così come c’è anche il piano europeo di incrementare le spese per la difesa UE. E si tratta di fattori che, nel sostenere l’economia, potrebbero alla fine - è questa la vera paura di Lagarde - rinfocolare la crescita dell’inflazione, anche se secondo le colombe più convinte c’è chi avverte che la BCE rischia di commettere un errore madornale, mentre non mancano gli esperti che, più che di spinte inflatttive, segnalano la presenza di spinte disinflattive. Rimane inoltre il dubbio sulla reale capacità della Germania di tornare a essere la spinta propulsiva della crescita economica europea.

Christine Lagarde ha ripresentato le sfide a cui l’Eurozona fa fronte anche agli inizi di ottobre, quando ha detto che, se è vero che “ la debole performance delle esportazioni, provocata dai dazi più alti, l’euro più forte e la competizione globale più elevata dovrebbero zavorrare la crescita per il resto dell’anno” 2025, è altrettanto vero che “gli effetti di questi fattori negativi sulla crescita dovrebbero smorzarsi l’anno prossimo ”.

Di fatto, “le indicazioni che arrivano dai sondaggi suggeriscono che i servizi continuano a crescere, indicando un qualche momentum sottostante positivo nell’economia”. Tutto, mentre, sebbene i rischi siano “più bilanciati”, persiste l’incognita rappresentata dalle tensioni geopolitiche.

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Intanto, in vista della riunione di fine ottobre, dalla platea degli economisti stanno arrivando già alcune previsioni su ciò che la BCE farà con i tassi non solo al termine del meeting di Firenze ma anche dopo. E da queste proiezioni si evince che aumenta il numero degli economisti che ritengono che la Banca centrale europea abbia finito ormai di allentare la politica monetaria.

Beth Beckett, economista di Capital Group, ha per esempio ricordato che, “in precedenza, avevamo previsto che la BCE avrebbe effettuato uno o due ulteriori tagli nel corso del 2025 sulla base delle aspettative di debolezza economica e solidità dell’euro, soprattutto alla luce dei rischi derivanti dall’aumento dei dazi statunitensi”.

Tuttavia, con i dazi di Trump che si sono rivelati meno drammatici rispetto alle stime più cupe, come ha fatto notare lo stesso FMI nel migliorare le previsioni sulla crescita del PIL mondiale, “a oggi, riteniamo che la BCE abbia concluso il suo ciclo di tagli e che manterrà i tassi invariati al 2% fino al 2026, quando potrebbe procedere a un rialzo di 25 punti base sia nella riunione di marzo che in quella di giugno ”. Questo, in quanto è ormai da aprile che “l’inflazione primaria è rimasta sostanzialmente stabile al 2%, ovvero l’obiettivo fissato dalla BCE”.

Vero che, dalle ultime proiezioni macroeconomiche (pubblicate a settembre) dalla BCE, ha spiegato l’economista di Capital Group, emerge che “l’inflazione scenderà ben al di sotto dell’obiettivo (all’1,6%) nel primo trimestre del 2026, poiché l’ulteriore calo della crescita dei salari ridurrà l’inflazione dei servizi, mentre i prezzi dei generi alimentari e dell’energia rimarranno contenuti”. E tuttavia, “a nostro avviso, i rischi per le previsioni sull’inflazione della BCE sono al rialzo ”.

I motivi? Beth Beckett li ha così elencati:

  • In primo luogo, sebbene ci aspettassimo che l’impatto dei dazi statunitensi sarebbe stato gestibile, l’economia si è dimostrata ancora più resiliente del previsto”.
  • In secondo luogo, nei prossimi anni la politica fiscale dell’Eurozona sarà sostanzialmente più accomodante. Ciò è dovuto principalmente al pacchetto di stimoli della Germania, che potrebbe far incrementare il PIL della regione di circa lo 0,5% nei prossimi due o tre anni ”.
  • In terzo luogo, l’effetto penalizzante sull’inflazione esercitato dal rafforzamento dell’euro dovrebbe essere contenuto”.

L’economista di Capital Group ha fatto notare anche quanto detto di recente da Isabel Schnabel, ovvero da uno dei falchi più agguerriti della BCE, esponente del Comitato esecutivo dell’istituzione.

Di fatto, nell’evidenziare i rischi di rialzo per l’inflazione, la tedesca Schnabel ha detto chiaro e tondo che “gli aumenti dei tassi potrebbero arrivare ’prima di quanto molti attualmente pensano’ ”. Tutto, mentre ormai i mercati, ha concluso Beckett, scommettono ormai soltanto su “ un taglio cumulativo di 10 pb da parte della BCE entro giugno del prossimo anno”, a fronte di Capital Group che prevede invece ormai due rialzi dei tassi. Un fattore che, ha concluso l’esperta, avrà ovviamente effetti sui mercati, esercitando in particolare “una pressione al rialzo sui rendimenti dei Bund e sull’euro per i mesi a venire”. Nel frattempo, si mette in evidenza in Italia lo strano caso delle rate sui mutui che sono più alte rispetto al periodo in cui i tassi di interesse erano decisamente più alti.

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