Azioni banche italiane sotto pressione (ora anche con angoscia IRAP) in una seduta in cui l’azionario è assaltato dai sell. E a Wall Street esplode la paura.
Le azioni delle banche italiane tornano a essere azzannate dai sell a Piazza Affari, in una sessione decisamente negativa per l’azionario globale, che finisce inevitabilmente per contagiare anche il Ftse Mib della borsa di Milano.
Il listino benchmark lascia sul terreno più del 2%, scivolando attorno alla soglia di 41.430 punti circa.
I titoli del settore bancario continuano a pagare le indiscrezioni sulla tassa sugli utili del 2023, pari al 27,5% che, a dispetto delle rassicurazioni arrivate dal vicepremier, ministro degli Affari esteri e leader di Forza Italia Antonio Tajani - non ci sarà alcuna tassa sugli extraprofitti delle banche - sembra destinata ad arrivare con il varo della legge di bilancio 2026.
Continui sono i rumor che indicano che, nel vertice di maggioranza che si è tenuto ieri a Palazzo Chigi, si sarebbe arrivati a un accordo sul contributo che le banche e le assicurazioni daranno alla manovra finanziaria: un contributo già inciso nel Documento programmatico di bilancio (DPB) del 2026, che dovrebbe ammontare a oltre 11 miliardi nell’arco di tre anni e che, secondo le fonti vicine al dossier, dovrebbe prendere la forma di quella imposta del 27,5% sugli utili accantonati a riserva del 2023, di cui si è parlato negli ultimi giorni.
Azioni banche contagiate in tutta Europa da nuovo-vecchio incubo banche regionali USA a Wall Street
Ma non è ’solo’ questo il motivo per cui le azioni delle banche italiane tornano oggi a soffrire. C’è anche un fattore esterno che sta zavorrando il settore bancario di tutta l’Europa, come conferma la performance del sottoindice di riferimento STOXX Europe 600 Banks Index, in perdita di quasi il 3%.
Il fattore porta il nome di sofferenze presenti nei bilanci di alcune banche regionali degli Stati Uniti.
Ieri Wall Street ha assistito di fatto a una debacle che è tornata a rinfocolare preoccupazioni simili a quelle esplose nel marzo del 2023, quando il crac della banca regionale USA SVB -Silicon Valley Bank - e la corsa agli sportelli che prese di mira l’intero comparto delle banche regionali americane, fece temere addirittura il ritorno di un momento Lehman Brothers per l’intero mondo della finanza.
Ad affondare nella seduta di ieri, giovedì 16 ottobre 2025, soprattuttto le azioni della banca di investimenti Jefferies, che ha visto le azioni sprofondare di più del 10%.
Tra i casi peggiori, quelli delle azioni di Zions Bancorporation, crollate di più del 13% e di Western Alliance Bancorp, KO con una perdita superiore a -10%.
In generale l’indice di riferimento del comparto, l’SPDR S&P Regional Banking ETF (KRE) ha terminato la sessione scivolando di più del 6%.
A Wall Street la mina degli NPL delle banche regionali USA dopo il crac nel settore auto
Sotto i riflettori la paura per il boom di sofferenze e di crediti deteriorati (NPL-Non Performing Loans) nei bilanci delle banche regionali americane e in altri istituti, a causa di sospette pratiche del credito facile di cui si sarebbe macchiato il settore bancario USA.
I timori sono montati sulla scia della notizia relativa alle bancarotte di due aziende automobilistiche, ovvero di First Brands, produttore di componenti auto, e Tricolor.
In particolare First Brands ha fatto crac il mese scorso e questa settimana ha annunciato le dimissioni del suo fondatore Patrick James. Il Wall Street Journal ha riportato anche la notizia di una indagine scattata sul gruppo da parte del dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti.
Si spiega così il tonfo di Jefferies, crollata di più del 10,5%, a causa degli hedge fund che gestisce, creditori nei confronti di First Brands per 715 milioni di dollari.
Tra le banche esposte al gruppo saltato in aria anche il colosso svizzero UBS, che ha una esposizione di $500 milioni, protagonista in queste ultime sessioni di una grande notizia relativa a quei bond azzerati di Crédit Suisse.
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Banche italiane alle prese con tassa Meloni sugli utili. Torna a parlare Salvini
La paura che una eventuale bomba degli NPL possa esplodere a Wall Street, propagando i suoi effetti in tutto il mondo, colpisce anche le banche italiane, che fanno fronte all’altro problema della tassa che il governo Meloni, pressato soprattutto dalla Lega di Matteo Salvini, sembra determinato a imporre.
Stamattina Salvini a “Sky TG24 Live In Roma”, in attesa del Consiglio dei ministri sulla manovra 2026 della giornata di oggi, ha commentato quella che a suo avviso non è una punizione per le banche italiane ma, semplicemente, una decisione funzionale agli obiettivi di questo governo, ovvero quelli di “aumentare, non per tutti, pensioni e stipendi, di cancellare le cartelle esattoriali fino al 2023, assumere medici e infermieri”.
Il leader del Carroccio ha rimarcato la propria ’filosofia’: “ Chi ha di più deve dare di più. Le banche quest’anno chiuderanno con profitti per oltre 50 miliardi di euro, se ne guadagneranno ’solo’ 45 penso che sia una cosa utile anche per gli anni a venire. In un momento di difficoltà chi ha di più deve dare di più, non è un esproprio proletario ”.
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Tassa retroattiva dal governo Meloni, utili banche nel mirino dopo la scappatoia offerta al setttore due anni fa
La prospettiva di una tassa retroatttiva che vada a colpire quegli utili che erano stati accantonati nel 2023 a seguito della decisione presa dallo stesso governo Meloni, quando nel 2023 corresse il testo originario della proposta su una tassa sugli extraprofitti bancari annunciata agli inizi di agosto di quell’anno, a causa del terremoto esploso a Piazza Affari, innervosiscce non poco chi guarda alle banche italiane.
Rimane storica la carica di sell che si abbattè sulle azioni del comparto in una sola sessione nell’agosto del 2023, con tonfi sul Ftse Mib fino a -9% circa.
Nell’affossare praticamente quel prelievo, Meloni & Co. decisero di fatto di consentire agli istituti di credito di non versare più l’imposta, accantonando piuttosto un importo pari a due volte e mezzo il valore del prelievo, per rafforzare il loro patrimonio, per la precisione le loro riserve indisponibili).
Il risultato fu che, grazie a quella scappatoia di Stato, le banche italiane accantonarono nel 2023 riserve per un valore complessivo di 6,2 miliardi di euro, pari a 2,5 volte volta la tassa sui cosiddetti extraprofitti che avevano accumulato nel periodo 22-23. Una tassa che, inizialmente, nell’agosto del 2023, era stata stabilita dal governo Meloni al 40%.
Ora, hanno riferito le fonti della maggioranza, l’idea in vista della manovra 2026 sarebbe quella di far scendere l’aliquota da quel 40% al 27,5%.
Le 3 misure che il governo Meloni sta considerando contro le banche italiane
Equita SIM in una nota ha riassunto quanto si legge nel Documento Programmatico di bilancio 2026, in attesa del testo definitivo della legge di bilancio 2026.
Nel sottolineare che i contributi previsti sia per le banche che per le assicurazioni ammontano nell’arco di tre anni a €11,5 miliardi circa - per la precisione a €4,5 miliardi per il 2026, €4,5 miliardi per il 2027 e €2,5 miliardi per il 2028 - gli analisti della SIM hanno indicato quanto riportato dalla stampa italiana, riguardo alla forma che questi contributi assumerebbero. Ci sarebbe, tra le possibilità, anche l’ipotesi di un aumento dell’IRAP:
- Ulteriore posticipo dell’utilizzo delle DTA.
- Affrancamento della riserva di capitale accantonata dalle banche nel 2023 attraverso il pagamento di un’aliquota pari al 27,5% (su base volontaria).
- Incremento dell’IRAP.
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Ma c’è anche rischio aumento IRAP, Equita SIM: la misura peggiore per le banche italiane
Equita sottolinea che secondo quanto indicato da fonti di stampa, “l’incremento IRAP sarebbe di circa 2p.p. sia per le banche che per le assicurazioni (già oggi al 4,65% e 5,90%, rispetto all’ordinario del 3,9%)”. E proprio questa secondo la SIM sarebbe la misura peggiore per il settore, tra quelle contemplate, in quanto “con elevata probabilità assumerebbe carattere strutturale ”.
In media, gli analisti di Equita stimano che “ un aumento del tax rate di c.1p.p. avrebbe un impatto medio sull’EPS delle banche di c.-1.5%, (con UCG-UniCredit meno impattata grazie alla sua diversificazione internazionale)”.
A questo punto si attende il Consiglio dei ministri di oggi per l’approvazione della legge di bilancio che poi sarà presentata in Parlamento il prossimo 20 ottobre.
Ma con i venti negativi che ora soffiano dagli Stati, il tempismo di un qualsiasi intervento a carico delle banche - che si chiami contributo, prelievo, tassa, imposta -, che riguardi gli utili e/o gli extraprofitti, in un momento tanto incerto come quello che vive l’intera economia mondiale - tanto che ormai tra le parole ricorrenti della presidente della BCE Christine Lagarde c’è quella di “shock” - il tempismo del governo Meloni appare a dir poco pessimo.
Azioni banche italiane in preda ai sell a Piazza Affari, le peggiori. Ma la maglia nera non tocca al settore bancario
Sul Ftse Mib di Piazza Affari, in evidenza i forti smobilizzi che si stanno accanendo contro le azioni soprattutto di MPS e di Mediolanum, con quest’ultima che ha perso nei minimi intraday quasi il 4%. Anche UniCredit perde più del 3%, mentre Banco BPM, BPER, Banca Popolare di Sondrio accusano ribassi del 2,5% circa.
Le azioni di Mediobanca, Credem perdono quasi il 3%, mentre Intesa SanPaolo arretra di poco più del 2%. La maglia nera, sul Ftse Mib, non vede tuttavia protagonista una banca italiana, ma il colosso della difesa Leonardo, che torna a perdere terreno, scivolando del 5% circa, dopo l’altra pessima recente seduta.
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