Oggi, 17 settembre 2025, l’annuncio della Fed sui tassi USA, il nuovo dot plot, le parole di Powell. Money.it segue gli aggiornamenti in tempo reale.
Il Fed Day è qui, e l’attesa per l’annuncio relativo alla decisione sui tassi sui fed funds USA è spasmodica.
D’altronde, secondo le previsioni dei mercati e degli analisti, la Federal Reserve di Jerome Powell dovrebbe muoversi sui tassi, tagliandoli per la prima volta dall’ultima sforbiciata che risale al dicembre 2024. Le attese sono di una riduzione pari a -25 punti base rispetto al valore attuale dei tassi, inchiodati da nove mesi nella forchetta compresa tra il 4,25% e il 4,5%.
Oltre al verdetto sui tassi, per Wall Street dato già per scontato, la Fed presenterà anche le proiezioni economiche elaborate dal suo staff, così come il dot plot, il grafico in cui sono incise le stime degli esponenti della banca centrale americana sulla direzione futura dei tassi. Proprio questi altri annunci, insieme alle parole che saranno proferite dal presidente Jerome Powell, potrebbero secondo alcuni analisti far sbandare i mercati. Money.it segue gli aggiornamenti in tempo reale. Money.it segue gli aggiornamenti in tempo reale.
Il primo taglio dei tassi della Fed è qui. Tutto ciò che c’è da sapere della riunione di oggi, 17 settembre 2025
Nella giornata di oggi, mercoledì 17 settembre 2025, il primo taglio dei tassi sui fed funds dato per certo dai mercati sarà annunciato dal FOMC, il braccio di politica monetaria, alle 20 ora italiana, stessa ora in cui la Federal Reserve è solita comunicare le proprie decisioni di politica monetaria.
Contestualmente, saranno resi noti anche le previsioni economiche della Fed e il dot plot.
Alle 20.30, nella consueta conferenza stampa che segue l’annuncio sui tassi di interesse, il presidente della Federal Reserve Jerome Powell prenderà la parola. Money.it segue gli aggiornamenti in tempo reale.
Bank of Canada taglia tassi di 1/4 punto percentuale al 2,5%
La Bank of Canada, banca centrale del Canada, ha annunciato di avere tagliato i tassi di 25 punti base, abbassandoli dal 2,75% al 2,5%. La mossa era ampiamente attesa dai mercati. L’ultima riduzione dei tassi era avvenuta in Canada nel mese di marzo, nell’ambito del ciclo di allentamento monetario iniziato nel giugno del 2024. La Bank of Canada ha motivato il taglio scrivendo nel comunicato che “la crescita dell’economia globale sta mostrando segnali di rallentamento”, a fronte di una inflazione core che continua a oscillare attorno al 3% su base annua, ma che su base mensile sta rallentando la crescita rispetto all’inizio dell’anno. La BoC ha sottolineato inoltre che la decisione recente del governo federale canadese di rimuovere la maggior parte dei dazi inflitti sui beni importati dagli Stati Uniti si tradurrà in una pressione rialzista sui prezzi inferiore, andando avanti.
Dollaro USA in ripresa su euro dopo minimo in 4 anni. EUR-USD attorno a quota $1,1848
Focus sulle indicazioni che arrivano dal mercato del forex, dove il dollaro USA torna a recuperare terreno nei confronti dell’euro, dopo essere capitolato alla vigilia al minimo degli ultimi quattro anni nei confronti della moneta unica, sulla scia delle aspettative dovish dei mercati. Mercati che stanno prezzando tagli dei tassi complessivi, da parte della Fed di Jerome Powell, di 68 punti base entro la fine del 2025 e di 147 punti base entro la fine del 2026.
Oggi il dollaro recupera terreno nei confronti della moneta unica, dopo essere balzato per l’appunto al record in quattro anni, fino a $1,18785. Il rapporto EUR-USD cede lo 0,14%, a $1,1848.
La valuta americana torna a perdere invece terreno, dopo una prima ripresa, verso la sterlina, con il cambio GBP-USD in crescita dello 0,10%, a quota $1,3658, mentre il rapporto dollaro-yen USD-JPY è in flessione dello 0,11%, a quota JPY 146,31.
Wall Street apre poco mossa, Dow Jones l’indice che fa meglio. Tassi Treasury 10y invariati
Inizio di sessione senza alcun slancio da parte di Wall Street, cauta in attesa di capire cosa emergerà dal Fed Day di oggi. L’indice benchmark S&P 500 ha aperto in rialzo di appena lo 0,1%, mentre il Nasdaq Composite ha segnato un ribasso pari a -0,1%. Il Dow Jones Industrial Average fa meglio, avanzando dello 0,6%, a quota 46.047,83 punti. Poco mosso anche il trend dei Treasury USA, con i rendimenti decennali inchiodati al 4,018%.
Piazza Affari negativa nel giorno della Fed. UniCredit titolo peggiore del Ftse Mib
Sessione negativa per l’indice indice Ftse Mib di Piazza Affari di Piazza Affari che, in attesa della Fed, perde più dell’1%.
A pesare sul listino benchmark della borsa di Milano sono alcune azioni, in primis le banche, con UniCredit che guida i ribassi, capitolando di quasi il 3%. Il titolo della banca italiana paga le dichiarazioni rilasciate dal CEO Andrea Orcel che, nel commentare il flop dell’OPS lanciata su Banco BPM, ha detto oggi che Unicredit “ha provato qualcosa che non ha funzionato per ragioni esterne, ma ora abbiamo tutti imparato la lezione che non ha nulla a che vedere con la transazione in sè, ma con l’interferenza del governo”.
Orcel ha anche sottolineato, riferendosi al caso dell’Italia, che questo è il momento in cui “dobbiamo accelerare senza ricorrere a fusioni e acquisizioni”. Parole che hanno sgonfiato le scommesse su una UniCredit pronta a tentare di nuovo a giocare la carta del risiko bancario, ovvero delle operazioni di M&A.
Sull’altro dossier Commerzbank, Orcel ha sottolineato inoltre che Unicredit non avverte “alcuna pressione”. Praticamente, “possiamo semplicemente stare lì, senza più essere ostaggio del mercato”, ha detto il Ronaldo dei banchieri. In generale, le azioni delle banche italiane pagano anche le indiscrezioni relative all’opzione che il governo Meloni starebbe considerando per attingere al settore, per finanziare la manovra per il 2026.
Wall Street poco mossa, attenzione alle azioni Nvidia
Wall Street con i piedi di piombo, sulla scia dell’altro market mover reso noto oggi, che attiene ai rapporti tra gli Stati Uniti di Donald Trump e la Cina di Xi Jinping.
Il Financial Times ha riportato alcune indiscrezioni, secondo le quali Pechino avrebbe deciso di vietare alle aziende tecnologiche cinesi di acquistare i chip della Big Tech USA Nvidia.
In evidenza la reazione del CEO di Nvidia Jensen Huang, che si è detto deluso: “Abbiamo contribuito al mercato cinese più di quanto la maggior parte dei Paesi abbia fatto. E sono deluso di ciò che vedo. Ma esistono agende più grandi a cui la Cina e gli Stati Uniti stanno lavorando, e questo lo capisco ”.
Secondo i rumor dell’FT, l’autorità cinese CAC (Cyberspace Administration of China) avrebbe ordinato alle aziende cinesi, che includono la holding a cui fa capo TikTok, dunque ByteDance, così come Alibaba, di non acquistare il chip di Nvidia RTX Pro 6000D, che il colosso americano ha prodotto appositamente per la Cina.
Piatto il trend dei futures sullo S&P 500 e sul Nasdaq, mentre i futures sul Dow Jones salgono dello 0,12%. Le indiscrezioni del Financial Times portano le azioni Nvidia e dell’altro grande produttore americano dei chip AMD a perdere in premercato più dell’1%.
Fed Day, il rischio che i mercati prendano una sbandata è questo
Nell’ultima riunione della fine di luglio, la Fed ha lasciato i tassi invariati all’interno della forchetta compresa tra il 4,25% e il 4,5%, per la quinta volta consecutiva dall’inizio del 2025.
L’agognato taglio dei tassi di oggi mercoledì 17 settembre, il primo del 2025, è dato praticamente per certo. Finalmente per molti, in primis per il presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
Il deterioramento delle condizioni del mercato del lavoro USA, d’altronde, è evidente, come hanno confermato gli ultimi numeri relativi alle buste paga, che non solo hanno riportato una crescita a dir poco deludente nel mese di agosto, ma che sono state riviste al ribasso in modo anche significativo nell’intero anno terminato al marzo del 2025.
Vero tuttavia anche che l’inflazione degli Stati Uniti, su cui si è abbattuto l’effetto dei dazi decisi da Trump, rimane a un livello decisamente più alto rispetto al target della Fed, pari al 2%, uguale a quello della BCE.
L’inflazione core di agosto misurata dal CPI core, ovvero l’inflazione depurata dalle componenti più volatili rappresentate dai prezzi dei beni energetici ed alimentari, ha confermato la persistenza del trend rialzista dei prezzi, salendo su base annua di ben il 3,1%.
Proprio questo è il motivo che induce i mercati e la stragrande maggioranza degli analisti a escludere, almeno alla fine della riunione di oggi della Fed, un maxi taglio dei tassi di 50 punti base. Qualcuno, tuttavia, nella possibilità che Jerome Powell sforni un bazooka, ci crede.
Detto questo, dalle ultime indicazioni che arrivano da Wall Street, emerge come l’attenzione degli investitori verrà data più all’outlook sui tassi che sarà sfornato con la pubblicazione del dot plot e alle parole di Jerome Powell, che all’annuncio sui tassi.
E un allarme sul rischio che le attese dei mercati vengano disattese è stato lanciato in queste ultime ore da Subadra Rajappa, responsabile della divisione sui tassi USA di Société Générale che, in un intervento alla trasmissione “Fast Money” della CNBC, ha avvertito che “potrebbe verificarsi una serie di smobilizzi...nel caso in cui l’impressione fosse di una Fed non disposta ad agire in modo aggressivo, contrariamente a quanto prezzato dai mercati ”.
Occhio inoltre alla nota di Scope Ratings, l’agenzia di rating europea, dal titolo “La Federal Reserve rischia di allentare la politica monetaria prima che l’inflazione sia sotto controllo”.
Secondo gli analisti dell’agenzia di rating, la Federal Reserve di Jerone Powell “ rischia di anticipare un allentamento della politica monetaria senza che l’inflazione sia pienamente sotto controllo ”.
Scope Ratings considera addirittura “prematuro” il taglio dei tassi di 25 punti base, previsto per oggi, motivando le sue preoccupazioni con “la resilienza dell’economia, la ripresa dell’inflazione e l’intensificarsi delle pressioni politiche”.
“Un intervento eccessivamente anticipato potrebbe indebolire la credibilità della Fed e alimentare nuove tensioni sui mercati”, ha avvertito, presentando i seguenti punti chiave:
- Inflazione: l’indice dei prezzi al consumo è salito al 2,9%, mentre la componente core ha toccato un massimo multi-mese del 3,1%. L’inflazione nei servizi resta più elevata, pari al 3,8%, a conferma di pressioni non ancora del tutto rientrate.
- Crescita economica: nonostante alcuni segnali di rallentamento, l’economia statunitense continua a crescere a un ritmo vicino al 2%, indicando che il quadro congiunturale rimane complessivamente positivo.
- Mercati finanziari: gli investitori hanno già prezzato diversi tagli dei tassi entro fine anno, fino a tre riduzioni da 25 punti base. Un eventuale scostamento rispetto a queste aspettative potrebbe riflettersi in una stretta delle condizioni finanziarie.
- Fattore politico: il presidente USA ha chiesto tagli fino a 300 punti base, mentre alcune nomine recenti accentuano il dibattito sull’indipendenza della Fed. Queste dinamiche alimentano l’idea che la politica monetaria sia esposta a pressioni esterne.
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