Due i grandi motivi di ansia della presidente della BCE Christine Lagarde, che parla quando mancano pochi giorni alla nuova decisione sui tassi dell’area euro.
La presidente della BCE Christine Lagarde è tornata a parlare, e non solo di tassi e di inflazione. La numero uno della Banca centrale europea ha alzato il velo sui suoi due grandi motivi di ansia.
Le due grandi paure di Lagarde portano il nome di Francia, con il governo del premier Francois Bayrou vicino al test del voto di fiducia del prossimo 8 settembre, e dei continui attacchi e minacce che Donald Trump sta lanciando contro la Federal Reserve, la banca centrale americana guidata da Jerome Powell.
Attacchi e minacce che ormai non sono più sferrati ’solo’ contro il presidente dell’istituzione Powell, ma anche contro la governatrice Lisa Cook.
In Francia governo Bayrou vicino al collasso, la paura di Lagarde
La grave ed ennesima crisi politica che è tornata ad abbattersi sulla Francia spaventa dunque la presidente della BCE, Christine Lagarde.
Per capire quanto sta accadendo a Parigi vale la pena ripresendere le parole proferite ieri dal premier francese Francois Bayrou, che ha avvertito che “il voto del Parlamento (del prossimo 8 settembre) in Francia non deciderà il destino del primo ministro, ma quello della Francia ”.
Bayrou ha lanciato anche una pesante accusa contro l’Italia, che ha fatto gridare subito allo scandalo diversi esponenti del governo Meloni.
Dal canto suo Lagarde, nel commentare il nuovo caos che ha investito Parigi, ha ammesso che la caduta di un qualsiasi governo dell’area euro sarebbe “preoccupante”.
La numero uno della BCE ha precisato che la Francia non si trova ancora in una situazione tale da rendere necessario l’intervento del Fondo Monetario Internazionale (FMI), aggiungendo tuttavia che il quadro ha destato ovviamente timori sui mercati finanziari.
La disciplina fiscale, ha ricordato Lagarde, rimane un imperativo per il Paese, motivo per cui è la stessa BCE che sta prestando grande attenzione agli spread e ai Titoli di Stato francesi. D’altronde, questi ultimi sono finiti nel mirino dei sell degli investitori, preoccupati per l’instabilità dei governi che continuano a succedersi in Francia, dopo la decisione del presidente Emmanuel Macron di indire nel giugno del 2024 le elezioni anticipate.
Christine Lagarde ha confermato al contempo di nutrire ancora fiducia nei confronti delle banche francesi facendo notare che, sebbene le rispettive azioni siano state attaccate dalle vendite, le condizioni in cui versano gli istituti sono migliori rispetto a quelle presentate durante il periodo della crisi finanziaria del 2008. “Credo che il sistema bancario francese sia ben capitalizzato, e che si trovi in una forma migliore rispetto a quella presentata nel corso dell’ultima grande crisi finanziaria”.
Lagarde ha definito il sistema bancario francese “ ben strutturato, ben capitalizzato ”, caratterizzato da “player responsabili”.
Dunque, “non credo che il sistema bancario di per sé sia in alcun modo fonte del rischio attuale, ma i mercati, in tutte le circostanze di questa natura, valutano (comunque) i rischi ”.
Francia, Titoli di Stato OAT osservati speciali. Spread con BTP vicino allo zero
Sotto i riflettori rimane l’andamento, oltre che delle azioni delle banche francesi, dei Titoli di Stato, dunque degli OAT che, nelle ultime settimane, così come da un anno, nel prezzare l’instabilità politica che caratterizza Parigi, sono tornati a essere assediati dagli smobilizzi.
La decisione degli investitori di scaricare la carta francese ha assottigliato ulteriormente lo spread BTP-OAT, ovvero lo spread Italia-Francia, ormai vicino ad azzerarsi.
Le vendite sugli OAT hanno fatto salire infatti i rendimenti decennali francesi al 3,53%, valore in crescita di 18 punti base nell’ultimo mese e in rialzo di ben 50 punti base nell’ultimo anno.
Esiste così uno scarto di appena 7 punti base, oggi, tra i rendimenti degli OAT e quelli dei BTP a 10 anni, che rendono il 3,60%.
La BCE di Lagarde continua a guardare attentamente anche a quanto avviene negli Stati Uniti, dove il presidente americano Donald Trump ha esteso i propri attacchi fino a chiedere la testa della governatrice Lisa Cook.
A Radio Classique la numero uno della Banca centrale europea ha avvertito che “se la politica monetaria USA non fosse più indipendente, e diventasse invece dipendente dai diktat di questa o di quell’altra persona, allora credo che l’effetto sull’equilibrio dell’economia americana potrebbe, a causa delle conseguenze che si ripercuoterebbero in tutto il mondo, essere molto preoccupante, visto che si tratta dell’economia più grande del mondo ”.
Countdown all’imminente riunione di politica monetaria della BCE
Oggi, Christine Lagarde ha ripetuto il suo solito mantra, garantendo che Francoforte si assicurerà che l’inflazione dell’area euro rimanga al 2%.
Scatta intanto il conto alla rovescia in vista della prossima riunione di politica monetaria del Consiglio direttivo della BCE, in calendario giovedì prossimo, 11 settembre 2025.
La view degli analisti e dei mercati è di un nuovo nulla di fatto sui tassi di interesse dell’Eurozona da parte di Lagarde, così come è avvenuto nell’ultimo meeting di fine luglio, quando i tassi tassi sui depositi, i tassi sulle operazioni di rifinanziamento principali e sulle operazioni di rifinanziamento marginale sono stati lasciati fermi rispettivamente al 2%, al 2,15% e al 2,40%.
Mancano in tutto tre riunioni di politica monetaria alla fine dell’anno, inclusa quella che si terrà a Firenze, in un contesto in cui le aspettative sulla prossima sforbiciata dei tassi sono state ulteriormente spostate in avanti, e in cui si è iniziato a parlare anche del momento in cui, più che abbassarli ancora, la Banca centrale europea tornerà ad alzarli.
Tassi BCE, il punto degli esperti di ING su cosa farà Lagarde a settembre
Nel commentare quanto è emerso recentemente dalle minute relative all’ultima riunione del Consiglio direttivo della BCE, la divisione di ricerca di ING ha scritto in una nota che “guardando al futuro”, e considerando sia i verbali che i commenti ufficiali rilasciati dagli esponenti della banca centrale negli ultimi giorni, “l’asticella per un ulteriore taglio dei tassi da parte della BCE è ancora alta ”.
Di fatto, “al ritorno dalla pausa estiva, almeno a prima vista, diversi sviluppi favorevoli hanno rafforzato la posizione attendista: l’accordo commerciale tra Stati Uniti e UE, che ’avrebbe potuto andare peggio’, una crescita del PIL del secondo trimestre debole ma non disastrosa, nonché indicatori di fiducia delle imprese in continuo miglioramento, che hanno rafforzato anziché indebolire la motivazione a mantenere la posizione di attesa nella riunione di settembre”.
Da ING hanno tuttavia precisato di ritenere che “sia ancora troppo presto per escludere un taglio a settembre ”, facendo notare che “innanzitutto, le colombe della BCE sono rimaste in silenzio dalla fine della pausa estiva, e sono stati i soliti falchi a cercare di orientare il dibattito politico. Inoltre, c’è una crescente consapevolezza tra i responsabili politici dell’Eurozona che l’accordo quadro commerciale tra Stati Uniti e UE è tutt’altro che scolpito nella pietra. La condizionalità intrinseca su molti aspetti ha lasciato spazio a nuove escalation”.
“Infine, ci sono alcune argomentazioni secondo cui una posizione troppo aggressiva potrebbe alla fine ritorcersi contro e aumentare il rischio di sovrastimare l’inflazione. Mentre lo staff della BCE sta attualmente preparando una nuova serie di proiezioni macroeconomiche per la riunione di settembre, l’euro ha guadagnato un altro 2% rispetto alle proiezioni di giugno, i rendimenti obbligazionari sono aumentati di circa 30 punti base e le finanze pubbliche francesi sono tornate sotto i riflettori dei mercati. E anche se la BCE contesta fermamente di reagire alla politica monetaria di altri Paesi, una Fed che avviasse una serie aggressiva di tagli dei tassi non farebbe che aumentare i rischi di un’inflazione sotto l’obiettivo del 2%”.
Praticamente, ha concluso la divisione di ricerca della banca olandese, “anche se potrebbe sembrare controintuitivo data la resilienza dell’economia dell’Eurozona, non escluderemmo comunque un altro taglio dei tassi, seguendo il principio che non causerebbe alcun danno ma potrebbe alla fine fare del bene ”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA