La BCE boccia la Manovra di Meloni. Italiani e banche sono a rischio

Laura Naka Antonelli

15 Dicembre 2025 - 16:45

Alert BCE lanciato sulle banche italiane e su come potrebbero decidere di muoversi colpendo i depositi.

La BCE boccia la Manovra di Meloni. Italiani e banche sono a rischio

Le misure incluse all’interno della manovra di Meloni, dunque nella legge di bilancio per il 2026, potrebbero avere “implicazioni negative” sulla liquidità delle banche italiane e alla fine anche sui correntisti, che rischierebbero di ricevere interessi sui depositi parcheggiati negli istituti ancora più bassi. E’ l’allarme lanciato dalla BCE (Banca centrale europea), che ha spiegato che il maggiore carico fiscale che andrebbe a gravare sul sistema bancario italiano potrebbe costringere alcune banche a diminuire gli interessi riconosciuti ai depositi.

L’alert della BCE è stato riportato dall’agenzia di stampa Reuters, che ha ricordato che, sulla base delle previsioni che sono state stilate dal Ministero dell’Economia e delle Finanze guidato da Giancarlo Giorgetti, le disposizioni previste dalla legge di bilancio 2026 varata dal governo Meloni - sponsorizzate soprattutto dalla Lega di Matteo Salvini e da Fratelli d’Italia - costerebbero alle banche in tutto 11 miliardi di euro entro il 2028.

L’avvertimento arrivato dalla BCE non avrà stupito sicuramente le dirette interessate, ovvero le banche italiane, che da tempo avvertono come le misure a discapito del sistema bancario italiano - misure bollate spesso come punitive dai banchieri, se si considera che la crociata del governo Meloni contro le banche italiane affonda le sue radici all’agosto del 2023 - presentino il rischio di colpire alla fine gli stessi risparmiatori.

Il motivo è semplice: colpite da maggiori tasse, alcune banche italiane potrebbero decidere di ovviare al problema penalizzando direttamente i correntisti, come spiega la BCE, decidendo per esempio di remunerare i loro conti correnti o conti deposito in misura inferiore.

Non solo oro alla Patria, la BCE VS manovra Meloni anche riguardo a più tasse sulle banche

Non solo oro alla Patria, misura in questo caso sponsorizzata soprattutto da Fratelli d’Italia, partito della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che ha fatto a quanto pare inarcare subito le sopracciglia di Christine Lagarde, presidente della Banca centrale europea, dopo che diversi avvertimenti sull’emendamento proposto per riconoscere la proprietà delle riserve auree depositate nei forzieri di Bankitalia allo Stato erano stati lanciati da altrettanti economisti, tra cui l’ex direttore generale della Banca d’Italia.

La BCE ha bocciato la manovra di Meloni anche riguardo a quelle misure che vanno a colpire direttamente le banche italiane.

Già alla fine di settembre, quando si stavano sprecando le indiscrezioni sul prelievo fiscale che il governo avrebbe imposto alle banche al fine di finanziare la manovra per il 2026, un attenti contro gli effetti delle tasse era stato lanciato dal presidente dell’ABI Antonio Patuelli.

In quella occasione, Patuelli aveva smentito l’assunto della premier stessa Giorgia Meloni che, nel 2023, aveva giustificato il disegno originario della tassa sugli extraprofitti bancari - poi totalmente annacquato - con la presenza di presunte rendite di posizione vantate dal comparto.

Così Patuelli, nel paventare l’introduzione di una nuova tassa contro le banche:

Le banche non hanno rendite di posizione e vengono da anni difficilissimi per crisi di imprese e del debito sovrano, recessioni, epidemie, catastrofi naturali, guerre, cui hanno fatto e fanno fronte con grandi aumenti di capitale, accantonamenti e ristrutturazioni sempre socialmente rispettose e realizzate con costruttivi accordi con le Rappresentanze Sindacali. Salvo nel caso di una sola banca nazionalizzata, le banche in Italia hanno dovuto farsi carico delle forzate risoluzioni e degli altri oneri delle crisi e dei salvataggi di banche concorrenti”.

L’alert su effetti negativi a carico dei correntisti lanciato dalla FABI

Alla metà di ottobre di quest’anno, quando gli attacchi degli esponenti del governo Meloni alle banche andavano avanti a cadenza quasi quotidiana, era stato Lando Maria Sileoni, segretario generale della FABI, sindacato dei bancari numero uno in Italia, a presentare i possibili effetti collaterali di una maggiore tassazione a carico delle banche pagati dai correntisti.

In un intervento a Coffee Break di La 7, Sileoni aveva lanciato un appello a favore del dialogo:

“Serve dialogo, non scontro. Il sistema bancario può contribuire, ma con equilibrio e condivisione delle scelte. L’imposizione potrebbe spaventare i mercati ed essere pagata dai correntisti in termini di aumenti delle commissioni sulle operazioni allo sportello”.

La crociata del governo Meloni contro le banche italiane

Va ricordato che il governo Meloni, tallonato soprattutto dalla Lega di Matteo Salvini, ha continuato in questi anni a pretendere dalle banche il loro contributo al finanziamento della legge di bilancio di turno.

Dopo il flop della tassa sugli extraprofitti, l’anno scorso l’idea sfornata è stata quella del contributo di solidarietà.

Quest’anno, che qualcosa stesse bollendo in pentola in attesa della manovra di Meloni, lo si era iniziato a capire da alcune dichiarazioni contro i dividendi che erano state rilasciate dal titolare del MEF Giancarlo Giorgetti e, successivamente, da voci di mercato circolate a Piazza Affari sulla possibile proposta di una tassa sui buyback.

Dal canto suo, il leader di Forza Italia, ministro degli Affari esteri e vicepremier Antonio Tajani ha rimarcato sempre come una tassa sugli extraprofitti delle banche fosse a suo avviso roba da Unione Sovietica.

Alla fine di novembre, a seguito di un incontro tra gli esponenti del governo Meloni e le banche italiane, si è parlato poi di una possibile fumata bianca, relativa all’imposizione di un aumento dell’IRAP, a partire del 2026, pari al 2% (inferiore al +2,5% di cui si era parlato in precedenza).

Tra le altre misure, un anticipo di liquidità chiesto al settore, che avverrebbe imponendo al comparto di non utilizzare nel 2026 i benefici delle imposte differite attive (DTA), e dunque costringendo gli istituti a pagare in sostanza più tasse.

BCE, banche italiane solide, ma occhio anche al fluire del credito all’economia

Tutte queste misure incise nel DDL bilancio hanno portato la BCE a calcolare quelle che potrebbero essere a suo avviso le conseguenze delle tasse più alte a carico delle banche sulla redditività degli istituti di credito made in Italy, di conseguenza sui correntisti e ovviamente anche sul fluire del credito a favore dell’economia, dunque sull’erogazione dei prestiti alle famiglie e alle imprese italiane.

Su quest’ultimo punto la BCE ha lanciato un chiaro monito, ricordando che, sebbene le banche italiane “presentino ancora una buona solidità finanziaria ”, e “sebbene una prima valutazione dell’impatto del disegno di legge suggerisca che la situazione non cambierebbe dopo la sua adozione, il previsto aumento della pressione fiscale potrebbe pregiudicare l’erogazione del credito all’economia”.

E così, da questo parere che la Banca centrale europea ha scritto venerdì scorso 12 dicembre, emerge che l’istituzione guidata dalla presidente Christine Lagarde ha raccomandato al governo Meloni che il disegno di legge relativo alla manovra 2026 venga accompagnato da “ un’analisi approfondita delle eventuali conseguenze negative per il settore bancario”, per capire se l’applicazione delle disposizioni e dunque delle tasse ponga “ rischi alla stabilità finanziaria ”, così come per individuare la presenza di minacce che possano pregiudicare “la resilienza del settore bancario e causare distorsioni nel mercato ”.

Secondo la BCE, questa analisi dovrebbe illustrare in modo dettagliato, nello specifico, le conseguenze specifiche “ sulla reddittività di più lungo periodo e sulla base patrimoniale degli enti creditizi, sull’accesso alla raccolta e sull’erogazione di nuovi prestiti”. In poche parole, la Banca centrale europea, dopo aver chiarito la questione dell’emendamento dell’oro di Bankitalia, così come ha detto Giorgetti giorni fa e anche oggi, è tornata a contattare il governo Meloni, dando indicazioni su come affrontare la questione della tassazione più alta a carico delle banche.

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