Su banche Patuelli (ABI) smentisce Meloni. E serve un taglio tasse sul risparmio degli italiani

Laura Naka Antonelli

24 Settembre 2025 - 13:55

Patuelli (ABI) contro lo slogan rendite di posizione di Meloni contro le banche. E su tasse sul risparmio (molto più alte che sui BTP), il banchiere chiede taglio immediato.

Su banche Patuelli (ABI) smentisce Meloni. E serve un taglio tasse sul risparmio degli italiani

Ma quali rendite di posizione vantate dalle banche italiane. E basta con queste tasse troppo alte che soffocano il risparmio degli italiani. Il numero uno dell’ABI (Associazione bancaria italiana) Antonio Patuelli ha parlato oggi, mercoledì 24 settembre 2025, dal palco della Link University a Roma, con una lectio magistralis su “Etica ed economia”.

Patuelli si è tolto più di un sassolino dalla scarpa, sfogandosi per l’ennesima volta contro i ripetuti attacchi che prendono di mira puntualmente le banche italiane.

Nel farlo, il numero uno dell’ABI ha proferito anche una frase con cui ha smentito quanto detto anni fa dalla stessa presidente del Consiglio Giorgia Meloni: quella secondo cui gli istituti di credito beneficerebbero di rendite di posizione. Una frase piuttosto nota, che la premier Meloni proferì riferendosi chiaramente alle banche, quando a Piazza Affari e nel mondo della finanza italiana esplose il caso della tassa sugli extraprofitti, su cui il governo italiano sembrò puntare molto, a quanto pare, appena due anni fa, per fare infine un clamoroso dietrofront.

Il basta di Patuelli (ABI), che smentisce la frase di Meloni sulle rendite di posizione

Così giustificò l’idea della tassa sugli extraprofitti Giorgia Meloni, in un’intervista rilasciata a Il Sole 24 Ore, alla fine di agosto del 2023, dopo che lo shock di quella imposta aveva travolto agli inizi del mese le azioni delle banche italiane, massacrate a colpi di sell a Piazza Affari alla notizia dell’arrivo dell’imposta, il cui testo finì per essere poi totalmente annacquato, insieme alla sua ratio.

Il profitto è chiaramente il motore di un’economia di mercato. Ma questo vale quando il profitto deriva dall’intraprendenza imprenditoriale. Cosa diversa è quando registriamo profitti frutto di rendite di posizione ”, disse, nello spiegare che gli extraprofitti delle banche erano stati “il frutto della decisione della BCE di alzare il tasso di interesse”, e nel far notare che, nell’adeguare “con grande tempestività gli interessi attivi, quelli relativi, per esempio a un mutuo”, le banche italiane non avevano fatto la stessa cosa con gli interessi passivi, che erano stati lasciati invece invariati.

A Meloni quel contrasto non era andato giù:

“Tassare quel margine è una cosa di buon senso. Non c’entra con certi commenti che ho letto, ’volete tassare la ricchezza guadagnata’. Io non tasserò mai il legittimo profitto imprenditoriale e agirò sempre per aiutare a creare ricchezza. Però non intendo difendere le rendite di posizione. Non mettiamo in difficoltà alcuna banca, è solo un provvedimento che interviene, con garbo, in un momento di difficoltà per tante persone”.

L’ossessione del governo Meloni per tassa extraprofitti et similia è rimasta. Forza Italia a parte

Da allora sono passati due anni ma, per quanto quel disegno di Meloni abbia fatto un grande buco nell’acqua, la questione degli extraprofitti delle banche (che nel dizionario della finanza non esistono) si è sempre ripresentata puntuale come un orologio, sia l’anno scorso che quest’anno, e sempre nelle settimane antecedenti il varo della legge di bilancio da parte del governo.

È successo l’anno scorso, con il cosiddetto contributo di solidarietà poi imposto alle banche, e sta accadendo anche quest’anno, in vista della manovra finanziaria per il 2026, con le banche italiane che sono tornate di nuovo nel mirino di Palazzo Chigi, in primis della Lega, tutta intenta a cercare il modo migliore affinché il comparto finanzi nuove misure a favore dei cittadini.

Diverse le idee e dichiarazioni sfornate dal governo Meloni dopo la fine di quella tassa sugli extraprofitti, diventata ormai oggi cavallo di battaglia di partiti come il M5S e Alleanza Verdi e Sinistra, inclusa quella frase proferita dal titolare del Tesoro Giancarlo Giorgetti contro i dividendi e la proposta di una tassa specifica sui buyback.

Dal canto suo, il leader di Forza Italia, ministro degli Affari esteri e vicepremier Antonio Tajani ha rimarcato come una tassa sugli extraprofitti delle banche siano a suo avviso roba da Unione Sovietica.

Meloni è tornata a dichiarare guerra alle rendite di posizione

Nel suo intervento di domenica a Fenix, la festa di Gioventù nazionale (organizzazione giovanile di Fratelli d’Italia), la presidente del Consiglio Giorgia Meloni è tornata nel frattempo a risfoderare di nuovo il concetto di rendite di posizione, pur non attaccando direttamente le banche italiane.

Così, rivolgendosi ai giovani del suo partito:

“Abbiamo iniziato a costruire un mosaico nuovo, ci sono molti altri tasselli da inserire perché i problemi che abbiamo ereditato non sono ovviamente tutti risolti. Siamo troppo seri per dire che va tutto bene, che il nostro lavoro è stato perfetto, ci vorrà ancora tanta determinazione, tanto sacrificio, tanto impegno, tanta fatica per rompere quei meccanismi bloccati, superare le troppe rendite di posizione che tengono imbrigliata questa nazione, che le impediscono in molti campi di tracciare la rotta come potrebbe, di tornare a stupire il mondo”.

Idem agli inizi di luglio, quando la presidente del Consiglio aveva riagitato quello che è diventato ormai uno slogan: “Io non ho paura di aggredire le rendite di posizione”.

ABI, Antonio Patuelli chiarisce: “Le banche non hanno rendite di posizione”

Tallonato direttamente dai continui attacchi di questo governo contro le banche italiane, oggi Antonio Patuelli, il numero uno dell’ABI, è così sbottato, rispondendo alle continue picconate, o meglio “pizzicotti”,per usare le parole che hanno avuto come mittente il titolare del Tesoro, ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti che, insieme al leader della Lega, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e vicepremier Matteo Salvini, ha colto diverse occasioni per chiamare di nuovo all’appello le banche, chiedendo loro contributi vari per finanziare la legge di bilancio.

Numero uno, ha osservato Patuelli, le banche non hanno rendite di posizione. Numero due, le tasse sul risparmio investito sono troppe:

Le banche non hanno rendite di posizione e vengono da anni difficilissimi per crisi di imprese e del debito sovrano, recessioni, epidemie, catastrofi naturali, guerre, cui hanno fatto e fanno fronte con grandi aumenti di capitale, accantonamenti e ristrutturazioni sempre socialmente rispettose e realizzate con costruttivi accordi con le Rappresentanze Sindacali”, ha detto il presidente dell’ABI durante la Lectio Magistralis che ha tenuto oggi all’università LINK di Roma, facendo notare che, “ salvo nel caso di una sola banca nazionalizzata, le banche in Italia hanno dovuto farsi carico delle forzate risoluzioni e degli altri oneri delle crisi e dei salvataggi di banche concorrenti”.

In questo contesto, ha auspicato, “indispensabile è la maggiore tutela degli onesti con una giustizia civile ancora più efficiente, senza differenze fra le varie zone d’Italia”.

Sul fronte tasse, il numero uno dell’ABI, che in passato aveva messo in evidenza lo squilibrio tra la tassazione agevolata di cui godono i Titoli di Stato Italiani (BTP & Co), e quella che invece stramazza il risparmio investito, non ha mollato la presa:

“Il risparmio è energia fondamentale per lo sviluppo e l’occupazione: occorre ridurre rapidamente la pressione fiscale sul risparmio investito a medio e lungo termine. Gli investimenti del risparmio nell’economia produttiva non producono rendite, ma rendimenti più o meno basati sul rischio. Occorre distinguere i rendimenti di investimenti a medio e lungo termine rispetto alle operazioni speculative a brevissimo termine”.

Per quanto riguarda poi la presunta solidità delle banche italiane, Antonio Patuelli ha cercato di scalfire quella presentazione evidentemente a suo avviso fin troppo idilliaca che a volte si fa del settore, lanciando un appello affinché in Europa vengano varate norme più flessibili per la ristrutturazione degli NPL (Non Performing Loans, crediti deteriorati).

Ovvero, in una situazione in cui “per l’economia i rischi internazionali sono nuovamente cresciuti anche con crescenti problematiche nei cambi” e vi sono “ nuovi rischi di deterioramento del credito che necessitano di sempre prudenziali accantonamenti”, servono “regole più flessibili per banche, imprese e famiglie per ristrutturare i crediti deteriorati”.

In tal senso l’ABI, ha proseguito il numero uno dell’Associazione bancaria italiana, chiede “che l’Autorità Bancaria Europea (EBA) renda meno rigida la normativa che molto limita le ristrutturazioni dei crediti”. D’altronde, “i rischi e le sfide per le banche non finiscono mai ”.

Patuelli ha rimarcato la necessità che le banche siano “solide per accompagnare la crescita economica e affrontare le stagnazioni e le recessioni, per affrontare possibili crisi dei debiti sovrani ed ogni criticità, per superare gli stress test della Vigilanza e per prepararsi in anticipo ai requisiti patrimoniali delle regole di ’Basilea’”, ricordando che gli istituti di credito devono essere sempre molto solidi “anche in liquidità, soprattutto in presenza delle nuovissime tecnologie: negli Usa le crisi bancarie degli scorsi anni sono state crisi di liquidità”.

Vale la pena di ricordare che non è certo di oggi l’appello di Patuelli volto a far abbassare le tasse al risparmio investito.

In evidenza nello specifico quel paragone che è stato fatto in altre occasioni con la tassazione invece agevolata di cui beneficiano i BTP.

Patuelli e gli sfoghi contro la tassazione agevolata di cui godono i BTP

Nell’ottobre del 2023, in un intervento alla 99esima Giornata Mondiale del Risparmio, Patuelli aveva ricordato come i BTP fossero (e siano) sottoposti all’ “aliquota ridotta del 12,5% di tassazione per favorirne il collocamento”, quando invece il “ risparmio collocato in liquidità subisce l’aliquota del 26% ”.

Patuelli aveva osservato anche che “gli investimenti nelle imprese di ogni genere sono gravati dal massimo della tassazione: il 24% di IRES sugli utili, più l’IRAP, più il 26% di ’cedolare secca’ sui dividendi percepiti dai risparmiatori, più l’imposta patrimoniale del bollo e l’addizionale del 3,5% sugli utili delle banche”, parlando di “una tassazione complessiva che supera il 50% e non incoraggia il risparmio a dirigersi verso investimenti produttivi”.

Ancora, nella Giornata del Risparmio dell’ACRI del 2024, facendo riferimento a “una pesante tassazione” che orienta spesso gli italiani “a investire all’estero”, il banchiere aveva ribadito che "chiediamo che le leggi tributarie rispettino meglio il risparmio che oggi è gravato dall’imposta ordinaria del 26%, che si aggiunge alla pressione fiscale sulle società quando in esse viene investito”.

Nel commentare il risparmio degli italiani e la liquidità nei conti correnti, non era mancato neanche l’altro appello contro l’imposta di bollo:

Anche l’imposta di bollo che è una patrimoniale da abolire. Occorre che la Repubblica tuteli meglio la stabilità degli investimenti del risparmio sia in strumenti basati sulla liquidità, sia in azioni. Il risparmio investito in azioni di società subisce una tassazione di ben oltre la metà del reddito lordo prodotto, assommandosi la ’cedolare secca’ del 26% sul reddito netto già gravato dall’Ires del 24% e dalle addizionali regionali e comunali, dal 4,5% circa dell’Irap, dall’Imu e dall`imposta di bollo”.

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