L’analisi del direttore generale Salvatore Rossi sull’emendamento che promuove l’oro alla Patria nella legge di bilancio del governo Meloni. Bankitalia ripete no, ecco perché.
Oro alla Patria, atto II con il governo Meloni.
Tra gli emendamenti alla manovra di Meloni ne spicca uno che ha scatenato la reazione immediata dell’ex direttore generale di Bankitalia Salvatore Rossi, che ha lanciato l’allarme in un editoriale pubblicato sul quotidiano La Stampa, il cui titolo dice tutto: “L’oro di Bankitalia è già dello Stato. Ridurre le riserve è troppo pericoloso ”.
L’emendamento alla manovra Meloni di FdI: l’oro di Bankitalia appartiene allo Stato
Rossi si riferisce all’emendamento alla legge di bilancio che è stato presentato dal partito di Giorgia Meloni Fratelli d’Italia, che sancirebbe che “ le riserve auree gestite e detenute da Banca d’Italia appartengono allo Stato, in nome del popolo italiano ”. Un emendamento che fa leva sull’amor di Patria degli italiani, in linea con la ’filosofia’ e i desiderata del governo Meloni, noto per aver chiamato più volte alle armi i cittadini italiani per cercare di blindare le casse dello Stato, tuttora disastrate anche a fronte di progressi innegabili compiuti dall’attuale esecutivo.
Tra gli esempi più illustri altri slogan, come quello del debito pubblico o BTP alla Patria o, per citare le stesse parole della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni “ più Titoli di Stato nelle mani degli italiani ”. Slogan che sono passati dalle parole ai fatti, come ha dimostrato la creazione del BTP Valore.
Il precedente oro alla Patria con il governo M5S-Lega
Il dossier oro alla Patria non è tuttavia nuovo, se si considera che la proposta in passato è stata avanzata anche dal governo giallo-verde, ovvero quello dell’asse M5S-Lega.
Risale al 2018 l’appello del leghista Claudio Borghi, quando la precisazione di allora di Salvatore Rossi, allora direttore generale di Bankitalia, che ricordò che “sull’aspetto giuridico di chi sia la proprietà legale dell’oro si pronuncerà la BCE a cui abbiamo ceduto la sovranità quando è stato creato euro”, si era detto “ allucinato ”, scrivendo così in un post pubblicato sull’allora Twitter ora X:
“Stiamo a parlare delle virgole e il DIRETTORE DI BANKITALIA dice che la BCE (!!!) dovrà dire di chi è il NOSTRO oro? E meno male che la mia proposta di legge era superflua!! #giùlemanidalloro”.
Ne scoppiò un vero e proprio caso, che vide Bankitalia in rotta di collisione con il governo.
Il copione oggi si ripete, con lo slogan oro alla Patria che troverebbe d’accordo in primis la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e che stavolta è tutto inciso nell’emendamento di Fratelli d’Italia che porta la firma di Lucio Malan. Tutto, mentre gli animi della politica italiana, così come dei sindacati, sono stati già infervorati dall’altro dossier che riguarda l’oro, quello della tassazione sul bene rifugio per eccellenza.
Sul dossier dell’oro alla Patria, così come nel 2018, l’ex direttore generale di Bankitalia Salvatore Rossi non ci sta, e le sue ragioni sono state tutte rimarcate nell’analisi pubblicata oggi, mercoledì 19 novembre 2025, sul quotidiano La Stampa, con cui sono stati paventati anche diversi pericoli.
Oro alla Patria? L’ex direttore di Bankitalia, necessario rispettare “le superiori norme europee”
Rossi ricorda che l’interrogativo di chi sia effettivamente “l’oro delle riserve ufficiali di un Paese se dello Stato o della banca centrale che le custodisce nei propri forzieri, è questione antica ”, ma anche che che in Europa una risposta a questa domanda è stata data dal Trattato istitutivo dell’area dell’euro, che ha stabilito che “l’oro delle banche centrali è di proprietà delle banche centrali medesime, non dei rispettivi Stati ”. Almeno è questo quanto è stato detto al direttore generale della Banca d’Italia da alcuni giuristi che lui stesso ha consultato.
Vero che gli stessi pareri giuridici possono “essere cangianti”, ma l’ex funzionario di Palazzo Koch aggiunge nella sua analisi che, nel caso specifico dell’Italia, è la Banca d’Italia che “ ha la proprietà giuridica dell’oro ”, sebbene non possa “farne quello che vuole, non è come un ricco signore privato che possiede un gioiello, ribadivo in un mio libro uscito di recente”.
Allo stesso tempo, “ ovviamente il Parlamento può sempre cambiare le norme che disciplinano la Banca d’Italia e la sua gestione delle riserve auree, ma deve rispettare le superiori norme europee”. Cosa contro cui, a quanto pare e stando anche ai precedenti, Fratelli d’Italia e la Lega in particolare contestano.
L’ex direttore generale si sofferma poi sui possibili motivi che sarebbero alla base del desiderio dei partiti di maggioranza Lega e FdI di certificare il passaggio di proprietà dell’oro da Bankitalia allo Stato.
Così facendo, spiega, lo Stato potrebbe riuscire magari a vendere “una buona parte dell’oro ufficiale per finanziare o una riduzione del debito pubblico o spese pubbliche utili a innalzare il benessere della popolazione, ad esempio nella sanità e nell’istruzione”.
Vendere oro Bankitalia per ridurre debito pubblico? Crollo dei prezzi scatenerebbe rabbia contro l’Italia
Detto questo, pur volendo definire “nobili gli intenti l’operazione si rivela subito di difficilissima realizzazione, ai limiti dell’impraticabilità ”. La mossa sarebbe inoltre anche pericolosa, per le ragioni che Salvatore Rossi spiega.
Intanto, partendo dal fatto che l’oro presente nei forzieri di Bankitalia è pari a poco meno di 2.500 tonnellate, “per avere effetti consistenti sul bilancio pubblico, diciamo dell’ordine di 20 miliardi di euro, si dovrebbero vendere quantità ingenti di oro, di quasi 200 tonnellate ai prezzi di mercato attuali ”.
Risultato: “ una tale improvvisa inondazione di oro su un mercato globale che l’hanno scorso ne ha trattato meno di 1.400 tonnellate (oro cosiddetto riciclato, cioè non di nuova estrazione) farebbe istantaneamente crollare il prezzo”, con effetti che sarebbero negativi non solo per le quotazioni del metallo giallo, ma per la stessa Italia.
Il crollo dei prezzi dell’oro vanificherebbe in primis la ratio del disegno dello Stato, ovvero quello di fare cassa con la vendita dell’oro.
Inoltre, “gli altri grandi possessori di oro nel mondo, cioè le banche centrali e i tesori, reagirebbero in modo rabbioso, aprendo un caso ’Italia’”.
Il messaggio sarebbe: “Siamo ridotti al punto di doverci vendere l’oro”
Il piano rischierebbe dunque di fare acqua da tutte le parti, come riassume Salvatore Rossi nel concludere la sua analisi pubblicata su La Stampa.
“Far scendere sistematicamente il livello delle riserve auree per dare sollievo alla finanza pubblica” - ergo per cercare di ovviare all’annoso problema del debito pubblico che, pur con tutti gli sforzi che sta facendo il governo Meloni nel cercare di rimettere in riga i conti è destinato a continuare a oscillare a livelli monstre anche nei prossimi anni - “ equivale a dire al mondo: siamo ridotti al punto di doverci vendere l’oro , perché non abbiamo più altre risorse”.
Sarebbe quello il messaggio che passerebbe, anche se non fosse vero. Per l’ex direttore generale della Banca d’Italia, dunque, “ molto meglio non farlo ”.
Oro alla Patria, l’altra proposta di Romano Prodi che ricorda le riserve italiane in USA
Detto questo, va sottolineato che non è solo il governo Meloni a rivendicare il cosiddetto oro alla Patria.
Un appello è stato lanciato dallo stesso ex presidente del Consiglio Romano Prodi, come emerge dall’articolo a sua firma “Riportiamo in Patria le nostre riserve auree”, pubblicato sul quotidiano Il Messaggero alla fine di ottobre.
Prodi ha ricordato che “il 40% delle 3.550 tonnellate d’oro di proprietà dalla Germania e l’identica quota delle 2450 tonnellate di proprietà italiana giacciono nei depositi americani, mentre le 2.437 della Francia sono tutte custodite entro le mura domestiche”.
Di conseguenza, l’ex premier ha avanzato chiaramente la proposta di riportare quell’oro custodito negli Stati Uniti in Italia:
“Non che il nostro oro blindato a Fort Knox debba essere considerato insicuro ma, visto che il suo ruolo è diventato così importante nel presente e così prezioso per il futuro, non sarebbe almeno simbolicamente importante riportarlo in patria, considerando come patria anche l’intera Europa?”
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