Dalla riformulazione dell’emendamento alle tensioni con UE e BCE: cosa c’è davvero in gioco.
“La necessità di comprendere come si preserva la stabilità della moneta una volta reciso qualsiasi legame con un’attività reale sottostante, di una moneta cioè basata esclusivamente sul ’fiat’ del sovrano, non è più solo un affascinante oggetto di indagine teorica: diventa una questione pratica pressante. È in questo contesto che matura il concetto di autonomia della Banca Centrale nel significato che le si dà oggi”.
Sono le parole introduttive pronunciate dal Direttore generale della Banca d’Italia Luigi Federico Signorini in un recente convegno (24/11/2025) tenuto a Firenze per commemorare il centenario di Giovanni Spadolini.
E osserva ancora: “La tentazione del sovrano di sfruttare il privilegio di battere moneta per finanziare la spesa pubblica attraverso un aumento della circolazione monetaria, generando inflazione, è vecchia forse quanto la circolazione monetaria stessa”. Queste parole assumono un significato particolare alla luce della recente proposta, inserita come emendamento alla legge di bilancio da parlamentari vicini al Governo e finalizzata a dichiarare che «le riserve auree della Banca d’Italia appartengono al popolo italiano». Tale proposta è stata riformulata in una versione più soft: “le riserve auree gestite e detenute dalla Banca d’Italia appartengono allo Stato, in nome del Popolo Italiano”. Ma in un contesto in cui il “Gold Standard” non esiste più ormai da oltre un secolo (prima metà del novecento) perché si è riacceso il dibattito su tale asset? [...]
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