Le previsioni sul PIL, deficit e debito contenute nel Documento programmatico di finanza pubblica (DPFP), con sorpresa positiva. Ma dagli USA arriva alert austerity.
Un rapporto deficit-PIL dell’ Italia al 3%, dunque alla soglia limite fissata dal Patto di Stabilità e crescita UE, già quest’anno. E una crescita del PIL pari a +0,5%, sempre nel corso del 2025.
Sono solo alcune delle informazioni chiave contenute nel Documento programmatico di finanza pubblica (DPFP), che è stato approvato ieri, giovedì 2 ottobre 2025 dal consiglio dei ministri. Documento che contiene le previsioni sul trend di crescita del PIL, del rapporto deficit-PIL e del debito-PIL dell’Italia per quest’anno e per gli anni successivi.
Tutto, mentre Morgan Stanley ha lanciato tuttavia un alert austerity per l’Italia, a causa di un debito pubblico che rimane troppo elevato.
DPFB, il commento di Giorgetti (MEF): confermiamo linea di ferma e prudente responsabilità
Partendo dalle novità di casa, il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti, ha commentato così il DPFP, a margine dell’approvazione del testo:
“Confermiamo la linea di ferma e prudente responsabilità che tiene conto della necessità della tenuta della finanza pubblica nel rispetto delle nuove regole europee ma nel quadro delle misure imprescindibili a favore della crescita economica e sociale dei lavoratori, delle famiglie e delle imprese”.
Le nuove previsioni contenute nello scenario programmatico del DPFP (documento che ha sostituito la NADEF) confermano l’andamento dell’indebitamento netto previsto dal PSB- Piano Strutturale di Bilancio e ribadito nel DFP dello scorso mese di aprile.
Questo significa che la buona notizia è che l’Italia è a un passo dall’uscita dalla procedura di infrazione per deficit eccessivo aperta dall’Unione europea lo scorso anno.
Previsioni per il trend del deficit-PIL, PIL, debito-PIL per gli anni 2026-2027-2028
Il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti e i tecnici del MEF prevedono una progressiva discesa del rapporto deficit-PIL, che dovrebbe calare per l’appunto al 3% già quest’anno, per continuare poi a posizionarsi al di sotto di questa soglia massima fissata per l’appunto dal Patto di Stabilità e di crescita dell’Unione europea:
- al 2,8% per l’anno 2026.
- al 2,6% per l’anno 2027.
- al 2,3% per l’anno 2028.
Un trend ribassista, quello per il deficit-PIL dell’Italia, che, fa notare il MEF, “ consente di rispettare il percorso della spesa netta concordato a livello europeo in quanto è coerente con la traiettoria”.
Per quanto riguarda il trend del PIL dell’Italia, le previsioni per il tasso di crescita del valore del PIL programmatico sono le seguenti:
- allo 0,7% nel 2026.
- allo 0,8% nel 2027.
- allo 0,9% nel 2028.
Per il governo Meloni potrebbe andare anche meglio, visto che il MEF di Giorgetti precisa che “tali dati si basano su stime assai prudenziali che allo stato risentono anche del contesto geopolitico internazionale”.
Il MEF sottolinea inoltre l’incremento del PIL dello 0,15% nel 2026, di 0,3 % nel 2027 e di 0,5 nel 2028 da destinare alle spese della difesa. Un incremento, spiegano da Via XX Settembre, “ subordinato all’uscita dalla procedura di disavanzo eccessivo , alla luce del profilo dell’indebitamento previsto da tale documento”.
Rimane però la spina del debito pubblico, per la precisione del rapporto debito-PIL, anche se l’outlook inciso nel DPFP è stato migliorato rispetto a quello del PSB, quando si parlava di un valore del 137,8% nel 2026.
Le previsioni sono state migliorate in termini programmatici, anche rispetto a quelle contenute nel documento di primavera. Il MEF crede infatti che il rapporto inizierà a scendere già nel 2027, per attestarsi “nel 2028 a un valore pari al 136,4 quando verrà meno l’effetto del Superbonus”.
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Alert Morgan Stanley su debito-PIL: al 139,7% a fine 2026. Unico antidoto surplus da tempi dell’austerity
Non la pensa tuttavia affatto così Morgan Stanley, che ha lanciato un allarme proprio sul debito italiano, scrivendo in un rapporto pubblicato dall’Ansa, che il debito dell’Italia “rispetto a 18 mesi fa non è più atteso stabilizzarsi, ma è su una traiettoria al rialzo ”. Questo, a causa di “una crescita più debole” che “ha invertito la relazione fra tassi d’interesse e crescita ”, facendo lievitare il debito.
La conseguenza è che le previsioni di Morgan Stanley che - vale la pena di puntualizzare, sono arrivate prima che arrivassero i parametri della manovra, dunque prima della pubblicazione del DPFP - puntano a una crescita del rapporto debito-PIL dell’Italia al 139,7% alla fine del 2026.
Unico antidoto contro il veleno del debito, ha avvertito Morgan Stanley, un surplus primario per l’Italia dei “tempi dell’austerity”, pari ad almeno l’1,5% del PIL.
Nella nota del MEF riferimento alle misure della legge di bilancio 2026 del governo Meloni
Un avvertimento, quello di Morgan Stanley, che stride con il cauto ottimismo che emerge dal Documento programmatico di finanza pubblica (DPFB) approvato ieri, giovedì 2 ottobre 2025, dal Consiglio dei ministri, che farà da cornice alla legge di bilancio a cui il governo Meloni sta lavorando.
Il MEF di Giorgetti ha chiarito intanto che “con la manovra si darà luogo a una ricomposizione del prelievo fiscale riducendo l’incidenza del carico sui redditi da lavoro e si garantirà un ulteriore rifinanziamento del fondo sanitario nazionale”.
Ancora, “al fine di dare continuità agli interventi approvati dal Governo”, nella legge di bilancio 2026 “saranno previste specifiche misure volte a stimolare gli investimenti delle imprese e a garantirne la competitività” e, anche, “si procederà nel percorso di incremento delle misure a sostegno della natalità e della conciliazione vita-lavoro”.
Così infine il Ministero dell’Economia e delle Finanze di Giancarlo Giorgetti:
“Concorre al finanziamento della manovra una combinazione di misure dal lato delle entrate e di interventi sulla spesa; questi ultimi tengono conto del monitoraggio compiuto e dell’adeguamento dei relativi cronoprogrammi di spesa. Si ricorda che la manovra dello scorso anno ha reso strutturali fondamentali misure quali quelle relative alla riduzione del carico fiscale sui redditi da lavoro, le missioni internazionali, il rinnovo dei contratti pubblici e ha finanziato, in misura rilevante, il livello del finanziamento del fondo sanitario nazionale e ha previsto la costituzione di fondi per gli investimenti e per la ricostruzione”.
Dei progressi di risanamento dei conti pubblici avviato e portato avanti dal governo Meloni si parla ormai, in tempi di legge di bilancio e anche nel vivo della stagione degli aggiornamenti dei rating, con cadenza quasi quotidiana.
Il fatto che l’Italia sia a un passo dall’uscire dalla procedura di infrazione per deficit eccessivo lanciata dall’UE è sicuramente un target di cui il governo Meloni può andare fiero. La stessa BCE di Christine Lagarde ha fatto i complimenti all’Italia, che ha incassato inoltre anche un recente upgrade del rating per i suoi BTP e Titoli di Stato in generale.
Debito-PIL, le previsioni di Confindustria
Detto questo, il debito-PIL rimane tuttora motivo di ansia, come dimostra quanto scritto da Morgan Stanley, in un momento in cui di debiti e di crisi del debito si parla ormai facendo riferimento a tutte le principali economie dell’Europa e del mondo (vedi anche l’ex virtuosa Francia).
Ieri il Centro Studi di Confindustria, che ha annunciato di avere tagliato le previsioni per il PIL dell’Italia nel 2025, ha affrontato anche la questione dei conti pubblici, rendendo noto di stimare un debito pubblico italiano in rapporto al PIL al 136,2% nel 2025, in aumento di 1,5 punti rispetto al 2024, in crescita di altri 0,6 punti, fino al 136,9% del PIL nel 2026.
Il CSC ha spiegato che il nuovo outlook tiene in considerazione “la revisione Istat al ribasso nel 2023-2024 e considera un impiego della liquidità per quasi 5 miliardi annui a riduzione del debito nel biennio 2025-2026, oltre a una parziale riduzione dell’aggiustamento stock-flussi nel 2025 (come indicato nel Documento di Finanza Pubblica di aprile scorso)”.
Nel dettaglio, hanno spiegato gli economisti di Confindustria, “ l’aumento del rapporto debito/PIL risente ancora del contributo dell’aggiustamento stock-flussi (particolarmente elevato per gli effetti contabili dei crediti edilizi)”, dunque del Superbonus. “Contribuiscono al ribasso, invece, l’inflazione e un crescente avanzo primario (0,7% di PIL nel 2025 e 1,3% nel 2026), mentre il contributo della crescita reale resta moderato, soprattutto quest’anno”.
Gli esperti, con la pubblicazione del report, hanno anche avvertito il governo Meloni riguardo a quale sarebbe il reale trend del PIL in assenza del sostegno rappresentato dal PNRR, offrendo poi una soluzione per mettere in moto in modo sostenibile l’economia italiana.
Debito, il nodo spesa per gli interessi dell’Italia. Le previsioni per il 2025-2026
Da segnalare anche le previsioni del CSC sulla spesa per gli interessi dell’Italia:
La spesa per interessi è stimata a 87,5 miliardi nel 2025 e a 91,0 nel 2026 (stabile al 3,9% del PIL), in moderato aumento dato l’ampio stock di debito pubblico.
A tal proposito, gli economisti di Viale dell’Astronomia hanno scritto che, “nel periodo compreso tra i mesi di aprile e settembre, il rendimento dei titoli italiani è rimasto stabile, oscillando attorno a un valore medio del 3,55%. Per il 2025 ci si attende un rendimento del BTP al 3,50% e in lieve calo al 3,40% nel 2026 ”.
Il Centro Studi di Confindustria ha riconosciuto che “ la maggiore stabilità dell’attuale Governo ha contribuito a rafforzare la percezione di affidabilità del Paese sui mercati finanziari, favorendo anche un miglioramento del giudizio delle principali agenzie di rating (Fitch a settembre ha alzato di un gradino, a BBB+ da BBB)”.
Vero però anche che “i tassi di interesse a medio-lungo termine sui BTP” rimangono “ su livelli mediamente più elevati rispetto al periodo 2012-2019 , dato il percorso di normalizzazione sul portafoglio titoli BCE che tende ad alzare tutti i tassi nei paesi europei, compreso il Bund”.
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