Spread BTP-Bund, fino a che punto motivo di orgoglio per il governo Meloni? E davvero l’Italia è più appetibile agli occhi degli investitori stranieri?
L’Italia di Meloni sta davvero bene? E, seppur significativo e innegabile, il calo dello spread BTP-Bund è davvero sufficiente a decretare quella rinascita dell’Italia che il governo Meloni continua a rivendicare, praticamente con cadenza quotidiana?
I cittadini italiani ascoltano ormai da anni due narrative diametralmente opposte che vengono presentate da un lato dal governo Meloni e dall’altro dall’opposizione.
La rinascita dell’Italia sbandierata dal Governo Meloni VS critiche opposizioni. Ma qual è la verità?
Il primo sbandiera i progressi che l’Italia sta compiendo nel risanamento dei conti pubblici, sventolando nello specifico il calo del rapporto deficit-PIL, vicino ormai a scendere alla soglia limite fissata dal Patto di Stabilità e di crescita UE: pietra miliare che è stata riconosciuta anche dall’Unione europea, nel commentare le recenti previsioni formulate dal suo staff sulla crescita del PIL e sul trend delle finanze publiche degli Stati membri, snocciolate appena qualche giorno fa. Tanto che si stanno facendo sempre più concrete le speranze che l’Italia esca dalla procedura di infrazione per deficit eccessivo avviata da Bruxelles l’anno scorso.
L’opposizione, che fa il suo lavoro, andando a caccia di tutto ciò che nel Paese non funziona a dispetto dei proclami che arrivano da Palazzo Chigi, è tutta impegnata a smontare quotidianamente e a colpi di emendamenti la manovra di Meloni, ergo la legge di bilancio per il 2026.
Ma la verità sulle condizioni di salute dell’Italia qual è, al di là dei vari orientamenti politici?
A presentare un rapporto sull’economia italiana è stata l’AIBE, Associazione italiana delle banche estere, che ha stilato insieme al Censis un’analisi sull’attrattività dell’Italia presso gli investitori esteri. Quella che secondo la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni sarebbe tornata a brillare, grazie al suo governo.
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Trend spread BTP-Bund a 10 anni, davvero un motivo per esultare? L’osservazione dell’AIBE sui rendimenti
Nel rendere noto il trend dell’AIBE Index con la pubblicazione dell’approfondimento “ Osservatorio sull’attrattività dell’Italia presso gli investitori esteri - Rapporto di autunno 2025 ” l’AIBE ha smontato l’euforia con cui il governo Meloni ha inneggiato in tutti questi mesi al restringimento dello spread BTP-Bund: fenomeno che, tra l’altro, come hanno fatto già notare molti esperti di mercato, non avrebbe più la stessa rilevanza che lo aveva caratterizzato negli anni più bui dell’area euro, ovvero quelli della crisi dei debiti sovrani.
Il motivo? Il ribasso non farebbe ormai più notizia, in un un’Eurozona dove la differenza tra Paesi virtuosi e Paesi periferici, tra Paesi frugali e Paesi spendaccioni, non ha più ragione di esistere, come dimostra il problema del debito pubblico, salito negli ultimi anni ovunque.
Che lo spread BTP-Bund non sia più un parametro verità, di fatto, è qualcosa che è stato detto e ridetto.
Dello stesso avviso è stata l’AIBE che, nell’analisi appena pubblicata in collaborazione con il Censis, ha fatto notare tra l’altro - soprattutto a chi continua a identificare nel trend dei BTP un motivo di vanto per il governo Meloni - che il messaggio che arriva dai rendimenti dei Titoli di Stato italiani non è tale da avallare un tale entusiasmo (come era stato fatto notare qualche mese fa anche dall’ex presidente dell’INPS ed economista Tito Boeri.
Nel cercare di rispondere alla domanda se siamo in presenza di “ una epidemia di fragilità ” - in sostanza di una situazione in stile mal comune mezzo gaudio - o se davvero si possa parlare di “un avanzamento italiano nel contesto europeo”, l’analisi non ha smentito alcune buone notizie che riguardano l’Italia, tra cui le lodi al governo Meloni fioccate da più parti dai media internazionali e dal mondo delle agenzie di rating, che hanno promosso il giudizio dato al debito pubblico del Paese.
Così si legge infatti nel rapporto:
“Nell’ultimo anno, quotidiani della stampa internazionale più accreditata, come il Times, il Financial Times, Le Mondes, il New York Times, ecc., hanno restituito l’immagine di un’Italia tornata solida ed affidabile agli occhi dei mercati e degli investitori istituzionali”.
Motivo di una tale fiducia proprio la performance dello spread BTP-Bund a 10 anni: “La percezione di un miglioramento del quadro macroeconomico del Paese, e della relativa fiducia da ciò conseguente, è derivata in larga parte da un riavvicinamento del rendimento dei Titoli di Stato a 10 anni italiani con quelli degli altri Paesi europei ”.
Nello specifico, “prendendo come riferimento i Bund tedeschi, considerati classicamente dagli investitori come titoli rifugio in tempi incerti, lo spread è tornato sotto i 100 punti base dopo più di 15 anni, assestandosi a settembre a 87 punti con i rendimenti dei titoli a 10 anni al 3,56%, numeri ben lontani dai massimi della storia recente, con lo spread a 518 punti e i titoli al 7,06%, nei giorni peggiori della crisi dei debiti sovrani nel novembre del 2011”.
E tuttavia, pur partendo dal presupposto che lo spread tra i Titoli a 10 anni italiani e tedeschi è tornato sotto i 100 punti base “dopo il lungo periodo travagliato apertosi nel 2010 con la crisi dei debiti sovrani”, il rapporto dell’AIBE ha indicato che “in questo momento il rendimento dei titoli fluttua intorno al 3,50%, un livello certo inferiore rispetto a 3 anni fa quando l’ordine geopolitico mondiale ha incominciato a correre su un piano inclinato, ma superiore rispetto a tutti gli anni precedenti dal 2014 in poi ”. Un trend sicuramente non rassicurante per l’Italia.
Il trend dello spread BTP-Bund a 10 anni dal gennaio 2008 al settembre 2025
Così si legge nel rapporto AIBE: «Lo spread è tornato sotto i 100 punti base dopo più di 15 anni, assestandosi a settembre a 87 punti con i rendimenti dei titoli a 10 anni al 3,56%, numeri ben lontani dai massimi della storia recente, con lo spread a 518 punti e i titoli al 7,06%, nei giorni peggiori della crisi dei debiti sovrani nel novembre del 2011». (Fonte AIBE - elaborazione Censis su dati OCSE).
Restringimento spread BTP-Bund, merito dell’Italia o demerito della Germania?
Nel concentrarsi sullo spread BTP-Bund a 10 anni, l’associazione italiana delle banche estere AIBE ha instillato inoltre un dubbio che molti economisti hanno già sciolto: il differenziale tra i rendimenti decennali dei BTP e quelli dei Bund tedeschi si è contratto davvero per merito dell’Italia o per effetto, piuttosto, del minore rigorismo fiscale della Germania che, con l’inizio dell’era del cancelliere Friedrich Merz, ha deciso di abdicare alla regola del debt brake, ovvero del freno al debito?
L’AIBE ha ricordato che, con l’inizio della guerra in Ucraina, esplosa il 24 febbraio 2022 con l’invasione del Paese da parte della Russia, si è praticamente “ chiusa la stagione Merkeliana della stabilità tedesca, caratterizzata da una forte competitività dell’industria poggiante su energia a basso costo, rigorismo fiscale e surplus commerciale con il resto del mondo”.
La fine di quell’era non può essere ignorata, tanto che l’associazione italiana delle banche estere, memore della svolta epocale, ha spiegato che, “in tal senso, la convergenza dell’Italia con la Germania fotografata dalla riduzione dello spread sembrerebbe dipendere in non trascurabile misura da un mutamento dei fondamentali della locomotiva europea”, ovvero dell’economia tedesca.
Non più illustre paladina dell’austerity da adottare a tutti i costi pur di far quadrare i conti, Berlino ha pagato la minore attenzione data alle finanze pubbliche e la decisione di lanciare piuttosto un bazooka fiscale con il balzo dei rendimenti dei Bund, saliti nell’ultimo anno di quasi 40 punti base, al 2,7% attuale.
Ma l’AIBE ha ricordato che già dopo lo scoppio della guerra tra la Russia e l’Ucraina, dunque nel 2022, “il rendimento dei Bund era tornato sopra il 2%, dopo più di dieci anni dalla tempesta finanziaria del novembre 2011 ”.
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E che dire dello spread Italia-Francia? L’allineamento provocato dall’instabilità di Parigi
Anche lo spread Italia-Francia, o spread BTP-OAT a 10 anni, si è assottigliato quest’anno, fino ad azzerarsi dopo la caduta del governo Bayrou, per poi diventare anche negativo.
Ma anche qui, non tanto per merito dell’Italia, quanto per demerito della controparte: “L’avvicinamento tra l’Italia e l’economia transalpina sul piano della fiducia accordata dai mercati può essere letto come il riflesso della seria instabilità istituzionale che sta colpendo la Francia congiuntamente all’aumento del suo debito pubblico”, ha sottolineato l’ABI, pubblicando un grafico che riassume la performance dello spread Francia-Germania (OAT-Bund) a 10 anni.
Il trend dello spread BTP-Bund a 10 anni dal gennaio 2008 al settembre 2025
Così si legge nel rapporto AIBE: «Lo spread è tornato sotto i 100 punti base dopo più di 15 anni, assestandosi a settembre a 87 punti con i rendimenti dei titoli a 10 anni al 3,56%, numeri ben lontani dai massimi della storia recente, con lo spread a 518 punti e i titoli al 7,06%, nei giorni peggiori della crisi dei debiti sovrani nel novembre del 2011». (Fonte AIBE - elaborazione Censis su dati OCSE).
L’AIBE ha dunque decretato:
“La percezione di un avanzamento italiano è in larga parte imputabile al peggioramento delle condizioni delle economie degli altri Paesi europei”.
Debito-PIL e deficit-PIL Italia, cosa ha scritto l’associazione italiana delle banche estere (AIBE)
Smontata dunque la narrativa del successo dello spread, quali sono stati i progressi che l’Italia di Meloni ha davvero compiuto in tutti questi anni?
Non proprio molti, se si considera che in generale, la questione annosa e altrettanto spinosa del debito pubblico permane.
Sebbene infatti il suo livello sia rientrato nella “normalità” dopo gli anni più drammatici della pandemia Covid-19, il rosso delle casse dello Stato italiano “ è più alto rispetto al 2019 , essendosi assestato alla fine del 2024 al 134,9% del PIL” (destinato tra l’altro a salire ancora).
E basta questo a portare l’associazione delle banche a osservare, che “l’unico fronte in cui il Paese si sta distinguendo rispetto al passato nel confronto con gli altri paesi europei riguarda il livello di indebitamento netto (riferimento al rapporto deficit-PIL) che dovrà comunque continuare a decrescere nei prossimi anni, dal momento che il Patto di stabilità è tornato in vigore”, aggiungendo però che, “nella sua equiparazione delle spese in conto capitale con le spese correnti rischia di togliere respiro alla possibilità di un rilancio dell’economia guidato da meditati investimenti pubblici ”.
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L’Italia fa davvero così gola agli investitori esteri come dice Meloni? La risposta nel Super Index AIBE 2025
Dunque? L’Italia è davvero più attrattiva, come dice Meloni, agli occhi degli investitori esteri?
Guardando al messaggio arrivato direttamente dal Super Index AIBE del 2025 che è stato stilato dalla associazione omonima, la risposta non ha avallato affatto le dichiarazioni spesso trionfalistiche rilasciate dal governo Meloni.
Nel far notare che il livello di attrattività di un Paese può essere misurato solamente attraverso l’incrocio di indicatori socioeconomici di natura eterogenea e che dunque il trend dello spread e dei BTP è solo un elemento tra i molti che sono stati presi in considerazione per stilare la classifica, l’AIBE ha presentato il super indice sintetico, elaborato prendendo in esame 18 paesi del G20.
Dal superindice, è emerso che l’Italia si è collocata alla metà della classifica, a fronte di posizioni Top che sono state occupate dalla Germania, dal Canada, dall’Australia e dalla Corea del Sud.
L’Italia, che le stesse ultime previsioni della stessa Commissione europea sono tornate a presentare alla stregua di fanalino di coda in Europa, in base agli outlook sulla crescita del PIL, è rimasta indietro al Giappone, superando invece altri Paesi come la Cina, la Turchia e il Brasile.
L’AIBE ha precisato di aver utilizzato, nello stilare la classifica, 13 indicatori, come la percentuale di persone in età attiva, gli investimenti diretti esteri, la performance della logistica, il livello della corruzione, e altri.
A livello di singoli indicatori, è stato fatto notare, la buona notizia è che l’Italia ha riportato il miglior risultato sulla quota di export sul PIL, posizionandosi al quinto posto, mentre il risultato peggiore ha riguardato la percentuale di persone in età attiva, che vede il Paese “al penultimo posto, con solo Francia e Giappone che fanno peggio ”.
L’AIBE ha poi precisato, segnalando gli altri parametri utilizzati, che l’Italia ha continuato a posizionarsi sempre “intorno alla metà della classifica: ottavo posto per il PIL pro capite, undicesimo per gli investimenti diretti esteri, decimo per il livello di innovazione, nono per il livello di corruzione ”.
E c’è pure l’altra nota stonata della Borsa. Le conclusioni dell’AIBE
In evidenza l’altra nota stonata, che ha smentito anche l’orgoglio con cui la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha decantato la performance di Piazza Affari:
“Anche per quanto riguarda la dimensione del mercato dei capitali, l’Italia non sembra ancora aver superato il male atavico di una borsa tutto sommato contenuta, che non permette un’ampia circolazione dei capitali. La sua dimensione è di poco inferiore a quella spagnola - ma è decisamente più piccola se messa in relazione al PIL, 34% per l’Italia e 46% per la Spagna – è circa un terzo della borsa tedesca e di quella francese, e poco più di un quinto di quella del Regno Unito”.
L’AIBE ha ricordato che, “osservando la capitalizzazione delle borse nazionali secondo l’indice Morningstar, l’Italia risulta all’ultimo posto sia per la dimensione di borsa, attualmente intorno ai 750 miliardi di euro, sia per il peso della capitalizzazione delle società quotate sul PIL”.
In conclusione, il messaggio finale emerso dal rapporto dell’AIBE ha sbugiardato i vari evviva arrivati dal governo Meloni.
L’associazione italiana delle banche estere ha ricordato come l’Italia, a dispetto dei progressi elencati dal governo Meloni, sia rimasta “ stazionaria al nono posto nella classifica del Super Index riguardante le economie più avanzate”, parlando di un “apparente avanzamento” della sua economia, che si è scontrata e che continua a scontrarsi “con una serie di nodi storici che sono lungi dall’essere sciolti ”.
Certo, l’AIBE ha riconosciuto all’Italia di Meloni di “aver saputo navigare nelle acque incerte degli ultimi anni”.
Ma il monito è stato chiaro, laddove è stata caldamente consigliata “ massima cautela nella celebrazione per il raggiungimento di supposti grandi traguardi”.
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