La Germania può tornare ad essere la locomotiva d’Europa con il suo bazooka fiscale?

Laura Naka Antonelli

14 Ottobre 2025 - 08:32

Le aspettative sugli effetti sul PIL tedesco del bazooka fiscale sono per caso troppo alte? Fino a che punto il PIL della Germania riceverà una spinta?

La Germania può tornare ad essere la locomotiva d’Europa con il suo bazooka fiscale?

Lontani sembrano ormai i tempi in cui la Germania faceva da assist all’economia di tutta l’Europa, confermandosi locomotiva della crescita del Continente.

Il Paese è tuttora prima economia dell’UE e dell’Eurozona, ma il suo motore non ha perso solo slancio. Si è del tutto inceppato, almeno da un biennio.

Addio Germania, ecco quale Paese sarà la nuova terza economia mondiale”, scriveva Money alla fine di marzo di quest’anno; “Dalla Germania è arrivato un allarme che spaventa anche gli esperti. E purtroppo l’Italia non può farne a meno”, rimarcavamo alla fine di maggio, avvertendo come i problemi della crisi epocale tedesca significassero inevitabilmente guai anche per noi.

Ma la Germania potrà tornare a essere la locomotiva dell’economia europea, grazie soprattutto alla grande novità del bazooka fiscale annunciato all’inizio di questo anno 2025?

In evidenza i commenti di diversi economisti e analisti e quanto è emerso dalle dichiarazioni rilasciate dal governo guidato dal cancelliere Friedrich Merz.

Dramma Germania, il Sick Man of Europe con la recessione nel 2023 e nel 2024

Il dramma economico tedesco è tutto scritto in alcuni numeri impietosi: nel 2023 e nel 2024, il PIL della Germania è scivolato in una condizione di recessione, come ha confermato la sua crescita negativa, che si è protratta per due anni consecutivi, facendo del Paese l’unica economia dell’Unione europea a soffrire un tale declino.

Non per niente, facendo riferimento alla Germania, più volte in questo biennio si è parlato come del vero “ Sick Man of Europe ”, ovvero del grande malato d’Europa, identificando in Berlino il vero problema del Continente.

Per avere un’idea più precisa della crisi teutonica basti pensare che, nel 2024 il numero delle aziende che hanno chiuso i battenti nel Paese è stato superiore a quello delle chiusure avvenute durante la grande crisi economica e finanziaria esplosa nel 2011. Crisi che ha preso il nome di crisi dei debiti sovrani, e che, pur avendo il suo epicentro nei Paesi cosiddetti PIIGS, ha contagiato inevitabilmente anche la virtuosa (ex?) Berlino: quella nota per aver fatto sempre i compiti, e per avere tenuto sempre sotto controllo i suoi conti pubblici.

Una Berlino ben diversa da quella di oggi che, con la regia del Cancelliere Friedrich Merz, da un po’ ha deciso di abdicare al suo ’debt brake’ inciso nella sua Costituzione, rassegnandosi a fare più debito, pur di far crescere la sua economia.

Ma il 2025 e i prossimi anni sanciranno davvero la resurrezione della Germania, come spera tutta l’Europa, nei guai anche in quanto infettata dalla malattia tedesca?

Quel bazooka fiscale annunciato agli inizi di marzo pensato da Berlino per lanciare investimenti significativi nel settore della difesa e nelle infrastrutture, in definitiva per sostenere l’ecomomia del Paese, darà davvero i risultati sperati?

BNP Paribas AM, Pietrunti, da bazooka tedesco certamente maggiore crescita in medio lungo termine

Rispondendo a una domanda di Money.it su quelle che potrebbero essere le conseguenze positive del bazooka tedesco anche sui fondamentali dell’Eurozona Mario Pietrunti, Senior European Economist di BNP Paribas Asset Management, si è mostrato cautamente ottimista, affermando che “gli importanti investimenti infrastrutturali annunciati in Germania si tradurranno certamente in una maggiore crescita economica nel medio-lungo termine ”.

Detto questo, in generale “ l’impatto sull’inflazione dell’area dell’euro potrebbe essere modesto, dati gli ampi margini di capacità produttiva inutilizzata nei settori interessati, in particolare in quello delle costruzioni”.

Discorso a parte meritano le spese per la difesa ”, ha precisato l’economista senior della divisione di ricerca di BNP Paribas, riferendosi anche alle maggiori spese per la difesa che l’Unione europea tutta ha deciso di varare, “che potrebbero portare a un incremento dell’inflazione nel settore”.

In ogni caso, le loro ricadute si confermerebbero “relativamente limitate per la crescita dell’area euro nel suo complesso e, in particolare, sulle dinamiche dell’inflazione al consumo, non impattata direttamente dall’incremento dell’attività nel settore della difesa”. Motivo per cui Pietrunti ha rimarcato di stimare “per gli anni a venire dinamiche inflattive nel complesso contenute ” in tutta l’Eurozona.

Dunque, secondo la divisione di BNP Paribas, viene considerato “ancora poco plausibile uno scenario di innalzamento dei tassi da parte della BCE”. Un commento che lascia pensare che la crescita del PIL tedesco sorretta dalla maggiore spesa pubblica darà magari una sferzata all’espansione del PIL dell’Eurozona, ma non in modo significativo.

Di conseguenza, contrariamente a quanto sottolineato dalla presidente della BCE Christine Lagarde, che non ha fatto mistero del timore che la presunta spinta teutonica del bazooka fiscale riaccenda l’inflazione nel blocco, l’esperto di BNP Paribas Asset Management per ora non crede nella necessità che, a causa sia dell’effetto di Berlino che delle maggiori spese per la difesa UE, la Banca centrale europea si ritroverà alle prese con un trend dei prezzi e del PIL tale da tornare ad alzare i tassi.

D’altronde, nessuna istituzione si aspetta miracoli dal bazooka fiscale tedesco.

Subito dopo la notizia del varo del bazooka tedesco, tra l’altro, in Europa è esplosa la paura di un peggioramento dei conti pubblici anche in Germania, fattore che ha provocato una forte impennata dei rendimenti dei Bund (Titoli di Stato tedeschi), scattati dai massimi dalla caduta del muro di Berlino, fino al 2,88%.

Quella paura è in qualche modo è rientrata visto che, al momento, i rendimenti dei Bund oscillano attorno alla soglia del 2,64%. Detto questo, la preoccupazione per un peggioramento anche delle finanze pubbliche teutoniche ha fatto salire i rendimenti dei Bund di 38 punti base nell’ultimo anno.

I tre pilastri della riforma costituzionale della Germania presentati dalla Commissione europea

Occhio intanto al paper stilato dalla Commissione europea, le cui previsioni sulle conseguenze del bazooka, seppur positive, non sono certo entusiaste.

La Commissione UE ha riassunto i pilastri della “riforma costituzionale della Germania”, elencando ben tre novità.

  • In primo luogo, è stato istituito un nuovo fondo per le infrastrutture, del valore di 500 miliardi di euro (pari all’11,6% del PIL 2024), al di fuori dell’ambito di applicazione del “freno al debito”. Il fondo è destinato a finanziare nuovi progetti nei settori dei trasporti, della sanità, dell’energia, dell’istruzione, della ricerca e della digitalizzazione. I progetti finanziati dal fondo possono essere approvati entro 12 anni.
  • In secondo luogo, le spese per la difesa superiori all’1% del PIL sono escluse dal calcolo del “freno al debito” (sulla scia della propensione a spendere sempre di più per la difesa che da tempo sta maturando in Germania).
  • In terzo luogo, i Länder possono contrarre nuovo indebitamento netto fino allo 0,35% del PIL annuo, come già previsto a livello federale. Ciò alleggerisce il precedente vincolo che imponeva ai Länder di mantenere bilanci in pareggio.

L’obiettivo del nuovo fondo infrastrutturale, ha spiegato l’UE, è affrontare le ingenti necessità di investimento della Germania e, in quanto tale, ha il potenziale di stimolare significativamente la crescita economica nel prossimo decennio.

In particolare, la Commissione europea ha reso noto che, supponendo che il fondo infrastrutturale venga interamente finanziato tramite debito e destinato a progetti produttivi, e ipotizzando un profilo di spesa lineare a partire dalla seconda metà del 2025, le simulazioni mostrano che, rispetto allo scenario di base, il PIL della Germania sarebbe superiore di circa l’1,25% entro la fine della legislatura (2029) e del 2,5% entro il 2035 grazie agli investimenti del fondo.

Sempre l’UE ha calcolato che, sempre che il fondo venga destinato a progetti produttivi, le conseguenze del suo utilizzo sul debito pubblico tedesco sarebbero relativamente contenute, a condizione che gli investimenti generino elevati guadagni di produttività e sostengano la crescita, con la spesa pubblica in aumento ma inferiore alla crescita del PIL. In questo caso, il rapporto debito/PIL sarebbe si limiterebbe a essere circa 0,5 punti percentuali più alto nel 2029, salendo a 3,25 punti percentuali sopra lo scenario di base nel 2035.

L’aumento degli investimenti avrebbe inoltre effetti positivi di ricaduta sugli altri Stati membri dell’UE: il PIL dell’Unione europea crescerebbe dello 0,75% nel 2035, con circa un terzo di tale impatto dovuto a spillover.

Lo scenario alternativo considerato dall’UE mentre arriva outlook governo Merz su PIL 2025-2026-2027

Bruxelles ha preso però in considerazione anche uno scenario alternativo, in cui metà della spesa aggiuntiva del fondo finanzi consumi pubblici (improduttivi).

In questo caso, la spinta del bazooka al PIL tedesco sarebbe più bassa in modo significativo, pari allo 0,75% del PIL nel 2029 e all’1,25% del PIL nel 2035, mentre il rapporto debito-PIL sarebbe più alto di circa 1,5 punti percentuali nel 2029 e di 5,5 punti percentuali nel 2035 rispetto allo scenario di base.

Quali sono invece le previsioni del governo tedesco sulla crescita del PIL nazionale per i prossimi anni? Una risposta a questo interrogativo è arrivata alla fine della scorsa settimana, quando la ministra dell’Economia Katherina Reiche ha annunciato le proiezioni macroeconomiche autunnali stilate dal governo Merz, da cui è emersa la prospettiva, per quest’anno, di una crescita del PIL pari ad appena lo 0,2%. Una crescita mini, dunque e una notizia comunque in parte confortante, almeno se paragonata alle previsioni del governo precedente di Olaf Scholz, che aveva puntato per quest’anno su un’espansione del prodotto interno lordo pari a zero.

Per il 2026, il Ministero anticipa finalmente una ripresa, pari a +1,3%, mentre per il 2027 le stime sono di una ulteriore accelerazione, al ritmo di crescita del prodotto interno lordo dell’1,4%.

L’effetto del bazooka fiscale, dunque, ci sarà, ma gli economisti hanno avvertito che l’impatto potrebbe essere temporaneo, se il governo Merz non affronterà i problemi strutturali del Paese.

La domanda che inizia a serpeggiare sui mercati e già da un po’, come ha fatto notare tra l’altro anche una recente analisi di Goldman Sachs, è se davvero la Germania sarà capace di allocare in modo efficiente le risorse che ha intenzione di destinare agli investimenti pro-crescita. Dubbio, questo, che starebbe avendo già qualche ripercussione negativa sulle borse europee.

Deutsche Bank scettica su effetto duraturo della spinta del bazooka fiscale

Gli analisti di Deutsche Bank, riporta per esempio un articolo di Reuters, hanno già messo le mani avanti, sottolineando che le previsioni iniziali, secondo cui il bazooka tedesco potrebbe sostenere la crescita potenziale del PIL tedesco tra mezzo punto percentuale e +1% entro la fine del decennio, al momento appaiono fin troppo ambiziose.

L’effetto degli stimoli sta arrivando e probabilmente sosterrà la crescita ciclica per un po’”, ha scritto il capo economista Robin Winkler in una nota, sottolineando che, “tuttavia, le implicazioni sulla crescita a lungo termine appaiono più fosche rispetto alla primavera” .

Di fatto, non convince molto il piano del governo volti a riformare il sistema pensionistico e previdenziale, così come quello degli incentivi al lavoro.

In evidenza anche le riflessioni sull’impatto sulla crescita del PIL tedesco del bazooka fiscale che sono state rese note da Julian Zimmermann, analista di Scope Ratings:

Da un lato “il nuovo pacchetto di riforme del governo tedesco in materia di welfare e infrastrutture dimostra la volontà di affrontare le pressanti sfide sociali ed economiche e di migliorare il clima di fiducia dei consumatori e delle imprese, segnalando la capacità di azione e di dialogo dei partner della coalizione”, ha riconosciuto Zimmermann, avvertendo tuttavia che “ la Germania ha bisogno di riforme più ambiziose per affrontare le sfide strutturali del Paese, rimuovendo gli ostacoli alla crescita e alleviando la pressione sulle finanze pubbliche derivante dal rapido invecchiamento della popolazione tedesca”.

Di quali tipi di riforme?

In questo contesto” - ha continuato l’analista di Scope Ratings - “vediamo alcuni segnali incoraggianti nelle riforme previste, in particolare nella proposta di eliminare le restrizioni all’assunzione di lavoro part-time dopo i 67 anni (Vorbeschäftigungsverbot) ”.

Ma “per quanto riguarda la prevista introduzione dell’Aktivrente, ovvero l’introduzione di una detrazione fiscale di 2.000 euro al mese per i pensionati, l’impatto sull’occupazione appare incerto, con stime che vanno da appena 15.000 a 300.000 posti di lavoro aggiuntivi nei prossimi anni”.

Di conseguenza, “in generale, saranno necessari ulteriori sforzi per mitigare l’impatto dei circa 13,4 milioni di lavoratori che raggiungeranno l’età pensionabile entro il 2039, pari al 31% della popolazione attiva”.

Dall’altro lato, ha ricordato Zimmermann, Berlino “mira ad accelerare gli investimenti pubblici e i processi di pianificazione, in parte attraverso una legge sulle infrastrutture (Infrastruktur-Zukunftsgesetz), che dovrebbe essere approvata entro la fine dell’anno” e, sicuramente, “l’utilizzo tempestivo e mirato del fondo speciale di 500 miliardi di euro per le infrastrutture è fondamentale per le prospettive di crescita della Germania”.

Dunque? Cosa possiamo aspettarci dalla Germania, tirando le somme?

Riteniamo che la crescita potrebbe attestarsi in media all’1,2% nei prossimi anni se circa la metà della spesa prevista di 59 miliardi di euro dal fondo speciale potrà essere impiegata nel 2026, aumentando gradualmente fino a circa 40 miliardi di euro (0,92% del PIL) all’anno negli anni successivi”.

Le previsioni sul PIL tedesco del Fondo Monetario Internazionale

Che dice invece il Fondo Monetario Internazionale?

Nell’ultima edizione del World Economic Outlook (WEO), l’FMI ha annunciato di stimare per il PIL tedesco, che si è contratto dello 0,3% nel 2023 e dello 0,2% nel 2024, una ripresa decisamente anemica, pari a +0,1%, nel corso del 2025.

Per il 2026, le previsioni sono di un ritmo di espansione pari a +0,9%, in un contesto in cui si prevede per la crescita economica globale un ritmo di espansione pari a +3% nel 2025 e a +3,1% nel 2026, e per l’area euro un incremento del prodotto interno lordo pari a +1% quest’anno e a +1,2% nel 2026.

Tra gli altri esperti, focus sulle dichiarazioni dell’economista di ING Carsten Brzeski che, nel commentare l’incognita dell’impatto reale del bazooka tedesco, definito l’elefante nella stanza, ha ammesso quanto sottolineato praticamente da Goldman Sachs, ovvero che “è aumentato il rischio che accanto agli stimoli fiscali, le riforme e le misure per aumentare la competitività tedesca saranno molto poche”.

Iscriviti a Money.it

Trading online
in
Demo

Fai Trading Online senza rischi con un conto demo gratuito: puoi operare su Forex, Borsa, Indici, Materie prime e Criptovalute.

SONDAGGIO