Declino strutturale per la Germania: cosa significa per l’Italia? C’è un legame commerciale e industriale cruciale tra le due nazioni e una crisi tedesca colpisce anche il nostro Paese. Ecco come.
Una Germania in crisi economica e chiamata a riforme strutturali cruciali trascina inevitabilmente nell’incertezza anche l’economia di altri Paesi, Italia compresa.
Considerando quanto siano interconnessi gli Stati europei, non è difficile intuire che i problemi di uno di essi prima o poi influenzeranno anche gli altri. E il Belpaese, legato all’economia tedesca con una stretta relazione di import/export vitale per molte imprese nazionali e per alcuni specifici comparti ne è la prova.
La Germania sta attraversando una fase che gli esperti definiscono declino strutturale. La crescita economica è negativa, le aziende stanno tagliando gli investimenti e la produzione e l’attività economica è in calo per il terzo anno consecutivo. L’Istituto tedesco per l’economia (IW) prevede una diminuzione del PIL dello 0,2%, mentre gli altri paesi europei si avviano verso una crescita quantomeno modesta. Nell’intera zona euro, la Germania si colloca quasi in fondo alla classifica, dietro non solo alla Francia o alla Polonia, ma anche alla media dell’intera UE.
Questo andamento così debole di quella che finora è stata la locomotiva d’Europa, grazie soprattutto alla solidità del suo cuore industriale con l’automotive a giocare un ruolo di spicco, produce effetti a catena negativi anche per l’Italia. Quello tedesco, infatti, è il primo mercato di destinazione dell’export italiano. Se la Germania frena, anche il commercio ne risente.
La Germania in crisi industriale
Uno degli esempi più evidenti della crisi tedesca è il settore automobilistico.
L’industria automobilistica, da sempre considerata il cuore delle esportazioni tedesche, è sotto pressione. La Volkswagen ha iniziato a tagliare i costi, la Tesla ha rallentato significativamente in Germania e sta registrando i peggiori dati di vendita degli ultimi anni. Solo nel mese di febbraio, le vendite di automobili sono diminuite del 76% rispetto all’anno precedente.
Si stanno aggiungendo anche altri settori, come l’ingegneria meccanica, l’industria chimica o l’edilizia. Secondo i dati IW, più di un terzo delle aziende tedesche prevede di ridurre il personale. Il motivo non sono solo i costi più elevati, ma anche l’incertezza sulla politica commerciale degli Stati Uniti, il costo elevato dell’energia o la crescente concorrenza asiatica.
Nel complesso, il clima nell’intero ambiente imprenditoriale è peggiorato: le aziende annullano sempre più spesso gli investimenti pianificati e si concentrano sulla sopravvivenza anziché sullo sviluppo.
Perché l’Italia non può fare a meno della Germania?
Dati alla mano, la crisi tedesca sta già impattando sull’economia italiana. Per esempio, nel 2024 le vendite del Made in Italy in Germania hanno registrato una flessione del 5%, con una perdita per le imprese italiane di circa 10 milioni di euro al giorno di business secondo un’analisi di Confartigianato.
Alcune regioni sono particolarmente esposte al mercato tedesco e una minore domanda di beni dalla Germania a causa del rallentamento economico impatta inevitabilmente sull’assetto produttivo e sulla produzione di valore e volumi di alcune regioni. Per esempio, il Veneto vende in Germania beni per il 6,2% del valore aggiunto regionale, seguito da Piemonte con 6,1%, Emilia-Romagna con 6,0%, Trentino-Alto Adige con 5,9%, Friuli-Venezia Giulia con 5,5%, Abruzzo, prima regione del Mezzogiorno, con 1 5,2%, Lombardia con 4,6%, Umbria con 4,3% e Toscana con 4,1%. Le quote non sono trascurabili.
Il peso della stagnazione tedesca - e della più volte sfiorata recessione - si è fatto sentite (e continuerà a farlo) soprattutto in alcuni settori chiave per l’Italia: mezzi trasporto, metallurgia e metalli, moda, macchinari, farmaceutica.
Inoltre, l’Italia gioca un ruolo rilevante anche nella filiera delle auto tedesca, quella più in crisi. Solo nel 2023, stando ai dati Anfia (Associazione nazionale filiera industria automobilistica) questo settore ha alimentato quote di commercio per 25,76 miliardi di euro, con un export di componentistica italiana verso la Germania del 20,5% dal valore di 5,2 miliardi di euro.
Secondo l’osservatorio economico aggiornato dal ministero degli Affari Esteri, il peggioramento nei rapporti Italia-Germania a causa della crisi si nota anche in questo dato: l’Italia intesa come fornitore della Germania (termine per indicare la posizione occupata dall’Italia nella graduatoria dei paesi di provenienza dell’import del paese Germania) è passata dalla quinta all’ottava posizione nel periodo 2021-gennaio 2025. C’è stato, quindi, un calo nelle vendite nella nazione tedesca, con una quota di mercato diminuita al 4,8% rispetto all’oltre 5% degli anni precedenti.
In sintesi: una economia tedesca in salute fa bene anche all’industria italiana, in molti comparti legata alle dinamiche di import/export con Berlino. Se in Germania diminuiscono gli ordini, prima o poi questo si rifletterà nel sistema produttivo italiano (e in parte si sta già verificando).
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