Nel 2013, Sergio Marchionne criticava duramente il modo in cui vengono gestite le ferie estive in Italia. Oggi le sue parole sono ancora attuali.
Quando si pensa allo stile di vita italiano, tra le prime immagini che affiorano c’è sicuramente il celebre dolce far niente. La cultura del Bel Paese è rinomata in tutto il mondo per l’attenzione al buon cibo, al piacere della convivialità e all’arte del riposo. Non ci sarebbe nulla di male, in teoria, se questi aspetti non influissero così tanto anche sulla sfera lavorativa.
Lo sapeva bene Sergio Marchionne, storico dirigente della Fiat che riuscì a salvare le sorti dell’azienda – un tempo la più grande casa automobilistica d’Europa – grazie all’acquisizione della statunitense Chrysler, dando vita al gruppo Fiat Chrysler Automobiles (FCA).
L’imprenditore abruzzese, scomparso prematuramente nel 2018 per un male incurabile, criticò con schiettezza questi atteggiamenti provinciali in un discorso - rimasto iconico - agli studenti dell’Università Bocconi nel 2013. Oltre vent’anni dopo, le sue parole restano ancora molto attuali.
In Italia ad agosto il mondo si ferma
Le critiche di Marchionne si concentrano particolarmente sul discorso delle ferie estive. Secondo l’imprenditore, l’Italia è l’unico Paese dove, ad agosto, gli uffici sono chiusi oppure operano con un organico fortemente ridotto. Per rendere l’idea, l’imprenditore raccontò un aneddoto emblematico.
Nel 2004, la Fiat perde 5 milioni di euro al giorno, è sull’orlo del precipizio. Marchionne, da poco al timone di un’azienda in procinto di fallire, si reca in ufficio ad agosto e rimane sconcertato nello scoprire che - nonostante le ingenti perdite - sono tutti in vacanza.
“Nel 2004 io perdevo 5 milioni di euro al giorno. Stavo girando per il mondo, arrivo in Italia, vado in ufficio e non c’è nessuno. Ho detto: “La gente dov’è?” “Sono in ferie”. “Ma in ferie da cosa?“”
Il confronto con gli altri Paesi
A peggiorare ulteriormente la situazione era il fatto che la Fiat, essendo una grande multinazionale, imponeva le ferie anche agli altri Paesi in cui possedeva stabilimenti. Questo atteggiamento tipicamente italiano, definito da Marchionne come “provinciale”, influenzava negativamente il profitto a livello globale:
“In Brasile se ne fregano di agosto, in America ad agosto si lavora. La Fiat chiudeva. Questo atteggiamento estremamente provinciale di dire che noi siamo la Fiat e come tale stabiliamo quando il mondo va in ferie è una pirlata”.
Secondo l’imprenditore, l’Italia affascina gli stranieri per la sua cultura e il suo stile di vita, ma questo apprezzamento si limita spesso all’ambito turistico. Quando si tratta di investimenti, infatti, il Bel Paese viene frequentemente snobbato a causa della sua scarsa affidabilità:
“Il mondo se ne frega che siamo belli, del tempo che c’abbiamo per le macchine, del fatto che siamo capaci di cantare. Sono tutte cose che a livello internazionale non contano niente. Io, ogni volta che vado in giro con gli americani, mi sento dire “amiamo l’Italia, amiamo venirci in vacanza”. E quando gli domando “Investireste sull’Italia?” mi rispondono “No””
Le parole di Marchionne sono ancora attuali?
A più di vent’anni di distanza dalle parole taglienti di Sergio Marchionne, la situazione italiana è rimasta pressoché invariata: il mese di agosto coincide con una quasi totale sospensione delle attività produttive.
Secondo i dati ISTAT, oltre il 60% delle imprese manifatturiere chiude completamente o riduce drasticamente l’attività nel mese estivo. Nei servizi pubblici, l’operatività cala fino al 70% in molti uffici amministrativi, generando ritardi su pratiche fondamentali per cittadini e imprese. Anche la giustizia va in vacanza, limitando l’attività dei tribunali per oltre un mese.
Questa abitudine, unica al mondo tra le economie dei grandi Paesi, incide negativamente sulla competitività. Mentre in Germania o negli Stati Uniti le ferie vengono distribuite su più mesi per garantire continuità operativa, l’Italia ad agosto raggiunge una stasi che rallenta significativamente produzione, investimenti e relazioni internazionali.
Nonostante l’economia del Paese tragga beneficio dal turismo - che rappresenta attualmente il 13% del PIL nazionale – il costo indiretto in termini di inefficienza rimane elevato. Le imprese internazionali segnalano da anni una difficoltà nel collaborare con partner italiani ad agosto, il che influisce negativamente sulla percezione di affidabilità del Paese nei momenti strategici.
L’Italia resta fortemente ancorata a un modello culturale che privilegia la pausa collettiva, ma in un’economia globale sempre attiva, come avvertiva Marchionne, questa scelta rischia di essere un ostacolo più che un valore:
“Andiamoci a misurare di fuori, andiamo a concorrere, andiamo a competere, ci mettiamo sullo stesso tipo di tappeto dove stanno gli altri. Se c’è un messaggio che bisogna portare a casa continuamente è il fatto che la nostra importanza come business viene misurata a livello globale, non a livello nazionale. Il fatto che noi siamo bravi in Italia non significa più niente”.
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