Cos’è il Piano strutturale di bilancio a medio termine? Deficit/Pil al 2,8% dal 2026

Violetta Silvestri - Claudia Cervi

27 Settembre 2024 - 17:54

Il Cdm ha approvato il nuovo Piano strutturale di bilancio a medio termine: cos’è il documento sui conti pubblici e perché può evitare la procedura di infrazione per deficit eccessivo all’Italia.

Cos’è il Piano strutturale di bilancio a medio termine? Deficit/Pil al 2,8% dal 2026

Il Piano strutturale di bilancio a medio termine approvato oggi dal Consiglio dei ministri passa ora al Parlamento per la discussione in Aula il prossimo 8 ottobre.

Il documento è considerato la grande novità della Legge di Bilancio 2025 e contiene un programma dettagliato delle scelte di politica economica che il Governo intende realizzare nei prossimi anni.

Il cosiddetto piano strutturale è il frutto della riforma del Patto di stabilità e crescita, che a fine aprile 2024 è stata approvata dalle istituzioni Ue, introducendo di nuovo le regole sui limiti di debito e deficit degli Stati membri dopo la sospensione dei vincoli di bilancio per far fronte alla pandemia.

Il Consiglio dei ministri ha aggiornato il Psb con i dati aggiornati su Pil, deficit e debito rilasciati dall’Istat lo scorso 23 settembre e dopo il confronto con le parti sociali avvenuto mercoledì scorso.

Dopo il passaggio in Aula l’8 ottobre, il Psb verrà poi inviato in Commissione Ue entro il 15 ottobre.

Vediamo quindi nel dettaglio cos’è il Piano strutturale di bilancio a medio termine e cosa prevede su deficit e debito.

Piano strutturale di bilancio a medio termine: cos’è e cosa prevede

Introdotto con la riforma del Patto di Stabilità e Crescita Ue, il Piano strutturale di bilancio a medio termine è il documento richiesto da Bruxelles a tutti i Paesi membri che superano i limiti imposti dalle regole comunitarie sui bilanci: debito/Pil oltre il 60% e deficit/Pil oltre il 3%.

L’Italia, che oltrepassa ampiamente tali limiti, è tra gli Stati membri interessati alla formulazione di questo dettagliato piano di rientro dei conti pubblici. Come si legge nella nota ufficiale del MEF, per Piano strutturale di bilancio a medi termine si intende lo strumento con lo scopo di offrire:

...una definizione del percorso della spesa netta aggregata, delle riforme e degli investimenti da realizzare in un determinato periodo, dopo l’approvazione da parte del Cdm sarà sottoposto al via libera del Parlamento prima di essere inviato a Bruxelles. Una procedura scelta dall’Italia.

L’obiettivo principale del documento è la definizione di una traiettoria per il nuovo aggregato di riferimento, la spesa netta, coerente con le nuove regole e l’orizzonte stabiliti dalla Commissione per il rientro dai deficit eccessivi da realizzare attraverso un piano di rientro che ha una durata di 4 anni, estendibile fino a 7 anni nel rispetto di particolari criteri.

Per spesa netta aggregata - introdotta con la riforma di aprile 2024 - si intende “la spesa non finanziata da nuove entrate o risorse europee, senza contare gli interessi passivi sul debito e gli effetti ciclici di particolari tipologie di spesa”.

La novità è importante poiché modifica l’indicatore principale di riferimento degli aggiustamenti di bilancio e sostituisce il precedente saldo strutturale. In sostanza, prendendo in esame la spesa netta aggregata, si fa riferimento a “un sottoinsieme della spesa, non influenzato dal ciclo economico, più sotto diretto controllo da parte dei governi”, come spiegato dall’Osservatorio dei conti pubblici.

Tra le voci di spesa che vengono escluse ci sono gli interessi sul debito pubblico che uno Stato paga ogni anno a chi possiede i titoli di Stato, le misure sulla disoccupazione e altre disposizioni straordinarie.

Per quanto riguarda le tempistiche coperte dal piano, esso ha una validità quinquennale (la durata del Governo in Italia) e non annuale. In pratica, non si potranno rivedere gli obiettivi programmatici a scadenza annuale, salvo eccezioni come la caduta di un esecutivo prima della fine dei 5 anni. I progressi compiuti in base al programma verranno presentati in una Relazione entro ogni 30 aprile di ogni anno.

Il piano di rientro del deficit può prevedere una durata di 7 anni, quindi più lunga, solo se rispondente a un programma dettagliato di riforme.

Il Piano, spiega il Mef, “contiene un rilevante insieme di riforme e investimenti, di cui alcune in continuità con il Pnrr. Ciò conferma la determinazione del governo a lavorare per il miglioramento della competitività dell’economia italiana, promuovendo una crescita sostenibile e il contrasto al declino demografico”.

Il Piano strutturale di bilancio in numeri e obiettivi per l’Italia

Nel presentare il suo piano strutturale per il rientro di debito e deficit, l’Italia dovrà costruire un percorso credibile di risanamento dei conti pubblici.

Il nostro Paese parte da un deficit/pil del 3,8% a fine 2023 e un debito pubblico sul Prodotto interno lordo al 134,8%, in contrazione dal 137% stimato in precedenza. Secondo il Piano, il rapporto deficit/pil dovrà scendere al 3,3% nel 2025 e al 2,8% nel 2026, garantendo una diminuzione costante del deficit di 0,5 punti percentuali all’anno e una contestuale riduzione del debito di un punto percentuale all’anno.

Si tratta di una maxi correzione da circa 10-12 miliardi di euro all’anno nel bilancio, da ottenere con la riduzione della spesa pubblica, un aumento delle entrate fiscali, misure ad hoc sulla produttività e sulla crescita sostenibile. In questo modo l’Italia potrà uscire dalla procedura Ue per deficit eccessivo.

A partire dal 2027, il rapporto debito/pil inizierà a scendere, secondo il Mef, in media, di 1 punto percentuale di pil successivamente all’uscita dalla procedura per deficit eccessivi.

Il Piano ha confermato che “nell’orizzonte temporale considerato dal Piano (7 anni), il tasso di crescita della spesa netta si attesterà su un valore medio prossimo all’1,5 per cento, in linea con i principali saldi di finanza pubblica già previsti dal Programma di Stabilità dello scorso aprile. Più nel dettaglio, i tassi di crescita della spesa primaria netta attesi sono: 1,3% nel 2025, 1,6% nel 2026, 1,9% nel 2027, 1,7% nel 2028, 1,5% nel 2029, 1,1% nel 2030 e 1,2% nel 2031.

Il percorso di rientro dal disavanzo eccessivo vedrà inoltre l’Italia raggiungere la soglia sotto il 3% del rapporto deficit/PIL già nel 2026. In seguito, il “percorso proposto consentirà di garantire la stabilità del debito pubblico italiano e permettere alla finanza pubblica di affrontare con maggiore efficacia le sfide future.”

Il Consiglio dei ministri ha anche approvato nel piano le riforme e gli investimenti sulla scia del Pnrr e riguardanti PA, giustizia, miglioramento dell’ambiente imprenditoriale, compliance fiscale da effettuare nel periodo di aggiustamento di 7 anni.

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