Ecco tempistiche, procedure e motivazioni delle dimissioni volontarie online e non solo, per rispettare la normativa vigente e non incorrere in errori.
Secondo i dati Istat, su 22.936.000 lavoratori in Italia, ben 17.369.000 sono dipendenti, e molti di loro potrebbero chiedersi come licenziarsi correttamente in un sistema che è drasticamente cambiato negli ultimi anni. D’altronde, le dimissioni volontarie rappresentano una scelta significativa nella carriera di ogni lavoratore. E le motivazioni che portano a questa scelta sono molteplici: insoddisfazione per le condizioni lavorative, ricerca di un migliore equilibrio tra vita privata e professionale, desiderio di crescita personale e professionale, e, in alcuni casi, il bisogno di tutelare la propria salute mentale.
Dal punto di vista normativo, il processo di dimissioni è stato semplificato grazie all’introduzione di procedure digitali. Infatti, dal 2016, il processo per dare le dimissioni è diventato principalmente telematico, introdotto dal Decreto Legislativo n. 151 del 14 settembre 2015, eliminando l’uso delle tradizionali lettere di dimissioni per la maggior parte dei lavoratori. Chi sta considerando come fare per licenziarsi deve, quindi, familiarizzare con le procedure online e rispettare i periodi di preavviso, che variano in base a fattori come il tipo di contratto, l’anzianità e il settore professionale. Inoltre, è importante sapere che i dipendenti possono revocare le proprie dimissioni entro 7 giorni dalla presentazione, un’opportunità preziosa se le circostanze dovessero cambiare.
In questa guida, esploreremo in dettaglio tutto ciò che è necessario sapere sulle dimissioni volontarie nel contesto attuale: dalla normativa vigente alle procedure da seguire, fino agli strumenti online disponibili. Ecco come licenziarsi oggi in Italia.
Perché dimettersi e quando è il momento giusto per farlo
Rassegnare le dimissioni in maniera corretta è un processo che richiede attenzione, rispetto delle normative vigenti e comunicazione chiara con tutte le parti coinvolte.
Come tutti sanno, le dimissioni volontarie del dipendente costituiscono l’atto con il quale un lavoratore subordinato recede, di fatto, unilateralmente dal contratto di lavoro.
La decisione di dimettersi rappresenta un momento cruciale nella vita professionale di ogni lavoratore. Secondo recenti indagini, il 44% delle organizzazioni ha registrato un aumento delle dimissioni volontarie negli ultimi 12-18 mesi. Prendere questa decisione richiede una riflessione ponderata che consideri molteplici fattori, non solo professionali ma anche personali.
Tutti i lavoratori si possono dimettere?
Tutti i lavoratori dipendenti, sia del settore privato che pubblico, hanno il diritto di rassegnare le dimissioni in qualsiasi momento del loro rapporto lavorativo - il cosiddetto principio di libertà contrattuale - nel rispetto delle tempistiche contrattuali e senza restrizioni relative all’anzianità di servizio.
Inoltre, il lavoratore dipendente può dimettersi e, di fatto, abbandonare il posto di lavoro in maniera del tutto volontaria e libera, senza dover conseguentemente chiarire la causa alla base delle dimissioni.
La legge vigente, quindi, consente di “licenziarsi”, osservando tuttavia specifici tempi e modi. Ci sono, infatti, delle regole specifiche da seguire, specialmente in relazione al periodo di preavviso, che affronteremo più avanti.
Valutare motivazioni personali e professionali
Prima di decidere come licenziarsi, è fondamentale comprendere le proprie motivazioni. Tra le cause principali delle dimissioni emergono l’insoddisfazione, la demotivazione e la mancanza di obiettivi chiari. I dati indicano che nel 76% dei casi sono i Millennials a lasciare il lavoro, seguiti dalla Generazione X (28%) e dalla Generazione Z (27%), mentre solo il 2% riguarda i Baby Boomers.
Alcuni segnali che suggeriscono che potrebbe essere il momento giusto per dare le dimissioni includono:
- la sensazione di alzarsi già stanchi al mattino e vivere con stress costante durante la giornata;
- non sentirsi valorizzati o percepirsi come un semplice ingranaggio sostituibile;
- l’impressione di non poter più crescere professionalmente nell’attuale posizione.
Prima di prendere qualsiasi decisione definitiva, tuttavia, è consigliabile discutere apertamente con il proprio responsabile per verificare se esistono possibilità di miglioramento all’interno del ruolo attuale.
Considerare il carico di lavoro e i progetti in corso
Il sovraccarico di lavoro rappresenta una delle principali fonti di malessere organizzativo, come confermato sia dai responsabili delle Risorse Umane che dai candidati. L’equilibrio tra vita professionale e privata è diventato un aspetto prioritario per molti lavoratori, e uno squilibrio può avere conseguenze negative sulla salute mentale, fisica e sulle relazioni personali.
Quando si valuta come fare per licenziarsi, è importante considerare anche i progetti in corso. Portare a termine il lavoro in sospeso prima di dimettersi dimostra professionalità e rispetto verso l’organizzazione. Inoltre, concludere i progetti più urgenti o assicurarsi che altri colleghi possano gestirli adeguatamente aiuta a mantenere buoni rapporti professionali.
Prevedere l’impatto sull’azienda
Le dimissioni volontarie hanno un impatto significativo sul mantenimento dei livelli di performance in un’organizzazione su due, con ripercussioni sul clima interno. L’effetto principale riguarda il carico di lavoro, che aumenta per il 32% degli HR e per il 34% dei candidati.
Prima di decidere come licenziarsi dal lavoro, è utile valutare:
- il momento più opportuno considerando i cicli di lavoro dell’azienda;
- la possibilità di fornire un passaggio di consegne dettagliato;
- la disponibilità a supportare l’azienda nella fase di sostituzione, soprattutto se si ricopre un ruolo chiave.
Un turnover patologico può portare a costi elevati in termini di assunzioni e formazione, perdita di know-how e diminuzione della motivazione tra i dipendenti rimasti. Pertanto, prevedere l’impatto delle proprie dimissioni sull’azienda e pianificare una transizione efficace non solo dimostra professionalità, ma contribuisce anche a mantenere buone relazioni che potrebbero rivelarsi utili per future referenze o collaborazioni.
La decisione finale su come licenziarsi e quando farlo dovrebbe basarsi su una valutazione obiettiva di tutti questi fattori, ricordando che è sempre possibile revocare le dimissioni entro 7 giorni dalla comunicazione, offrendo così un’opportunità di ripensamento in caso di dubbi o cambiamenti di circostanze.
Come dare le dimissioni online
A partire dal 12 marzo 2016, il Ministero del Lavoro ha introdotto una rivoluzione nel modo in cui i lavoratori possono licenziarsi. Infatti, per contrastare il fenomeno delle «dimissioni in bianco», il Decreto Legislativo n. 151 del 14 settembre 2015 ha stabilito che le dimissioni volontarie devono essere comunicate esclusivamente in modalità telematica.
Esistono due principali modalità online per presentare le dimissioni.
- Autonomamente tramite SPID o CIE (Carta d’Identità Elettronica): il lavoratore può accedere al portale del Ministero del Lavoro, utilizzando le proprie credenziali SPID o CIE. Da qui, è possibile compilare il modulo di dimissioni volontarie e inviarlo direttamente online. Questo metodo garantisce sicurezza e tracciabilità, riducendo il rischio di errori o omissioni.
- Tramite un intermediario: se il lavoratore non si sente sicuro di utilizzare autonomamente la piattaforma telematica, può rivolgersi a:
- patronati o CAF
- consulenti del lavoro
- sindacati
- centri per l’impiego
Questi enti offrono assistenza per la compilazione e l’invio del modulo dimissioni online. Tuttavia, è sempre consigliabile che il lavoratore mantenga una copia della ricevuta di presentazione.
Procedura telematica tramite SPID o CIE
Chi sceglie di procedere personalmente deve seguire questi passaggi:
- Accedere al portale Cliclavoro o al sito INPS con le proprie credenziali digitali.
- Selezionare la sezione «Dimissioni volontarie».
- Compilare il modulo con i dati richiesti (per rapporti precedenti al 2008, occorre indicare manualmente data di inizio, tipologia contrattuale e dati del datore).
- Verificare attentamente le informazioni inserite.
- Procedere con l’invio telematico.
Dopo l’invio, come detto, il lavoratore ha 7 giorni per eventualmente revocare le dimissioni utilizzando la stessa procedura.
Ci sono, tuttavia, delle eccezioni: ad esempio, il lavoratore con figli di età inferiore ai tre anni deve seguire una procedura differente per rassegnare le dimissioni, richiedendo la convalida delle stesse all’Ispettorato nazionale del lavoro. Lo stesso vale per coloro che rassegnano le dimissioni per maternità.
Quando è ancora valida la lettera di dimissioni?
Nonostante la digitalizzazione del processo, esistono ancora categorie di lavoratori per cui rimane valida la tradizionale lettera di dimissioni cartacea.
- Dipendenti della Pubblica Amministrazione
- Lavoratori domestici (colf, badanti)
- Lavoratori durante il periodo di prova
- Lavoratori del settore marittimo
- Collaboratori coordinati e continuativi
- Tirocinanti
Inoltre, situazioni particolari come quelle delle lavoratrici in gravidanza o nei primi 3 anni di vita del bambino richiedono procedure specifiche con convalida presso l’Ispettorato Territoriale del Lavoro.
La comunicazione può essere consegnata a mano (facendosi rilasciare una ricevuta), inviata tramite raccomandata con ricevuta di ritorno o tramite PEC. In ogni caso, è fondamentale mantenere un tono professionale e formale, indipendentemente dalle motivazioni che hanno portato alla decisione di come fare per licenziarsi.
Cosa sapere sul preavviso e le eccezioni
Nel sistema lavorativo italiano, il preavviso rappresenta un elemento fondamentale quando si decide di dimettersi. Questo periodo, che intercorre tra la comunicazione delle dimissioni e l’effettiva cessazione del rapporto, consente all’azienda di organizzarsi e trovare un sostituto.
Durata del preavviso secondo il contratto
Ogni contratto di lavoro collettivo nazionale (CCNL) prevede un termine di preavviso che varia in base all’anzianità del lavoratore e alla categoria professionale a cui appartiene.
Generalmente, maggiore è l’anzianità e più alto è il livello professionale, più lungo sarà il periodo di preavviso. Ad esempio, per contratti superiori alle 24 ore settimanali, il preavviso può essere di 15 giorni di calendario per chi ha un’anzianità inferiore a cinque anni, mentre sale a 30 giorni per chi supera i cinque anni presso lo stesso datore.
Perciò è obbligo del dipendente che opta per le dimissioni dal lavoro, controllare quanti giorni di preavviso debbono essere dati all’azienda. Soltanto dopo questa verifica, il lavoratore sarà sicuro di rispettare il periodo di preavviso. D’altronde, questa norma è stata pensata per salvaguardare il datore di lavoro o l’azienda, che altrimenti si troverebbero improvvisamente con un posto vuoto in ufficio e un conseguente problema di natura organizzativa.
Dimissioni durante il periodo di prova
Durante il periodo di prova, il lavoratore ha il diritto di dimettersi in qualsiasi momento senza obbligo di preavviso né indennità. Questo principio è sancito dall’articolo 2096 del Codice Civile, che stabilisce la libera recidibilità del rapporto. Tuttavia, se il contratto prevede un periodo minimo di prova, il lavoratore dovrà attendere il termine di tale periodo prima di potersi dimettere, a meno che non sussista una giusta causa.
Dimissioni per giusta causa
Un’eccezione alle regole è rappresentata dalle dimissioni per giusta causa, ossia quelle determinate da gravi inadempienze del datore di lavoro, come molestie, mancata retribuzione, condizioni di lavoro particolarmente sfavorevoli o pericolose. In questo caso, il lavoratore non è tenuto a dare il preavviso, e può dimettersi immediatamente, avendo anche diritto all’indennità di disoccupazione NASpI. In questi casi, si parla di recesso in tronco (ossia senza preavviso) da parte del lavoratore.
Attenzione però: per dare le dimissioni per giusta causa va rispettata una determinata procedura, con il datore di lavoro che comunque ha la facoltà di contestarle e pretendere il pagamento dell’indennità di mancato preavviso.
E ancora, le dimissioni senza preavviso sono consentite anche alle lavoratrici che, sia dal periodo che va dalla scoperta della gravidanza al 1° anno di vita del figlio, decidono di rassegnare le dimissioni per maternità.
Conseguenze delle dimissioni senza preavviso
Chi decide di come dare le dimissioni senza rispettare il periodo di preavviso, al di fuori dei casi previsti dalla legge, va incontro a conseguenze economiche.
Il datore di lavoro può trattenere dall’ultima busta paga o dal TFR un importo pari alla retribuzione che il dipendente avrebbe percepito durante il preavviso non lavorato. Inoltre, dimettersi senza preavviso può influire negativamente sulla reputazione professionale del lavoratore, compromettendo future opportunità lavorative.
Come comunicare le dimissioni al datore di lavoro?
Per quanto riguarda la lettera di dimissioni, pur non essendo più obbligatoria in formato cartaceo, può essere una buona prassi scrivere una comunicazione formale indirizzata al datore di lavoro per avvisarlo della decisione. Questo documento non ha valore legale per la cessazione del rapporto, ma rappresenta un gesto di cortesia e professionalità.
Oltre alla procedura formale online, infatti, è importante comunicare le dimissioni al proprio datore di lavoro in maniera etica e professionale. Anche se non è legalmente obbligatorio, è consigliabile informare il proprio datore prima delle comunicazione ufficiale. Questo dimostra rispetto e permette di mantenere buone relazioni, anche in vista di future referenze. Il tutto, ovviamente, sempre rispettando tempistiche e modalità.
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