Pensioni, attenzione: ecco cosa fare per non perdere i contributi versati all’INPS

Simone Micocci

15/02/2022

16/02/2022 - 22:15

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Senza pensione i contributi versati all’INPS vengono persi. L’unico modo per recuperarli è quello di raggrupparli, o di aggiungerne altri, così da maturare una pensione.

Pensioni, attenzione: ecco cosa fare per non perdere i contributi versati all’INPS

Il pericolo di perdere i contributi versati all’INPS è concreto: non sempre, infatti, questi sono sufficienti per raggiungere il diritto alla pensione. E in tal caso è importante sottolineare fin da subito che l’INPS non restituisce i contributi versati non sufficienti per assicurarsi una pensione.

Ed è ovviamente un peccato, basti pensare a quanto viene versato di contributi per ogni anno di lavoro subordinato. Nel dettaglio, l’aliquota di computo per il lavoratore dipendente è pari al 33% della retribuzione lorda, di cui generalmente (per il solo 2022 ci sono delle modifiche vista l’introduzione del bonus contributivo con la riforma fiscale) il 23,81% è a carico del datore di lavoro mentre il 9,19% è a carico del lavoratore.

Su una retribuzione lorda di 2.000,00€, ad esempio, vengono versati 660,00€ di contributi ogni mese, 8.580,00€ l’anno considerando le tredici mensilità.

E pensiamo al caso di colui che mantiene una carriera così pagata per soli 10 anni, non arrivando poi a versare altri contributi utili per la pensione. Questo avrà versato oltre 85.000€ all’INPS, soldi che tuttavia rischia di perdere qualora non dovesse in qualche modo raggiungere il diritto alla pensione dal momento che, come detto sopra, un tale versamento non verrà restituito dall’INPS.

Cosa fare allora? Ci sono delle soluzioni per non perdere i contributi versati: vediamo come fare.

Pensioni: cosa sono i contributi silenti

Si possono definire come contributi silenti quei versamenti contributivi che non danno diritto alla pensione. Oggi, infatti, non esistono opzioni che consentono di andare in pensione con pochi contributi. Nel dettaglio:

  • il minimo è di 5 anni, come previsto dall’opzione contributiva della pensione di vecchiaia, per la quale contestualmente è richiesto il compimento dei 71 anni di età. Si tratta però di un’opzione riservata ai cosiddetti contributivi puri, ossia a coloro che non hanno versamenti antecedenti alla data del 1° gennaio 1996;

Senza raggiungere questi minimi, quindi, i contributi si definiscono silenti in quanto non danno diritto ad alcun trattamento di pensione. Questo significa - come tra l’altro ribadito dalla giurisprudenza - che l’Istituto non rimborsa la contribuzione versata che di fatto per il lavoratore sarà persa. D’altronde, l’unico caso in cui l’INPS ha l’obbligo di restituire i contributi è quello in cui tale contribuzione non era dovuta, in quanto versata erroneamente o in eccedenza.

Come non perdere i contributi silenti

Ci sono diverse soluzioni per non perdere i contributi silenti e renderli utili ai fini pensionistici. Va detto, però, che in molti casi questi prevedono un esborso, più o meno elevato a seconda della posizione contributiva e dell’opzione desiderata.

Prima di procedere, dunque, valutate - consultando un esperto - se vale la pena farsi economicamente carico della trasformazione dei contributi silenti in pensione. Ovviamente dipende dagli anni: se si tratta di una contribuzione di qualche anno forse è meglio lasciar perdere; diversamente potrebbe essere conveniente considerare un piccolo investimento che di fatto vi permetterà di trasformare tutti i contributi versati in una rendita pensionistica.

Detto questo, vediamo di che soluzioni stiamo parlando.

Riunire gli anni di contributi sotto un’unica cassa

È possibile che abbiate pochi contributi previdenziali versati in più casse previdenziali e che quindi questi da soli non siano sufficienti per garantirvi una pensione.

Tuttavia, se raggruppati in un’unica gestione potrebbero essere sufficienti per raggiungere uno dei minimi contributivi suddetti. A tal proposito, esiste uno strumento - conosciuto come cumulo gratuito dei contributi - che permette di raggruppare sotto un’unica gestione gli accrediti non coincidenti, compresi quelli riferiti alle gestioni dei liberi professionisti, in modo da garantire il diritto alla pensione.

Diversamente, è possibile raggruppare la contribuzione accreditata in diverse gestioni INPS in un’unica cassa di previdenza, ossia la Gestione Separata. Questo strumento si chiama computo dei contributi, e tale operazione comporta un ricalcolo contributivo dell’intero trattamento pensionistico.

Altre possibilità per riunire i contributi sotto un’unica gestione sono quelle offerte da ricongiunzione e totalizzazione.

Aggiungere altri contributi

Ci sono poi altre soluzioni dove invece si vanno ad aggiungere altri contributi a quelli silenti. Ad esempio, vi è la possibilità di valutare se esistono dei periodi coperti da contribuzione figurativa, dove è l’INPS a farsi carico della contribuzione dovuta.

Solitamente la contribuzione figurativa avviene d’ufficio, ma in alcuni casi è invece necessario presentare richiesta all’INPS. Ad esempio, come spiegato dall’Istituto stesso, nelle Gestioni pensionistiche dei lavoratori privati la contribuzione figurativa viene riconosciuta, su domanda dell’interessato, per i seguenti periodi:

  • servizio militare obbligatorio;
  • servizio militare volontario;
  • servizio civile;
  • riposi giornalieri;
  • maternità al di fuori di un rapporto di lavoro;
  • congedo parentale durante il rapporto di lavoro;
  • malattia del bambino;
  • malattia e infortunio;
  • aspettativa per cariche sindacali;
  • aspettativa per cariche elettive;
  • assenza dal lavoro per donazione sangue.

Altra possibilità è quella del riscatto - oneroso - di alcuni periodi. Si pensi, ad esempio, agli anni di Università che hanno portato al conseguimento della laurea, riscattabili con la modalità ordinaria o con quella agevolata.

Infine, vi è la possibilità offerta dai versamenti volontari. Un’altra situazione che comporta un esborso, ma potrebbe trattarsi di un investimento comunque conveniente, specialmente quando versare 20 o 30 mila euro potrebbe servire per non perderne 80 mila (o anche di più) già versati all’INPS.

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