Novembre è il mese migliore per investire, accordo con Pechino driver principale

Alessandro Venuti

12 Novembre 2018 - 18:17

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Michele de Michelis, responsabile investimenti di Frame Asset Management, sostiene che potremmo essere nel mese statisticamente più adatto ad investire. In tal senso gli accordi con la Cina rimangono l’incognita più importante

Novembre è il mese migliore per investire, accordo con Pechino driver principale

Novembre sarebbe il mese statisticamente preferito per chi investe il denaro come professione, almeno in base all’estensione di un vecchio detto “buy in November, sell in May and go away”.

E’ quanto sostenuto da Michele De Michelis (nella foto), responsabile degli investimenti di Frame Asset Management. «Specialmente ora che le incertezze legate alle elezioni di mid-term si sono dissipate e il Congresso americano è più equilibrato vediamo le prospettive di una pace commerciale fra Usa e Cina più concrete», ha commentato l’esperto.

Bisogna considerare, però, che le valutazioni del mercato americano non sono certo a sconto e ci troviamo alla fine di uno dei cicli economici più longevi che la storia statunitense ricordi. Senza considerare che ci troviamo nel bel mezzo di un importante ciclo di rialzo dei tasi d’interesse da parte della Fed.

Michele De Michelis, responsabile degli investimenti di Frame Asset Management

In questo quadro l’esperto di Frame Asset Management formula due scenari in base alla risoluzione o meno degli accordi con Pechino.

Scenario 1: si ad un accordo con Pechino

«Nell’eventualità di un accordo con Pechino, credo che potremmo assistere ad un’ultima gamba di rialzo per l’indice S&P 500», sostiene De Michelis. In effetti il consenso stima una recessione per gli Stati Uniti solo per il 2020, quindi fra almeno un anno, e i mercati di solito anticipano di almeno sei mesi.

Per quanto concerne la Federal Reserve, come più volte ribadito dal presidente Powell, il programma di normalizzazione dei tassi di interesse dopo anni di easing monetario è tutt’altro che alla fine. «Arriverà il momento del flight to quality - sostiene De Michelis -, poiché gli investitori ad un certo punto venderanno azioni favorendo i titoli governativi Usa, dal momento che il premio al rischio per restare sull’equity non sarà più remunerato».

Scenario 2: no ad un accordo con Pechino

Se invece l’accordo con i cinesi non si trovasse e dovessimo assistere ad un inasprimento delle guerre commerciali, «temo che la situazione potrebbe diventare estremamente complessa” spiega De Michelis.

L’asset allocation più appropriata dipende quindi dal profilo di rischio dell’investitore, conclude l’esperto: “Per i più coraggiosi quindi provare a cavalcare questo possibile ultimo rally, per quelli medi stare sui fondi long-short, per i catastrofisti rimanere liquidi, sperando che la propria banca non fallisca».

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