Ma la BCE di Christine Lagarde potrebbe secondo alcuni esperti anche non tagliare più i tassi, vista la resilienza del PIL dell’Eurozona.
Con l’Eurostat che ha confermato nella giornata di oggi che, nel corso del secondo trimestre del 2025, il PIL dell’area euro è cresciuto dello 0,1% su base trimestrale, e dell’1,4% su base annua, la BCE di Christine Lagarde avrebbe un motivo in più per propendere per un nulla di fatto, e non solo nella prossima riunione di settembre.
I tassi di interesse dell’Eurozona, dovrebbero dunque essere lasciati fermi, e anche per un bel po’ di tempo, forse di più rispetto a quanto calcolato fino a qualche giorno fa.
Euro area #employment +0.1% in Q2 2025, +0.7% compared with Q2 2024: flash estimate from #Eurostat https://t.co/kifxnDjUUh pic.twitter.com/FSN2mM7sBN
— EU_Eurostat (@EU_Eurostat) August 14, 2025
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Tassi BCE, torna in auge la narrativa “higher for longer”
Già prima della diffusione del dato relativo al PIL dell’area euro, che ha reiterato quanto emerso dai numeri preliminari, un articolo di Reuters ha fatto riferimento alla rassegnazione delle colombe dell’Eurozona, indicando un outlook di tassi “higher for longer”, ovvero “più alti per un periodo più lungo di tempo”.
I mercati starebbero prezzando infatti sempre di più un tale contesto, al punto da credere che la BCE non solo non taglierà i tassi nella riunione di settembre, ma reitererà lo status quo anche nelle riunioni successive del Consiglio direttivo che mancano alla fine del 2025, inclusa quella che si terrà a Firenze.
Il prossimo taglio dei tassi potrebbe essere annunciato soltanto nella riunione di marzo del 2026, contrariamente a quell’altra data che, fino a pochi giorni fa, sembrava la più probabile per l’arrivo di una nuova sforbiciata.
E anche del taglio di marzo gli investitori parlano di una “riduzione potenziale”, prima tra l’altro che i tassi tornino a essere anche rialzati, secondo le previsioni, a un livello superiore al 2%.
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Ultima fermata con riunione BCE del 19 marzo 2026. Tassi giù all’1,75%
Le attese sono dunque di un ultimo taglio firmato da Lagarde che porterebbe il tasso sui depositi, il prossimo 19 marzo 2026, a scendere dal 2% attuale all’1,75%.
Sarebbe questa l’ultima fermata, dunque la nona, dopo l’ottava deciso agli inizi di giugno.
Nell’ultima e più recente riunione del Consiglio direttivo della fine di luglio, la BCE ha infatti deciso di lasciare fermi i tassi, per la prima volta dopo le otto riduzioni iniziate il 6 giugno del 2024.
Ma per i mercati quanto avvenuto negli ultimi meeting ormai è acqua passata, e gli investitori sono già proiettati in avanti, per cercare di capire cosa accadrà nelle prossime riunioni della Banca centrale europea, sia del 2025, che del 2026.
I mercati stanno dando sempre più ragione a Lagarde?
La situazione è tale che, se negli Stati Uniti le aspettative sui tassi sui fed funds si stanno facendo più dovish - con tanto di cautela onnipresente - in Eurozona sta accadendo il contrario.
Praticamente, i mercati stanno dando sempre più ragione a Lagarde, smorzando i timori su un eventuale impatto deflazionistico che, fino a pochi mesi fa, aveva rappresentato per alcuni esperti un vero e proprio spettro che, a loro avviso, avrebbe dovuto convincere l’Eurotower a velocizzare il ciclo dei tagli dei tassi.
Invece, il recente accordo commerciale che è stato siglato tra gli Stati Uniti e l’Unione europea - quello su dazi al 15% - avrebbe rassicurato gli investitori, che ora puntano su una maggiore resilienza dell’economia europea, in un contesto in cui le incognite, tuttavia, abbondano.
Assist da bazooka fiscale Germania e UE, qualcuno ha già scritto la fine a tagli tassi BCE
Dando ragione anche in questo caso a Lagarde, i mercati stanno calcolando inoltre gli effetti positivi che il bazooka fiscale tedesco avrà sull’economia della Germania e dell’Eurozona. Per non parlare dell’altro bazooka che porta la firma dell’Unione europea, e che potrebbe essere anche potenziato, tanto che qualcuno ha parlato anche di opzione nucleare.
A essere convinti di uno scenario meno fosco sono ormai diversi colossi del mondo della finanza, Goldman Sachs inclusa, che ora ritiene che i tagli della BCE siano arrivati addirittura al capolinea.
Gli alert sulla minaccia di una deflazione sono praticamente quasi rientrati, dopo l’allarme lanciato qualche mese fa (comunque ancora sponsorizzato dalle colombe).
Segnali di ultimo taglio a marzo 2026 da contratti forward su ESTR, e non solo
A riportare in auge la narrativa “higher for longer” che ha dominato i mercati nel 2022 e nel 2023, quando le banche centrali, più che a tagliare i tassi, erano impegnate ad alzarli, ci sono alcuni segnali, come il trend dei contratti forward sul tasso di interesse overnight ufficiale della BCE, l’ESTR - definito dalla Banca d’Italia come risk-free rate per l’area dell’euro.
Tali contratti prezzano un taglio dei tassi da parte di Lagarde & Co. entro il mese di marzo del 2026, pari a 25 punti base, con una probabilità pari al 60%.
I contratti scommettono però anche su un tasso sui depositi in rialzo all’1,92% nel dicembre del 2026, il che significa che i mercati guardano già alla decisione della BCE di tornare ad alzare i tassi.
Interpellato dalla Reuters Carsten Brzeski, responsabile della divisione globale di ricerca macro presso ING, ha detto che “nel breve termine...esiste il potenziale di una inflazione che scenda al di sotto” del target della BCE, pari al 2%, “ un po’ a causa di Trump, un po’ a causa della debolezza dell’economia ”.
Tassi BCE torneranno a essere alzati andando verso il 2027?
Le cose, poi, cambieranno: “La nostra view è che l’inflazione rimarrà strutturalmente al di sopra del 2% nei prossimi anni, sostenuta dalle spese fiscali e dalla ristrutturazione delle catene di approviggionamento, che aumenteranno i costi per le aziende”.
Brzeski ha aggiunto che i tassi della BCE potrebbero così posizionarsi nella parte alta del range in corrispondenza del quale gli economisti dell’istituzione hanno identificato il tasso neutrale, ovvero quello compreso tra l’1,75% e il 2,25%, prima di optare magari per una restrizione monetaria, se necessario.
Un’indicazione su dove potrebbero andare i tassi anche fino al 2027 arriva anche dall’Euro Interbank Offered Rate, ovvero dall’Euribor, la cui curva rispecchia quella dei contratti forward sull’ESTR, suggerendo che i tassi potrebbero scendere in modo modesto entro il mese di marzo del 2026, per poi tornare al di sopra della soglia del 2% verso il 2027.
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