Le azioni delle banche e ora anche delle assicurazioni rimangono osservati speciali a Piazza Affari. Il conto chiesto da Meloni & Co. per finanziare la manovra.
Nella manovra che ieri il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti ha anticipando, presentando al Consiglio dei ministri il Documento Programmatico di Bilancio (DPB), c’è anche il conto che il governo Meloni chiede da settimane alle banche italiane affinché, così si va ripetendo, facciano la loro parte finanziando la legge di bilancio.
Si parla di una somma di 4,5 miliardi di euro, che potrebbe salire anche a quota 5 miliardi, a carico non solo degli istituti di credito, ma anche delle assicurazioni.
Così il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti:
“Oltre agli effetti di miglioramento del quadro di finanza pubblica anche dovuti alla rimodulazione del PNRR, concorrono al finanziamento della manovra, sul versante delle entrate, le risorse reperite a carico degli intermediari finanziari e assicurativi e, dal lato della spesa, interventi sugli stanziamenti di bilancio”.
Manovra 2026, Meloni e Giorgetti chiedono alle banche e assicurazioni 4,5 miliardi di euro
Le banche italiane sono state dunque chiamate formalmente dal governo Meloni a finanziare la legge di bilancio 2026, così come le assicurazioni, sebbene non sia ancora chiara la natura del contributo a esse richieste. L’importo sarebbe tuttavia quello: 4,5-5 miliardi di euro, mentre alcune indiscrezioni tornano a spiegare in che modo, stavolta, il comparto finanziario verrà colpito.
Nella giornata di ieri, i rumor che erano circolati avevano fatto riferimento a un disegno teso a colpire addirittura gli utili del 2023: quelli che erano stati risparmiati dalla tassa sugli extraprofitti annunciata quell’anno, il cui annuncio aveva scatenato subito una ondata di forti smobilizzi sulle azioni delle banche italiane, che erano affondate del 9% circa a Piazza Affari in una sola seduta.
Il governo aveva così fatto dietrofront, offrendo al settore addirittura una scorciatoia per evitare il prelievo: scorciatoia a cui, ovviamente, avevano fatto ricorso tutte.
Ora, stando ai rumor, il governo Meloni avrebbe intenzione di rimangiarsi la parola, andando a colpire quegli utili salvati nel 2023, ovvero imponendo una imposta pari al 27,5% che, scrive oggi Il Sole 24 Ore, consenta l’affrancamento della quota di utili accantonata nel 2023 (6,2 miliardi per tutto il mondo bancario).
La tassa del 27,5% andrebbe a essere applicata insomma a quelle riserve che il governo Meloni aveva permesso agli istituti di credito di accantonare nel 2023 per evitare di pagare il prelievo sugli extraprofitti.
Non solo: si parla anche di una “imposizione progressiva che colpisca gli utili dal 2026 in poi, in caso di mancato affrancamento”. Ipotesi che, spiega il quotidiano di Confindustria, “fa perno sull’idea che i dividendi futuri vengano rilasciati attingendo a quegli accantonamenti ”.
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La tassazione al 27,5% genererebbe tuttavia entrate per un valore di 2,8 miliardi di euro. Troppo poche per finanziare la legge di bilancio, secondo il governo Meloni, anche se a questa somma verrebbe aggiunta anche la liquidità anticipata allo Stato attraverso il rinvio dell’utilizzo delle DTA.
Di conseguenza, l’idea sarebbe di chiamare a rapporto anche il settore assicurativo.
Parla di una cifra compresa tra 4,5 miliardi e 5 miliardi di euro chieste alle banche e assicurazioni anche un articolo della Reuters, che fa riferimento a quanto riferito da alcune fonti politiche nella serata di ieri, dopo che il Consiglio dei ministri ha approvato la bozza di bilancio, che a questo punto sarà inviata a Bruxelles per ricevere l’ok della Commissione europea.
I dettagli rimangono tuttavia sconosciuti, e la trattativa tra il governo Meloni e il comparto bancario assicurativo per arrivare a un accordo è ancora in corso. Senza alcuna ombra di dubbio, le azioni delle banche italiane continueranno a rimanere osservate speciali, fino a quando non si capirà l’entità precisa del conto che dovranno versare per finanziare la legge di bilancio 2026.
Sicuramente, hanno fatto notare gli analisti, il timore, già inciso nel trend negativo dei titoli a Piazza Affari, è rappresentato dalla natura retroattiva della tassa sugli utili del 2023 di cui si continua a vociferare. Una tassa proprio su quelli che erano stati definiti due anni fa extraprofitti del settore bancario. Gli analisti hanno già avvertito di temere ripercussioni sul sentiment degli investitori che guardano ai titoli delle banche italiane.
Che, non è un caso, da un po’ scendono, anche se in alcuni casi per altre ragioni, tra cui lo sgonfiarsi dell’euforia legata ad alcuni dossier di risiko bancario, sia di quelli andati a buon fine, come nel caso di MPS-Mediobanca, che di quello saltato in aria, ovvero dell’OPS di UniCredit su Banco BPM (sebbene Banco BPM rimanga attentamente monitorata, in quanto oggetto di diverse indiscrezioni, che non riguardano solo l’ipotesi di una business combination con Crédit Agricole Italia, la controllata di Crédit Agricole.
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Trend in rosso nell’ultimo mese per le azioni delle banche italiane più importanti. Se ne salvano due
Le azioni MPS, per esempio, hanno perso più dell’11% nell’ultimo mese di contrattazioni del Ftse Mib di Piazza Affari.
Nello stesso arco temporale decisamente peggio hanno fatto le azioni Mediobanca, (-23,77%), anche se in questo caso ovviamente la ragione va individuata nello spegnersi totale dell’appeal speculativo del titolo, così come anche nei timori di un suo delisting, a seguito del successo dell’OPAS di MPS (anche se il CEO della banca senese Luigi Lovaglio ha detto di considerare l’eventualità di un addio dalla Borsa prematuro, definendo tra l’altro “sacro” il marchio di Mediobanca).
Le azioni UniCredit hanno lasciato sul terreno più del 5,5% nell’ultimo mese di trading, mentre i titoli di Banco BPM hanno limitato il danno a un calo del 2,2% circa.
Rimane positiva la performance su base mensile di BPER (+1,77%) e della sposa Banca Popolare di Sondrio (+1,37%).
A conferma di come il trend del settore bancario italiano abbia sofferto in tempi di manovra è il trend del FTSE Italia All-Share Banks Sector Index, che ha perso nell’ultimo mese più del 3% del suo valore, in un contesto di per sé che qualcuno teme farsi tra l’altro sempre più sfidante, come ha messo in evidenza anche la BCE di Christine Lagarde (e non solo).
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