I soldi guadagnati online vanno dichiarati?

Giorgia Dumitrascu

16 Luglio 2025 - 09:29

Dichiarazione dei guadagni da YouTube, TikTok, Instagram, Twitch: quando scatta l’obbligo fiscale e quali rischi si corrono ignorando la tassazione dei compensi

I soldi guadagnati online vanno dichiarati?

Guadagni che, nella percezione comune, sembrano “virtuali”, tanto quanto la piattaforma che li eroga. Ma per il Fisco non esistono distinzioni digitali: ogni euro ricevuto online, anche il più piccolo, può trasformarsi in reddito da dichiarare, con regole e obblighi che molti ignorano o sottovalutano.

Quando i guadagni online diventano reddito da dichiarare?

Guadagnare su internet – attraverso social network, piattaforme di e-commerce, app o servizi digitali – può generare reddito imponibile che, nella maggior parte dei casi, deve essere dichiarato tramite la dichiarazione dei redditi, anche quando si parla di importi in apparenza modesti o di attività svolte in maniera occasionale.

L’obbligo di dichiarazione dei compensi percepiti online scatta ogni volta che il guadagno assume il carattere di reddito, a prescindere dalla sua origine: che si tratti di vendite saltuarie, collaborazioni digitali, attività su YouTube, Instagram, TikTok, Twitch, oppure introiti da piattaforme di e-commerce come Vinted o eBay.

“La legge non fa distinzioni tra reddito generato “offline” o “online”, ma si concentra sulla natura continuativa o occasionale dell’attività e sulla tipologia delle entrate. L’unica esclusione riguarda le operazioni meramente sporadiche e prive di una reale organizzazione.”

Per esempio, la semplice vendita di un vecchio telefono o di libri usati su un marketplace difficilmente viene considerata “guadagno online” ai fini fiscali, mentre chi acquista oggetti proprio per rivenderli si espone già all’obbligo di dichiarazione, perché c’è abitualità o professionalità.

Come dichiarare i compensi ricevuti da YouTube, TikTok, Instagram, Twitch e altre piattaforme?

Dichiarare i soldi guadagnati online da piattaforme come YouTube, TikTok, Instagram o Twitch non è più un’opzione, ma un obbligo che coinvolge tutti coloro che monetizzano la propria presenza digitale, sia in modo occasionale che professionale. Chi riceve compensi da queste piattaforme deve inserirli in dichiarazione dei redditi, sia che si tratti di bonifici diretti dall’estero, sia che i pagamenti avvengano tramite strumenti come PayPal.

Come dichiarare i guadagni online?

La modalità di dichiarazione cambia in base al tipo di rapporto con la piattaforma e alla frequenza delle prestazioni svolte.
Un creator o influencer che pubblica video su YouTube e percepisce guadagni tramite AdSense, ad esempio, dovrà dichiarare i proventi come redditi da lavoro autonomo o redditi diversi, a seconda della continuità e della struttura della propria attività. Lo stesso vale per i compensi ricevuti tramite Instagram per post sponsorizzati, Twitch per donazioni o abbonamenti.

Se il creator è titolare di partita IVA, i compensi devono essere fatturati. La fattura deve riportare la descrizione dettagliata dell’attività svolta, con l’applicazione dell’IVA o del regime forfettario, se sussistono i requisiti. Per chi opera senza partita IVA, i compensi possono essere regolati tramite ricevuta per prestazione occasionale oppure con ritenuta d’acconto, a patto che non si superino i limiti previsti dalla legge e che l’attività non sia continuativa.

Tassazione guadagni online: quante tasse si pagano?

La risposta varia in base alla natura e all’entità dei compensi, ma anche al regime fiscale adottato.

Creator in regime forfettario

Il regime forfettario è la scelta migliore se si prevedono ricavi entro gli 85.000 euro l’anno. Infatti, un creator con partita IVA in regime forfettario paga un’imposta sostitutiva pari al 15%, ridotta al 5% per i primi cinque anni se si tratta di una nuova attività. A questa si aggiunge il contributo previdenziale che incide mediamente per circa il 25% del reddito imponibile.

In pratica, un YouTuber che incassa 10.000 euro lordi in un anno e si trova nel regime forfettario può trovarsi a versare all’incirca 1.500 euro di imposta sostitutiva e 2.500 euro di contributi, per un totale di 4.000 euro circa tra tasse e previdenza.

Creator senza partita IVA

Diversa la situazione di chi si limita a prestazioni occasionali per chi opera senza partita IVA. In questo caso, i compensi sono soggetti a ritenuta d’acconto del 20% se pagati da un soggetto italiano, mentre sono considerati redditi diversi se provengono dall’estero e vanno dichiarati nel quadro RL della dichiarazione dei redditi. Se la soglia dei 5.000 euro annui viene superata, scatta l’obbligo di iscrizione alla gestione separata INPS e di versamento dei contributi.

Prendiamo il caso di una creator che riceve 12.000 euro lordi l’anno da OnlyFans, piattaforma che paga dall’estero: senza partita IVA, la tassazione prevede il pagamento dell’IRPEF a scaglioni (dal 23% in su), più i contributi INPS se si superano i 5.000 euro. Se invece apre la partita IVA in regime forfettario, la tassazione scende come detto al 15% (o 5%) più contributi, con adempimenti semplificati.

Chi guadagna su TikTok o Instagram, ricevendo bonifici da società estere, deve considerare l’aliquota fiscale applicata ai redditi diversi se non ha partita IVA, mentre con partita IVA rientra nelle regole del lavoro autonomo o d’impresa. Un esempio pratico: un influencer che fattura 30.000 euro annui in regime forfettario paga circa 4.500 euro di imposta sostitutiva e 7.500 euro di contributi, ma ha la certezza di adempiere pienamente agli obblighi fiscali, mantenendo costi prevedibili.

Quando serve la partita IVA per i guadagni online e quali sono i limiti senza aprirla?

Guadagnare online senza partita IVA è possibile solo entro certi limiti e condizioni. Il primo parametro di riferimento è la natura dell’attività svolta:

“Chi realizza in modo abituale, professionale o organizzato una qualunque attività di produzione o intermediazione di reddito ha l’obbligo di aprire la partita IVA.”

Non conta l’importo dei guadagni in sé, ma la frequenza, la sistematicità e l’intenzione di trarre un profitto stabile.

“I limiti guadagni senza partita IVA sono di 5.000 euro lordi annui per ciascun committente e un massimo di 30 giorni di attività per ciascun soggetto.”

Oltre queste soglie, scatta l’obbligo non solo di aprire la partita IVA, ma anche di iscriversi alla gestione separata INPS e di versare i relativi contributi previdenziali.

Obblighi di comunicazione per piattaforme digitali e nuove regole UE (DAC7)

Con l’entrata in vigore della direttiva DAC7, la comunicazione delle piattaforme digitali al Fisco è diventata un pilastro nella lotta all’evasione fiscale e nella tracciabilità dei flussi finanziari generati dai social network e dai marketplace.
C
hi percepisce compensi da piattaforme non può più contare sull’anonimato digitale: la DAC7 guadagni online impone infatti a tutte le piattaforme – anche quelle estere che operano in Italia – di comunicare annualmente all’Agenzia delle Entrate i dati dei soggetti che hanno ricevuto pagamenti, la frequenza delle operazioni e il tipo di attività svolta. L’obiettivo della DAC7 e delle nuove regole UE per guadagni online è assicurare trasparenza totale nelle transazioni digitali, uniformando le regole di comunicazione piattaforme digitali in tutti i Paesi membri. Da gennaio 2024, tutte le piattaforme sono tenute a trasmettere entro il 31 gennaio di ogni anno i dati dei venditori e dei creator che hanno incassato almeno 2.000 euro in dodici mesi o effettuato almeno 30 operazioni, includendo sia le persone fisiche che giuridiche.

Cosa succede se non dichiaro i soldi guadagnati online?

L’omessa dichiarazione dei compensi digitali viene trattata dall’Agenzia delle Entrate come una vera e propria violazione tributaria. In caso di accertamento, il contribuente che non ha inserito in dichiarazione i redditi derivanti da attività online si trova esposto non solo al recupero dell’imposta non versata, ma anche all’applicazione di sanzioni molto elevate. Le sanzioni per mancata dichiarazione guadagni online partono dal 90% fino al 180% delle imposte dovute, con la possibilità di ulteriori multe in caso di recidiva o comportamenti fraudolenti, come la documentazione falsa o l’utilizzo di conti esteri non dichiarati. A ciò si aggiungono gli interessi di mora maturati dal momento in cui il reddito sarebbe dovuto essere dichiarato.

Nei casi più gravi – ad esempio per importi rilevanti o per condotte reiterate – il contribuente può essere segnalato per esercizio abusivo di attività professionale, con le conseguenti responsabilità penali laddove venga ravvisata l’intenzione di frodare il fisco.

Guadagni online per minorenni e studenti

I guadagni percepiti da minori e studenti creator sono a tutti gli effetti redditi imponibili, e devono essere dichiarati secondo la normativa fiscale italiana, indipendentemente dall’età.

“Il reddito prodotto dal minore è soggetto a dichiarazione da parte dei genitori o di chi esercita la potestà genitoriale, i quali sono tenuti a inserire tali compensi nella propria dichiarazione dei redditi.”

Non esistono soglie di esenzione solo per il fatto di essere minori: anche piccole somme incassate da YouTube, da collaborazioni su Instagram o da donazioni su Twitch rientrano a pieno titolo nel reddito familiare e devono essere regolarmente dichiarate.

Occorre tenere conto anche delle norme sulla capacità di agire e sugli adempimenti civilistici. In particolare, le piattaforme richiedono spesso il consenso dei genitori per l’apertura di account monetizzabili, e i pagamenti devono essere indirizzati su conti correnti intestati o cointestati ai genitori.

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