Pensioni: i giovani lavoreranno fino a 71 anni, ecco perché

Teresa Maddonni

23/01/2020

Per la pensione i giovani lavoreranno fino a 71 anni ed è un rischio determinato dal sistema previdenziale poco sostenibile. Intanto si parla di una riforma per superare Quota 100 e Legge Fornero.

Pensioni: i giovani lavoreranno fino a 71 anni, ecco perché

Per avere la pensione i giovani lavoreranno fino a 71 anni. Questa è una delle possibilità se non si procede a una riforma che superi Quota 100.

La misura che permette di andare in pensione anticipata con 62 anni di età e 38 di contributi rischia di rendere il sistema previdenziale insostenibile per le generazioni future.

Il perno centrale sta tutto nel calcolo della pensione che si baserà sul solo sistema contributivo. I giovani che accedono oggi al mondo del lavoro possono contare solo su questo poiché nel tempo si è sostituito al retributivo, molto più vantaggioso.

Ed è proprio sul calcolo dell’assegno pensionistico e sull’eliminazione del requisito economico che si basano alcune proposte di riforma delle pensioni di cui si discute in questi giorni.

La possibilità reale di andare in pensione a 71 anni si contrappone alla proposta di un pensionamento a 64 anni o addirittura a 62 come propongono i sindacati.

Intanto ci si prepara al 27 gennaio quando la ministra del Lavoro Nunzia Catalfo incontrerà le parti sociali. L’obiettivo in ogni caso è superare Quota 100 a partire dal 2022 (la fase sperimentale si conclude alla fine del 2021) e anche la Legge Fornero. Vediamo allora perché a oggi i giovani rischiano di lavorare fino a 71 anni e quali sono le proposte di riforma delle pensioni per la quale si apriranno i tavoli di confronto a partire dall’ultima settimana di gennaio.

Pensioni e giovani: ecco perché lavoreranno fino a 71 anni

Chiaro che pensioni e giovani accostati sembrano quasi un ossimoro, ma se si pensa ai pensionati del futuro scopriamo che le nuove generazioni finiranno per dover lavorare fino a quando non avranno compiuto 71 anni.

Secondo il rapporto Ocse Pensions at a Glance 2019 uno dei problemi strutturali del sistema pensionistico italiano risiede nel fatto che, nonostante l’età per la pensione di vecchiaia sia a 67 anni, in media le donne e gli uomini nel nostro Paese vanno in pensione molto prima. Secondo il rapporto gli uomini a 63,3 anni e le donne a 61,5, il che rende il nostro sistema pensionistico estremamente instabile e poco sostenibile.

Molto dipende dalle misure di pensionamento anticipato che si sono susseguite fino a oggi, ultima Quota 100. Di fatto si dovrebbe non solo rispettare l’uscita dal lavoro prevista a 67 anni con la pensione di vecchiaia, ma bisognerebbe anche adeguare alle speranze di vita l’anzianità contributiva.

Questo meccanismo era stato previsto dalla Legge Fornero ma è stato poi bloccato fino al 2026 a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e a 41 anni e 10 mesi per le donne.

Come abbiamo detto misure come Quota 100, Opzione donna, Ape sociale, confermate nella Legge di Bilancio 2020 non fanno altro che rendere instabile il sistema laddove le persone riescono ad andare in pensione molto prima del previsto.

Si stima che le pensioni anticipate abbiano portato all’uscita dal mercato del lavoro 350mila lavoratori in 7 anni circa 50mila l’anno. Si stima che grazie alle misure di anticipazione pensionistica nel 2019 siano stati 193mila i lavoratori a congedarsi ben due anni prima del limite dei 67 anni.

Così i giovani, che entrano anche molto tardi nel mercato del lavoro, sono quelli penalizzati per le pensioni del futuro. Non solo la spesa previdenziale per le pensioni anticipate risulta eccessiva, ma essendo il sistema contributivo il solo cui si farà riferimento e considerando gli esigui stipendi al giorno d’oggi, essi finiranno per andare in pensione molto tardi a 71 anni.

Una riforma delle pensioni per il futuro dei giovani

Intanto c’è chi pensa a una riforma delle pensioni per il futuro dei giovani. Sono recenti le dichiarazioni del presidente dell’INPS Pasquale Tridico sul dopo Quota 100 e sul sistema pensionistico venturo in un’intervista.

In particolare il presidente Tridico ha parlato dei giovani e della possibilità di creare un fondo integrativo pubblico per coprire i periodi con minori contributi. I giovani di oggi infatti oltre alla fatica di trovare lavoro, al fatto che molti comincino tardi a versare i contributi, devono fare i conti anche con impieghi discontinui e il nuovo sistema dovrebbe aiutarli.

Ovviamente al momento sono solo ipotesi. Per la loro conferma e per nuove riforme per le pensioni dei giovani nel futuro bisognerà attendere gli sviluppi delle prossime settimane. Intanto si preparano i tavoli di lavoro. Vediamo quali sono le opzioni possibili di una riforma delle pensioni di cui si discuterà nelle prossime settimane.

Riforma delle pensioni: le opzioni possibili

Sono diverse le opzioni di riforma delle pensioni di cui si sente parlare in questi giorni e che saranno discusse in modo più chiaro nelle prossime settimane.

Il 27 gennaio la ministra Catalfo incontrerà i sindacati che già hanno avanzato la loro proposta. I lavori per la riforma delle pensioni saranno seguiti da due commissioni una sui lavori gravosi e una sulla separazione tra previdenza e assistenza. Inoltre, come confermato dalla stessa ministra del Lavoro, ci sarà una terza commissione di esperti a livello nazionale che sarà nominata entro la fine di gennaio.

Cgil, Cisl e Uil propongono la pensione a 62 anni con 20 anni di contributi. La proposta è che il ricalcolo non avvenga solo sul contributivo che a oggi determina una penalizzazione sul valore finale dell’assegno di pensione.

Di fatto i sindacati contestano una delle proposte che arriva dal governo vale a dire Quota 102, una Quota 100 rivisitata. Questa prevederebbe di andare in pensione a 64 anni con 38 anni di contributi, ma con un ricalcolo che sia solo contributivo.

L’ipotesi è anche di mantenere la Quota 100 con 64 anni di età e 36 di contributi determinando la pensione finale sempre con il solo calcolo contributivo e questo creerebbe una penalizzazione per chi ha iniziato a versare i contributi prima del 1996 e che quindi ricade ancora nel sistema misto tra contributivo e retributivo (più conveniente).

Un’altra proposta di riforma dei sindacati è quella che prevederebbe di andare in pensione con 41 anni di contributi senza vincoli di età, ma con un’attenzione a lavori gravosi, donne e giovani.

Proprio in merito ai giovani si punta a una pensione di garanzia per chi ha carriere discontinue. Per avere maggiori dettagli sulla riforma delle pensioni dovremmo aspettare i prossimi sviluppi nei tavoli di lavoro del governo.

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