Riforma fiscale e flat tax: il piano del Governo per la riduzione dell’IRPEF

Anna Maria D’Andrea

5 Marzo 2019 - 15:37

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Riforma fiscale, flat tax e riduzione dell’Irpef sono uno dei temi al centro dell’agenda di Governo. Prima aliquota giù al 20% o flat tax del 15%, queste le ipotesi, ma il problema restano le poche coperture.

Riforma fiscale e flat tax: il piano del Governo per la riduzione dell’IRPEF

Famiglie al centro della fase due della riforma fiscale del Governo Lega-M5S.

Bisognerà attendere il 2020 per conoscere tutti i dettagli delle misure che verranno messe in campo per l’annunciata riduzione dell’Irpef, ma intanto emergono le prime ipotesi su come proseguire lungo il cammino della flat tax del 15% per tutti.

Dopo i primi accenni di flat tax introdotti con la Legge di Bilancio 2019 per i titolari di partita IVA, è ora tempo di pensare ai lavoratori dipendenti.

Per il momento le ipotesi che stanno prendendo piede sono due, molto diverse tra loro e che si differenziano in maniera notevole anche sul fronte delle coperture economiche necessarie per attuarle.

Riforma fiscale, riduzione prima aliquota Irpef dal 23% al 20%

La prima delle possibile misure, annunciata dal Sottosegretario al MEF Massimo Garavaglia, consiste taglio della prima aliquota Irpef.

L’obiettivo è quello di portare dal 23% al 20% l’imposta dovuta dai contribuenti con redditi fino a 15.000 euro.

L’Irpef, l’imposta progressiva sul reddito delle persone fisiche, è ad oggi strutturata in cinque aliquote e cinque scaglioni di reddito. La volontà della Lega è di intervenire sui redditi più bassi, ovvero quelli non superiori a 15.000 euro, portando l’imposta dovuta al 20%.

A beneficiarne sarebbero, di riflesso, anche i contribuenti con redditi superiori perché proprio per via della sua progressività, l’Irpef è strutturata di modo che l’aliquota maggiore si applichi soltanto sulla quota di reddito che eccede lo scaglione precedente.

Ad esempio, quindi, un contribuente con un reddito lordo pari a 23.000 euro, pagherebbe il 20% di Irpef fino a 15.000 euro e il 27% sul reddito eccedente il primo scaglione, ovvero 8.000 euro.

Non solo. Accanto alla riduzione della prima aliquota Irpef, potrebbe presto vedere la luce la flat tax sui redditi incrementali: imposta fissa del 15% sugli incrementi di reddito pari almeno al 10% in più rispetto a quanto dichiarato nell’anno d’imposta precedente, il tutto per contrastare il fenomeno dell’evasione fiscale e per indurre i contribuenti a far emergere redditi sommersi.

A beneficiarne sarebbero non solo i titolari di redditi da lavoro dipendente ma anche le imprese. Da qui il nome di IrpefIresPlus.

Riforma Irpef, flat tax del 15% fino a 50.000 euro di reddito

C’è una seconda ipotesi che si sta facendo strada e della quale ha parlato il Sottosegretario alle Infrastrutture Armando Siri, “padre” della flat tax targata Lega.

Già nel 2020 il progetto della tassa piatta fortemente caldeggiata dall’ala leghista del Governo potrebbe estendersi ad una grossa fetta di contribuenti. Potrebbe partire dal 1° gennaio prossimo la flat tax del 15% per le famiglie con redditi non superiori a 50.000 euro.

Un progetto di gran lunga più complesso e costoso del primo (costerebbe circa 20 miliardi), ma che indubbiamente avvantaggerebbe una fetta maggiore di contribuente e contribuirebbe anche a risolvere alcune delle criticità dell’attuale sistema di tassazione Irpef.

Anche il secondo piano del Governo non dimentica le imprese: in programma vi sarebbe anche la riduzione dell’aliquote Ires al 20%, rispetto all’attuale 24%.

Riforma fiscale Irpef e flat tax: torna lo spettro del taglio a detrazioni e al bonus Renzi

In ambedue le ipotesi il problema principale del Governo restano le coperture. Non bisogna dimenticare che la Legge di Bilancio 2020 sarà già in buona parte ipotecata: ben 23,5 miliardi di euro dovranno essere utilizzati per evitare che aumenti l’IVA.

Ed è qui che torna a farsi vivo lo spettro di un taglio a detrazioni ed agevolazioni fiscali, misura che a dire il vero è insita nel progetto originario della flat tax, che punta a sostituire le attuali agevolazioni con una deduzione fissa pari a 3.000 euro per ciascun componente del nucleo familiare da calcolare in base al reddito complessivo.

In ogni caso, quando si parla di tax expenditures e di tagli agli sprechi, è il bonus Renzi il primo indiziato, tenuto conto che da solo vale circa 9 miliardi di euro all’anno e che si tratta di fondi che il Governo Lega e M5S potrebbe dirottare verso il progetto della riforma fiscale e della riduzione Irpef per i lavoratori dipendenti.

Il secondo round della riforma fiscale targata Lega e M5S non potrà che essere realizzato con una profonda revisione a detrazioni fiscali e bonus ad oggi esistenti. Nei piani del Governo vi è anche la richiesta di maggiore flessibilità all’Europa e, in questo caso, sarà decisivo l’esito delle elezioni in programma a maggio.

Il tema delle tax expenditures, ovvero delle agevolazioni che soltanto nel 2018 sono costate ben 54,2 miliardi di euro allo Stato, torna tristemente in auge ogni qual volta si torna a parlare di riforma fiscale.

Una riforma per la quale, al momento, non si può certo parlare di certezze.

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