Preavviso licenziamento, tempi previsti per datore e dipendente

Simone Micocci

3 Giugno 2025 - 12:01

Ecco tutto quello che c’è da sapere sul preavviso di licenziamento (da non confondere con quello per le dimissioni per quanto la durata sia la stessa).

Preavviso licenziamento, tempi previsti per datore e dipendente

Il preavviso di licenziamento rappresenta una fase obbligatoria nella cessazione di gran parte dei rapporti di lavoro, durante la quale entrambe le parti - datore e dipendente - devono rispettare determinati termini prima di rendere effettiva la decisione. Le regole sul preavviso, infatti, sono simili sia in caso di dimissioni volontarie da parte del lavoratore, che nel caso in cui il recesso sia deciso dal datore di lavoro.

D’altronde, la normativa sul periodo di preavviso ha l’obiettivo di tutelare entrambe le parti: da un lato permette all’azienda di organizzare la sostituzione del dipendente, dall’altro garantisce al lavoratore un tempo congruo per cercare una nuova occupazione e mantenere il proprio reddito. Proprio per questo, in assenza di giusta causa, anche il datore di lavoro è tenuto a rispettare determinati tempi di preavviso per il licenziamento.

L’avviso di licenziamento, quindi, deve essere comunicato con un certo anticipo, il cui numero di giorni di preavviso varia in base alla qualifica del lavoratore, all’anzianità aziendale e alle disposizioni previste nel Contratto collettivo nazionale di lavoro (Ccnl) applicato. In linea generale, le tempistiche previste per il licenziamento sono equivalenti a quelle che si applicano quando è il dipendente a voler recedere dal contratto, ossia a licenziarsi.

Come pure non cambiano le sanzioni. Nel caso in cui il preavviso di licenziamento non venga rispettato, il datore è obbligato a corrispondere al lavoratore una indennità sostitutiva del preavviso, pari alla retribuzione che il dipendente avrebbe percepito durante il periodo mancante. Si tratta di una sanzione economica prevista per compensare l’assenza di comunicazione anticipata.

Dopo aver analizzato nel dettaglio le regole sul preavviso per dimissioni, vediamo ora quanti giorni di preavviso sono richiesti in caso di licenziamento e come si calcola il termine corretto nei diversi scenari lavorativi.

Licenziamento, quando è possibile?

Come anticipato, mentre il lavoratore può dimettersi anche senza motivo, il datore di lavoro - salvo alcune eccezioni - deve sempre dare una spiegazione valida della sua decisione.

Le norme sul diritto del lavoro individuano due casi in cui il datore di lavoro può licenziare un dipendente a tempo indeterminato. Il primo è quello per cui quest’ultimo abbia tenuto un comportamento colpevole o in malafede: il licenziamento disciplinare. A seconda della gravità del comportamento assunto dal dipendente abbiamo:

  • licenziamento per giusta causa: il fatto è talmente grave che impedisce il prosieguo del rapporto lavorativo anche solo per un giorno. Ecco perché in questo caso non è necessario il preavviso (mentre il lavoratore mantiene il diritto all’indennità di disoccupazione Naspi)
  • licenziamento per giustificato motivo soggettivo: fa riferimento a un fatto meno grave, ma che comunque non consente il proseguimento del rapporto di lavoro. In questo caso è necessario il preavviso.

Non sempre quindi il comportamento disciplinare del lavoratore comporta il licenziamento senza preavviso: tutto dipende dalla gravità delle proprie azioni.

L’altra motivazione per cui è possibile licenziare è quella legata alla struttura aziendale. Ad esempio, se l’azienda dimostra di dover ridurre il personale per far fronte a una crisi del mercato, oppure se c’è bisogno di chiudere un settore perché non è più utile: in questo caso si parla di licenziamento per giustificato motivo oggettivo o per ragioni economici. In entrambi i casi è richiesta l’osservazione di un periodo di preavviso.

Una volta fatta chiarezza su quando il datore di lavoro può licenziare, vediamo entro quanti giorni prima deve darne la comunicazione al dipendente, ricordando che secondo la legge la parte che recede dal contratto, tanto il dipendente quanto il datore di lavoro, senza darne congruo preavviso ha l’obbligo di versare all’altra una specifica indennità.

Calcolo indennità di mancato preavviso

Il datore di lavoro che non rispetta i termini del preavviso è dovuto al pagamento dell’indennità di mancato preavviso. Si tratta di un’indennità sostitutiva calcolata sulla base della retribuzione che normalmente spetta al lavoratore.

Ad esempio, se un datore di lavoro non rispetta i 2 mesi di preavviso, e licenzia immediatamente il proprio dipendente, è dovuto comunque al pagamento di 2 mensilità di stipendio, nelle quali sono comprese provvigioni e premi aziendali.

Il periodo di preavviso, anche se il datore di lavoro non lo rispetta, si considera come se fosse stato lavorato, e come tale dovrà essere retribuito al dipendente insieme alle competenze di fine rapporto.

In alcuni casi l’azienda è comunque costretta al pagamento dell’indennità, cioè quando il dipendente è impossibilitato alla prosecuzione della prestazione lavorativa. Questo vale per le dimissioni per giusta causa o per la morte del dipendente.

Quando non è necessario il preavviso di licenziamento?

Come anticipato, non c’è l’obbligo del preavviso nel caso del licenziamento disciplinare per giusta causa, visto che in tal caso il dipendente si rende colpevole di un’inadempienza contrattuale talmente grave da impedire la prosecuzione del rapporto di lavoro anche solo per un altro giorno.

Inoltre, non è necessario il preavviso quando il licenziamento avviene durante il periodo di prova, purché questo risulti espressamente indicato dal contratto.

Ovviamente, non è richiesto il preavviso neppure quando il datore di lavoro intende arrivare alla scadenza naturale di un contratto a termine. Quindi, per l’azienda che non intende rinnovare un rapporto di lavoro a tempo determinato non c’è alcun obbligo di preavviso. Lo stesso vale per il datore di lavoro che non intende confermare il rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato.

Anche durante i periodi di sospensione del rapporto di lavoro per intervento della cassa integrazione non è necessario il preavviso, così come per i dipendenti che in seguito alla reintegrazione non riprendono a lavorare.

L’ultimo caso in cui questo non è necessario è quello in cui il datore di lavoro si metta d’accordo con il dipendente (accordo consensuale).

Come si calcola il preavviso di licenziamento

Non c’è un termine fisso per il preavviso. La durata, infatti, varia a seconda dei:

-* contratti collettivi;

  • categoria di lavoratori;
  • livello di inquadramento;
  • anzianità.

Solitamente il numero dei giorni è lo stesso previsto per il preavviso dimissioni, ma ci potrebbero essere delle variazioni a seconda del Ccnl. È a questo, quindi, che dovete guardare per capire quanto prima comunicare il licenziamento al dipendente, come pure se il vostro datore di lavoro ha rispettato le tutele previste oppure se è obbligato a pagarvi l’indennità di mancato preavviso.

Ci sono però delle regole che valgono per tutti i lavoratori. Per quanto riguarda la decorrenza, sappiamo che questa viene interrotta al sopraggiungere di determinati eventi, come:

  • ferie;
  • malattia;
  • infortunio.

Nel periodo di preavviso il lavoratore è costretto, salvo abbia preso un accordo diverso con il datore di lavoro, a svolgere regolarmente le proprie mansioni, restando quindi sul luogo di lavoro.

Si parla infatti di preavviso lavorato, durante il quale gli obblighi per il lavoratore e l’azienda non subiscono variazioni. Al preavviso lavorato però deve corrispondere un’effettiva prosecuzione del rapporto lavorativo, ecco perché il decorrere del preavviso si sospende quando il dipendente è in ferie o a casa malato.

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