Tra la fine del 2021 e ottobre 2025 i prezzi alimentari sono schizzati in Italia del 25%. Ha inciso uno shock molto più che forte che nel resto dell’Europa.
Dall’ottobre del 2021 all’ottobre del 2025, i prezzi dei beni alimentari sono schizzati in Italia del 24,9%, segnando un rialzo di quasi 8 punti percentuali rispetto a quanto avvenuto nello stesso arco temporale all’indice generale dei prezzi al consumo armonizzato, ovvero rispetto all’inflazione complessiva calcolata su tutti i beni e servizi, che ha segnato un incremento del 17,3%. È quanto ha reso noto l’Istat, nel rapporto dedicato all’andamento dell’economia italiana nel corso del terzo trimestre del 2025.
La fine del 2021 ha siglato l’avvento di un New Normal per l’inflazione di tutto il mondo?
Il boom dei prezzi dei generi alimentari si è innestato in un arco temporale, quello che va dal 2021 al 2025 che, secondo alcuni economisti, ha certificato l’avvento di una sorta di New Normal, caratterizzato da un tasso di inflazione superiore alla media storica, e destinato a rimanere relativamente elevato, in tutto il mondo.
Il momento più drammatico, che ha dato il via a questa nuova ’era’, ha preso il via alla fine del 2021 con la riapertura dell’economia mondiale dal lockdown imposto negli anni precedenti durante la pandemia Covid-19.
La crescita dell’inflazione si è poi rafforzata nel 2022, sulla scia dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, al punto da costringere nel biennio 2022-2023 banche centrali come la Fed, la BCE e la Bank of England ad alzare ripetutamente i tassi di interesse.
Dai livelli massimi testati alla fine del 2022 - l’inflazione dell’area euro si è impennata al ritmo del 10,6% nell’ottobre del 2022 - i prezzi hanno poi rallentato la corsa, per effetto delle strette monetarie varate dalle istituzioni, che hanno frenato la crescita delle rispettive economie, tornando a far rigare dritta l’inflazione. Non del tutto, tuttavia, e non ovunque,
come conferma la cautela a tagliare i tassi manifestata sia dalla BCE che dalla Fed - idem dalla Bank of England - , a causa di rischi al rialzo sull’inflazione che continuano a persistere.
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Focus Istat su prezzi beni alimentari. In quattro anni impennata del 25%
Il rapporto dell’Istat si concentra nello specifico su quanto è avvenuto in questi ultimi quattro anni, dalla fine del 2021 alla fine del 2025, dunque sul balzo dei prezzi dei beni alimentari italiani pari all’incirca del 25%.
L’Istat ha confermato che i prezzi degli alimentari hanno iniziato a salire a partire dalla seconda metà del 2021, per accelerare ulteriormente al rialzo dall’inizio del 2022 fino alla metà del 2023.
L’incremento si è verificato anche successivamente, sebbene a ritmi più lenti.
All’interno della categoria, nel periodo compreso tra il 2021 e il 2025, i prezzi degli alimentari freschi (o non lavorati) sono aumentati più di quelli lavorati (+26,2% e +24,3% rispettivamente), con il prezzo del cibo che, a settembre 2025, è cresciuto del 26,8% rispetto ad ottobre 2021.
Gli incrementi più ampi hanno interessato i prodotti vegetali (+32,7%), latte, formaggi e uova (+28,1%) e pane e cereali (+25,5%).
Inflazione, boom prezzi alimentari anche nel resto dell’Europa. Cosa li ha fatti schizzare in Italia
L’Istat ha fatto poi la seguente precisazione:
“Il fenomeno non ha riguardato solo l’Italia ma è stato diffuso e ha colpito altri paesi europei anche con maggiore
intensità. I prezzi del cibo sono infatti aumentati, nel periodo in esame, del 29% per l’area euro (+32,3% nella UE27), del 32,8% in Germania, del 29,5% in Spagna. La Francia ha registrato incrementi leggermente inferiori (23,9%) a quelli rilevati in Italia”.
Ma cosa ha provocato nel caso specifico dell’Italia l’impennata dei prezzi dei beni alimentari?
“Le cause dell’eccezionale crescita dei prezzi dei prodotti alimentari in Italia”, ha spiegato l’Istat, sono dovute a “una combinazione di fattori, di natura soprattutto esterna, che hanno determinato forti aumenti soprattutto nei prezzi internazionali degli input produttivi del settore alimentare. I fattori interni hanno invece agito in misura più limitata e, in particolare negli anni più recenti”.
Per la precisione, “a partire dalla seconda metà del 2021, sono iniziate a manifestarsi pressioni al rialzo dei prezzi internazionali delle materie prime alimentari dovute alla fase di ripresa economica post pandemica”.
In questo “contesto, in presenza di una domanda crescente e di frizioni nell’approvvigionamento dovute ai riassestamenti delle catene globali dopo la pandemia, si è verificata una contrazione dell’offerta mondiale determinata anche da eventi metereologici avversi nei principali paesi esportatori”.
Successivamente, a partire dal febbraio del 2022, “ l’invasione dell’Ucraina e le conseguenti sanzioni internazionali (i.e. blocco delle importazioni di gas naturale) nei confronti della Russia hanno determinato forti pressioni inflattive sui beni energetici; nello stesso periodo hanno continuato a crescere i prezzi delle materie prime alimentari”.
Istat, impennata prezzi energetici in Italia superiore rispetto a media euro e UE
A tal proposito, l’Istat ha indicato come, in Italia, l’impennata dei prezzi energetici sia stata superiore a quanto avvenuto in altre economie europee, condizionando il trend dei prezzi dei beni alimentari.
“In Italia, il prezzo al consumo dei beni energetici è aumentato da ottobre 2021 a novembre 2022 del 76%, in misura ben maggiore rispetto alla media dell’area euro (38,7%), dell’UE27 (36,8%) e degli altri principali Paesi europei:
Germania (42,7), Francia (21,1%) e Spagna (2,9%)”.
Proprio l’impennata dei prezzi energetici “ ha avuto un impatto diretto e particolarmente significativo sul settore degli alimentari non lavorati, dove il peso degli input energetici sugli input totali (5,5%) è più del doppio rispetto alla media degli altri settori escluso quello energetico (2,2%) e di oltre un punto percentuale superiore all’intera economia (4,4%)”.
L’Istat ha continuato, facendo notare che “lo shock energetico ha inoltre colpito il settore alimentare anche in modo indiretto, attraverso gli incrementi dei prezzi di altri prodotti intermedi, in particolare i fertilizzanti (il cui prezzo è più che raddoppiato dall’inizio del 2021 alla fine del 2022), che rappresentano un input molto rilevante per il settore agricolo”.
Gli incrementi del prezzo dei prodotti alimentari non lavorati si sono trasmessi inoltre anche al settore di quelli lavorati, tanto che “i prezzi alla produzione dell’industria alimentare sono aumentati, tra il terzo trimestre del 2021 e il terzo del 2023, del 21,4%, in presenza di un’analoga crescita delle materie prime agricole”.
L’Istat ha poi ricordato che nel corso dell’ultimo biennio, i prezzi dei beni alimentari (food) hanno continuato a salire, sebbene a tassi decisamente inferiori con l’aumento che, nel periodo compreso tra settembre 2023 e settembre 2025, è stato pari a +4,4%.
Rimane il fatto che il trend complessivo, nell’arco degli ultimi 4 anni, è stato di un balzo di ben il 25%.
Così l’istituto, nel riassumere quanto avvenuto nel periodo compreso tra ottobre del 2021 e l’ottobre del 2025:
“In sintesi, la forte crescita dei prezzi dei beni alimentari registrata in Italia negli anni 2022-2023 è stata dovuta
prevalentemente a fattori internazionali, in particolare la crisi energetica che ha seguito l’invasione dell’Ucraina. Lo shock sui prezzi dell’energia ha colpito in modo particolare il settore degli alimentari non lavorati, sia in modo diretto, dato il rilevante peso degli input energetici, sia in modo indiretto, alimentando l’incremento del prezzo di importanti prodotti intermedi, come i fertilizzanti. Gli aumenti di prezzo degli alimentari non lavorati si sono poi trasmessi al settore dei beni lavorati, a causa dell’elevata interconnessione di questi due comparti. Negli ultimi due anni, i prezzi hanno continuato ad aumentare ma a tassi notevolmente più contenuti. A tale dinamica ha contribuito il recupero dei margini di profitto delle imprese del settore agricolo, mantenutisi su livelli particolarmente bassi nel periodo 2021-2022”.
I dati dell’Istat alimentano subito il dibattito politico. Renzi attacca Meloni
I dati dell’Istat non potevano non avere ripercussioni sull’arena della politica italiana. Sotto i riflettori il commento del leader di Italia Viva, Matteo Renzi che, in un post pubblicato su X, ha fatto riferimento all’approfondimento stilato dall’Istituto Nazionale di Statistica.
Così Renzi, rivolgendosi alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e al suo governo:
“Da quando lei è al Governo è aumentato il costo del gasolio, delle bollette, delle sigarette, del supermercato.
Sale la pressione fiscale, sale il debito pubblico, sale il numero di italiani che se ne vanno all’estero: quasi duecentomila solo lo scorso anno. E oggi ISTAT ha rilasciato dati pazzeschi sulla catastrofe del prezzo degli alimentari per le famiglie.
Un governo mediocre e incapace sta massacrando il portafoglio degli italiani”.
Una parte della sinistra sta giocando per perdere. Triste dirlo, ma non me lo spiego altrimenti.
Giorgia Meloni ha aumentato la pressione fiscale a livelli record: 42.8%.
Da quando lei è al Governo è aumentato il costo del gasolio, delle bollette, delle sigarette, del…— Matteo Renzi (@matteorenzi) November 12, 2025
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