Il fenomeno della shrinkflation è molto diffuso e continua a ingannare i consumatori: ecco come funziona questa pratica e come tutelarsi
Ti è mai capitato di prendere la tua confezione “solita” dal supermercato e, invece di trovarne il contenuto abituale, scoprire che c’è qualche grammo o millilitro in meno, pur pagando lo stesso prezzo? Ebbene, stai sperimentando sulla tua pelle quello che viene definito shrinkflation: una tecnica sempre più frequente che trasforma la spesa quotidiana in una trappola per il portafoglio
In un momento in cui l’inflazione e i costi aumentano, le aziende cercano stratagemmi per mantenere i margini senza dichiarare apertamente l’aumento dei prezzi: la confezione resta apparentemente identica, il prezzo pure, però dentro c’è meno. Questa sottrazione silenziosa può passare inosservata e rappresenta un peso reale per i consumatori, che finiscono per pagare di più “al chilogrammo” o “al litro” pur avendo la sensazione di acquistare lo stesso.
Dato il contesto economico odierno - con pressioni inflazionistiche, rincari energetici e tensioni internazionali - è ancora più importante saper riconoscere il fenomeno e sapere cosa fare. Ecco, allora, di cosa si tratta quando si parla di shrinkflation, come si manifesta, quali sono i casi più eclatanti recenti, quale normativa è in vigore in Italia e - cosa fondamentale - come puoi tutelarti.
Cos’è la shrinkflation? Significato e definizione
Il termine “shrinkflation” nasce dall’unione delle parole inglesi shrinkage (contrazione) e inflation (rincaro), ed è entrato nel vocabolario consumeristico per descrivere una strategia ormai diffusa:
mantenere il prezzo di vendita di un prodotto ma ridurre la quantità offerta o modificarne la dimensione, riuscendo così a nascondere l’effettivo aumento del costo unitario.
In concreto, la shrinkflation è una tecnica di marketing che tradizionalmente viene applicata dai grandi produttori per incrementare i margini di profitto senza attirare l’attenzione sul tradizionale aumento di prezzo.
Nella pratica ciò implica che il produttore riduca il contenuto del bene (in peso, volume o numero di unità nella confezione) mentre il prezzo resta uguale o subisce solo un aumento moderato, così che il prezzo al chilo o al litro finisca per aumentare. Spesso non si tratta della dimensione visiva più evidente (il packaging esterno può restare identico), ma del contenuto interno. Per esempio, un pacco di biscotti potrebbe passare da 500 g a 450 g, senza variare la confezione esterna e con prezzo invariato: ciò rende più difficile per il consumatore percepire il cambiamento.
Questo meccanismo si utilizza in particolare quando l’inflazione generale o dei costi di produzione rende problematico aumentare apertamente i prezzi: invece di comunicare “il prezzo sale”, le aziende giocano sull’apparenza “uguale” del prodotto e sugli habitué che acquistano meccanicamente senza controllare sempre il peso netto o il prezzo per unità di misura. In questo modo, pur restando “lo stesso” prodotto agli occhi del cliente, il margine reale del produttore migliorato.
In breve, quindi, possiamo dire che la shrinkflation è una riduzione discreta del contenuto che pesa in molti acquisti quotidiani ed è, di conseguenza, fondamentale sapersi orientare per non subire passivamente una condizione che riduce il potere d’acquisto.
Prodotti più piccoli allo stesso prezzo: ecco i casi recenti più eclatanti
La shrinkflation non è un fenomeno astratto: nel 2024-25 sono emersi numerosi casi concreti che coinvolgono prodotti alimentari, detergenti, bevande, cosmetici. Ad esempio, l’associazione Altroconsumo ha rilevato che confezioni di prodotti familiari sono passate da 200 g a 175 g, da 1.000 ml a 850 ml o da 66 cl a 62 cl, con aumenti del prezzo al chilo o litro fino al +100 % e oltre in alcuni casi.
Ecco alcuni esempi significativi.
- Le patatine Pringles Originals: erano vendute in confezioni da 200 g, poi da 190 g e infine da 175 g; in alcuni casi il prezzo al chilo è aumentato del 22 %.
- Le Amica Chips (versione classica): busta da 200 g ridotta a 190 g, con prezzo al chilo salito fino al +109 %.
- I vasetti di nocciolata della Rigoni d’Asiago: dai formati 270/350/700 g passati a 250/325/650 g, con aumento del prezzo al kg tra l’11 % e il 38 %.
- Yogurt greco (marchi Delta e Fage): vasetti ridotti da 170 g a 150 g; prezzo al kg cresciuto rispettivamente del 30 % e del 65 %.
- Bevanda birra Peroni Nastro Azzurro: bottiglia passata da 66 cl a 62 cl, con rincaro del prezzo al litro del +18 %.
- Detersivo per piatti Nelsen: da confezioni da 1 l a 900 ml e poi a 850 ml, con aumento del prezzo al litro del +53 %.
- Sapone idratante Neutro Roberts con glicerina: da flacone da 300 ml a uno da 200 ml, con conseguente aumento del prezzo al litro del +201 %.
- Bagnoschiuma Vidal al muschio bianco: da 750 ml a 650 ml, con +22 % del prezzo al litro.
Questi esempi mostrano come la shrinkflation si insinui in categorie molto diverse - alimentari, bevande, detergenti, cosmetici - e come la riduzione possa essere nascosta dietro un packaging invariato. E non è tutto: secondo una rilevazione del 2025 condotta da SWG su 800 adulti, ben 4 persone su 5 in Italia dichiarano di aver notato confezioni più piccole allo stesso prezzo, e 2 su 5 sono pronte a cambiare marca per reazione al fenomeno.
Insomma, non è un fenomeno marginale: la percezione del consumatore si sta risvegliando. Tuttavia, il fatto che l’etichetta spesso non evidenzi con chiarezza il cambiamento rende il controllo più complesso, rendendo indispensabile - per chi fa la spesa consapevole - verificare sempre il peso o volume netto e il prezzo per unità di misura.
La normativa sulla shrinkflation in Italia, tra leggi in vigore e proroghe
In Italia, la pratica della shrinkflation non è espressamente vietata. Tuttavia, può diventare oggetto di sanzione se configurata come una pratica commerciale ingannevole o omissione informativa, ai sensi del Codice del Consumo (D. lgs. n. 206/2005). In particolare:
- l’articolo 21 vieta le pratiche commerciali ingannevoli, cioè quelle azioni che possono indurre in errore il consumatore medio riguardo prezzo, quantità o caratteristiche del prodotto;
- l’articolo 22 delimita le omissioni ingannevoli, ossia quando viene omessa un’informazione che era rilevante e che poteva influenzare la decisione di acquisto del consumatore.
Ciò significa che se viene mantenuto lo stesso prezzo ma il contenuto si riduce in modo non evidente, senza informazione adeguata, l’azienda può essere richiamata a rispondere di correttezza commerciale.
Ma c’è di più: con la Legge n. 193/2024 (la cosiddetta “Legge sulla Concorrenza” approvata il 16 dicembre 2024) è stato introdotto il comma 1-bis dell’articolo 15-bis del Codice del Consumo, che prevede l’obbligo di informare il consumatore in caso di “riporzionamento” del prodotto (cioè contenuto ridotto, confezione identica). In base a questa norma, il produttore deve apporre sulle confezioni, nel campo visivo principale, una dicitura del tipo:
“Questa confezione contiene un prodotto inferiore di X (unità di misura) rispetto alla precedente quantità”
E tale indicazione deve restare per sei mesi a partire dall’immissione in commercio del formato ridotto.
Tuttavia, l’entrata in vigore di questa norma ha subito ripetuti rinvii. In concreto: inizialmente era prevista dal 1° aprile 2025, poi spostata al 1° ottobre 2025 tramite il decreto Milleproroghe. Ma nel corso del 2025 è stato approvato un ulteriore emendamento che rinvia l’efficacia al 1° luglio 2026.
Parallelamente, la Commissione europea ha avviato una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia, sostenendo che l’obbligo di etichettatura previsto dalla legge italiana costituirebbe un ostacolo alla libera circolazione delle merci nel mercato interno, in quanto “non proporzionato”.
Di fatto, quindi, la normativa italiana è presente, ma pienamente applicabile solo da luglio 2026. Nel frattempo i consumatori restano in una zona grigia. Le associazioni di consumatori hanno criticato vari aspetti della legge, segnalando che l’etichettatura obbligatoria per sei mesi è un passo, ma non basta: serve una trasparenza più immediata e controlli efficaci.
Come si può tutelare il consumatore di fronte alla shrinkflation?
Sapere che la shrinkflation esiste è il primo passo, ma ciò che fa davvero la differenza è mettere in atto alcune buone pratiche quotidiane quando facciamo la spesa. Ecco cosa puoi fare per non farti sorprendere:
- Controlla il peso o il volume netto della confezione: anche se la confezione appare identica a quella che acquistavi in passato, prendi l’abitudine di leggere la dicitura “peso netto” o “contenuto netto” e confrontala con il formato precedente (se lo ricordi). Cambi di pochi grammi o millilitri possono passare inosservati, ma alla lunga pesano sul bilancio.
- Fai il calcolo del prezzo per unità di misura (prezzo/kg o €/l): non fidarti solo del prezzo indicato; dividi il prezzo per il peso o volume netto per avere il vero confronto. Se il prezzo per unità di misura è aumentato, potrebbe esserci shrinkflation.
- Diffida delle confezioni “formato famiglia” o nuove edizioni: a volte il produttore introduce un “formato grande” di un prodotto o una nuova edizione, che però contiene meno unità o meno quantità rispetto al formato precedente. Anche qui vale il calcolo del prezzo unitario.
- Conserva uno storico degli acquisti: se compri abitualmente lo stesso prodotto, tenere traccia (anche in modo informale) delle differenze di peso, volume e prezzo può aiutarti a riconoscere cambiamenti graduali.
- Leggi attentamente le etichette e le modifiche visive: talvolta la confezione esterna rimane identica, ma all’interno il bene è meno. Occhio a piccoli accorgimenti come “nuovo formato”, “nuova formula” o avvertenze di rilancio che possono nascondere riduzione di quantità.
- Scegli marche più trasparenti o alternative: se un prodotto mostra variazioni, valuta alternative; marchi più piccoli, prodotti a marchio del distributore, formati sfusi (se disponibili) oppure acquisti in modalità “bulk”.
- Segnala alle autorità o associazioni consumatori: se hai il forte sospetto che un produttore stia abusando riducendo quantità senza informare, puoi rivolgerti alle associazioni dei consumatori oppure all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM). Il semplice fatto di segnalare può contribuire a far emergere comportamenti diffusi.
Se adotterai queste prassi, potrai affrontare la spesa con maggiore consapevolezza e ridurre l’impatto della shrinkflation sul tuo bilancio familiare. In un contesto in cui la legislazione è ancora in divenire, la tua vigilanza è ancora l’arma più concreta.
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