L’obbligo di avviso sulle confezioni sgrammate e le nuove regole per le etichette sono slittate addirittura al 1° luglio 2026: i consumatori sono ancora tutelati?
Si chiama shrinkflation, in italiano sgrammatura, la confezione resta identica, il prezzo pure, ma il prodotto dentro diminuisce. Biscotti che passano da 500 a 450 grammi senza che il cliente se ne accorga, detersivi con meno liquido ma stesso flacone, una dinamica negativa per il consumatore, che paga lo stesso importo ottenendo meno merce reale.
Per contrastare la pratica, la Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2023 (l. n. 193/2024) ha introdotto l’art. 15 bis del Codice del Consumo (D. lgs. n. 206/2005). La norma impone ai produttori di informare il consumatore quando un bene mantiene il prezzo ma diminuisce di peso o volume.
Il rinvio della norma anti-shrinkflation: i consumatori insorgono
L’obbligo però non è entrato in vigore il 1° ottobre 2025, come previsto. Un emendamento al Ddl Semplificazioni, ora al Senato, ne sposta l’efficacia al 1° luglio 2026. Il Governo parla di «necessità tecniche e coordinamento con la Commissione UE», ma le associazioni dei consumatori insorgono.
«Scandaloso! Uno schiaffo in faccia alle famiglie» ha dichiarato Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori «è l’ennesimo rinvio di una norma che serve a evitare di ingannare i consumatori mascherando l’aumento dei prezzi»
Come cambieranno le etichette al supermercato?
Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha chiarito che l’avviso deve essere collocato sul fronte della confezione o su un’adesivo applicato in campo visivo principale, con caratteri chiari e contrastanti rispetto allo sfondo. Non basta un richiamo sul retro o in zone difficilmente visibili.
La durata minima è di 6 mesi dalla prima immissione in commercio della confezione ridotta. Se il prodotto subisce ulteriori variazioni, la segnalazione va aggiornata. Alcuni esempi pratici circolano già nella trade press:
“Questa confezione contiene un prodotto inferiore di X (unità di misura) rispetto alla precedente quantità”
L’avviso può essere stampato o applicato come sticker, purché non rimovibile senza danneggiare la confezione.
Quali informazioni sono obbligatorie oggi su tutte le etichette?
Al di là della novità sulla shrinkflation, le confezioni vendute nei supermercati devono già rispettare un insieme di informazioni obbligatorie.
La base normativa è il Reg.UE n. 1169/2011 sull’informazione ai consumatori, applicato in Italia con il D. lgs. n. 231/2017. L’art. 9 del Reg. UE elenca i dati minimi che ogni prodotto alimentare preimballato deve riportare:
- denominazione dell’alimento e sua natura (ad esempio “bevanda analcolica aromatizzata” e non solo il marchio);
- elenco degli ingredienti in ordine decrescente di peso; eventuali additivi devono essere indicati con la categoria funzionale e il nome o numero E;
- allergeni evidenziati tipograficamente (grassetto, colore o maiuscolo) come previsto dagli artt. 9 e 21 Reg. 1169/2011;
- quantità netta espressa in peso o volume; per prodotti soggetti a perdita di liquidi (ad esempio conserve in salamoia) occorre indicare anche il peso sgocciolato;
- termine minimo di conservazione (TMC) o data di scadenza, che non sono sinonimi: il TMC segnala la data fino alla quale l’alimento conserva le proprietà specifiche, la scadenza indica invece quando il prodotto non è più sicuro;
- condizioni particolari di conservazione e/o impiego (es. “conservare in frigorifero dopo l’apertura e consumare entro tre giorni”);
- nome o ragione sociale e indirizzo dell’operatore responsabile (produttore, importatore o distributore stabilito nell’UE);
- paese d’origine o luogo di provenienza quando la sua omissione può indurre in errore o quando imposto da norme speciali (carni, latte, miele, pomodoro, ecc.);
- titolo alcolometrico per le bevande con più di 1,2% di alcol;
- valore energetico e tabella nutrizionale (energia, grassi, saturi, carboidrati, zuccheri, proteine, sale) su 100 g o 100 ml;
- quantità dell’ingrediente caratterizzante (QUID) quando un ingrediente è richiamato nel nome o nell’immagine di vendita.
Il distributore, quindi anche il supermercato, non può limitarsi a vendere, è tenuto a verificare che le etichette siano conformi. Se immette sul mercato prodotti con informazioni fuorvianti o incomplete, può risponderne in solido con il produttore.
Sanzioni e responsabilità
Il D.lgs. n. 231 del 2017 stabilisce un sistema sanzionatorio graduato in base alla gravità delle violazioni. Gli errori relativi alla quantità netta o al QUID (quantità dell’ingrediente caratterizzante) comportano sanzioni amministrative comprese tra 1.000 e 8.000 euro; l’omessa o scorretta evidenziazione degli allergeni e di altre informazioni essenziali può far salire l’importo da 2.000 a 16.000 euro; nei casi più gravi, come l’assenza totale dei dati obbligatori o l’uso di indicazioni idonee a trarre in inganno il consumatore, le multe possono raggiungere 40.000 euro.
Alle sanzioni amministrative si possono affiancare profili penali. L’art. 515 c.p. punisce la frode nell’esercizio del commercio quando il prodotto venduto differisce, per origine, qualità o quantità, da quanto dichiarato, mentre l’art. 517 c.p. sanziona la commercializzazione di prodotti industriali con segni mendaci.
La vigilanza è affidata soprattutto all’ICQRF e ai NAS dei Carabinieri, con il supporto delle ASL territoriali. Gli ispettori possono intimare la regolarizzazione dell’etichetta entro un termine breve o, in presenza di irregolarità sostanziali, contestare immediatamente la sanzione. La responsabilità non grava soltanto su chi produce o importa il bene, ma anche sul distributore che lo immette a scaffale pur potendo accorgersi della non conformità:
“Il rivenditore un dovere di controllo minimo sulla correttezza dell’informazione offerta ai consumatori.”
Origine in etichetta, cosa è già cambiato dal 1° gennaio 2025?
Dal 1° gennaio 2025 chi vende nei supermercati frutta secca, frutta e verdura di IV gamma, cioè lavata, confezionata e pronta al consumo, funghi non coltivati, capperi e zafferano deve rispettare un nuovo obbligo di indicazione chiara del Paese d’origine.
La modifica è stata introdotta dal Reg. UE 2023/2429, che ha aggiornato l’allegato XI del Reg. UE 1169/2011 per rendere più trasparente la provenienza di prodotti spesso reimballati o lavorati in stabilimenti diversi da quelli di raccolta.
La norma impone che:
“Il Paese di origine dell’ingrediente primario sia indicato in modo evidente e nello stesso campo visivo della denominazione di vendita.”
Quindi, non basta la dicitura generica “confezionato in Italia”, il consumatore deve poter capire se la frutta secca proviene dalla Turchia, se i funghi sono raccolti in Cina o se lo zafferano è spagnolo.
Il MIMIT e il Ministero dell’Agricoltura hanno chiarito che la dicitura può essere:
- “Origine: Italia” o “Origine: UE / non UE” quando il prodotto proviene da più Paesi;
- “Origine ingrediente primario: Turchia – Confezionato in Italia” se la lavorazione è avvenuta in uno stabilimento diverso.
La differenza tra origine dell’ingrediente primario e luogo di confezionamento è dirimente, Proprio su questo punto l’ICQRF ha già annunciato controlli mirati nel 2025, in particolare su frutta secca e funghi secchi o surgelati, dove la provenienza viene spesso omessa o nascosta in caratteri poco leggibili. Per i prodotti sfusi o venduti al banco la regola si applica in modo semplificato, il cartello di vendita deve riportare il Paese di origine accanto al prezzo e alla denominazione (ad esempio “Funghi porcini secchi, origine: Cina”).
Imballaggi e QR: cosa arriverà?
Accanto alle novità già operative su shrinkflation e origine, l’Europa ha varato un pacchetto che cambierà le etichette degli imballaggi nei prossimi anni. Il riferimento è il nuovo Reg. UE 2025/40 sul packaging and packaging waste (PPWR) che sostituirà le norme nazionali in materia di rifiuti da imballaggio e informazione ambientale.
L’obiettivo è ridurre gli sprechi e garantire una comunicazione armonizzata sui contenitori destinati al consumatore. Per questo il PPWR introduce un sistema di etichette comuni in tutta l’Unione, con pittogrammi standardizzati per indicare la composizione del materiale, le regole di raccolta differenziata e la riciclabilità effettiva.
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Etichetta armonizzata e QR code: cosa prevede il regolamento
Il cuore della riforma è l’etichetta armonizzata UE, che dovrà comparire su ogni imballaggio destinato al mercato europeo.
Conterrà almeno:
- il materiale prevalente (plastica, carta/cartone, metallo, vetro, composito);
- le istruzioni di conferimento per la raccolta differenziata;
- un indicatore di riciclabilità (alto/medio/basso) definito da atti di esecuzione della Commissione.
Accanto a queste informazioni, i produttori potranno aggiungere un QR code o codice digitale che rimanda a dati più dettagliati (es. componenti minori, presenza di additivi, consigli di smaltimento), ma il regolamento è chiaro, il QR non può sostituire i dati obbligatori stampati in chiaro.
Il Reg. UE 2025/40 sul packaging and packaging waste (PPWR) è entrato in vigore il 12 febbraio 2025. Le disposizioni principali si applicano dal 12 agosto 2026; le etichette armonizzate e i QR code informativi saranno obbligatori dal 12 agosto 2028 (o entro 24 mesi dall’adozione degli atti esecutivi della Commissione). Gli Stati membri non potranno introdurre schemi nazionali difformi: il sistema sarà unico e vincolante.
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