Dopo quanti anni di lavoro si può andare in pensione?

Simone Micocci

24 Maggio 2018 - 10:29

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Per andare in pensione quanti anni di lavoro sono necessari? Scopriamolo analizzando tutte le opzioni possibili.

Dopo quanti anni di lavoro si può andare in pensione?

Come noto in Italia ci sono diverse misure con le quali si può accedere alla pensione. Tuttavia per ogni trattamento previdenziale è necessario aver maturato una determinata anzianità contributiva, ovvero aver versato i contributi previdenziali negli anni di lavoro.

Per questo motivo chi non ha mai lavorato non può accedere alla pensione.

Nessun trattamento previdenziale, infatti, può essere percepito da chi non ha versato i contributi per un numero di anni sufficienti; può accadere infatti che a questi - qualora versino in uno stato di difficoltà - venga riconosciuto l’assegno sociale, la quale però è una misura assistenziale e non previdenziale.

Quindi per ricevere la pensione bisogna fare almeno qualche anno di lavoro: ma quanti? Dipende dal tipo di misura con la quale si va in pensione; ad esempio per la pensione anticipata - per la quale non è previsto alcun requisito anagrafico - sono necessari più anni di contributi rispetto alla pensione di vecchiaia.

Facciamo chiarezza analizzando dopo quanti anni si può smettere di lavorare e andare in pensione a seconda degli strumenti ai quali si ricorre.

Dopo quanti anni di lavoro posso andare in pensione?

Con la pensione di vecchiaia si può andare in pensione dopo aver maturato 20 anni di contributi. Quindi, in questo caso potete smettere di lavorare dopo 20 anni di carriera, anche non continuativa, purché coperta da contribuzione; l’importante, però, è aver compiuto almeno 66 anni e 7 mesi, mentre dal 2019 sarà richiesta un’età anagrafica di 67 anni (sia per gli uomini che per le donne).

L’altro strumento con cui si può smettere di lavorare è la pensione anticipata, per la quale invece non è richiesta alcuna età minima. Per accedere alla pensione anticipata, infatti, è sufficiente aver lavorato per 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne.

Anche questo requisito subirà una variazione a partire dal 1° gennaio 2019: come stabilito dalla Legge Fornero, infatti, ci sarà un incremento dovuto all’adeguamento con l’aumento delle aspettative di vita e per questo dal prossimo anno per la pensione anticipata saranno necessari:

  • 43 anni e 3 mesi di contributi per gli uomini;
  • 42 anni e 3 mesi di contributi per le donne.

Ma ci sono altri strumenti con cui è possibile smettere di lavorare percependo un assegno previdenziale. Ad esempio, l’ultimo Governo di Centrosinistra ha introdotto l’Ape Sociale, l’anticipo pensionistico a costo zero riservato ad alcune categorie di lavoratori, quali:

  • disoccupati che da almeno 3 mesi non percepiscono la NasPI;
  • soggetti con invalidità civile pari o superiore al 74%;
  • persone che assistono parenti di primo grado affetti da disabilità grave;
  • lavoratori gravosi.

Chi appartiene alle suddette categorie può andare in pensione all’età di 63 anni, ma solo se ha lavorato per almeno 30 anni. Nel caso delle attività gravose, invece, l’anzianità contributiva deve essere pari ad almeno 36 anni.

C’è poi l’Ape Volontario, lo strumento con il quale si può andare in pensione in anticipo purché si sia a meno di 3 anni e 7 mesi dal raggiungimento della pensione di vecchiaia.

L’Ape Volontario però non è una vera e propria pensione anticipata: nei 3 anni e 7 mesi che precedono la pensione di vecchiaia, infatti, il lavoratore percepirà un prestito erogato da un istituto di credito che poi verrà ripagato tramite una decurtazione sulla pensione di vecchiaia nei 20 anni successivi.

Se volete accedere a questo strumento e siete disposti a delle penalizzazioni sul futuro assegno pensionistico potete farlo, ma solamente se avete maturato un’anzianità contributiva di 20 anni.

Infine c’è il discorso legato ai lavoratori precoci, i quali possono andare in pensione tramite la Quota 41. Come si può facilmente intuire dal nome, con questo strumento si può smettere di lavorare dopo 41 anni.

L’importante però è far parte della categoria dei precoci, ovvero bisogna aver lavorato per almeno 12 mesi (effettivi ma non necessariamente continuativi) prima del compimento dei 19 anni. Inoltre è necessaria un’anzianità contributiva antecedente al 1995.

Se dopo aver letto queste informazioni pensi che in Italia siano necessari troppi anni di lavoro per la pensione, ti consigliamo di consultare questo approfondimento - Italiani in pensione troppo tardi? In realtà lavorano meno rispetto al resto d’Europa.

La riforma futura

Ricordiamo che la Quota 41 potrebbe essere estesa a tutti i lavoratori con la nuova riforma delle pensioni annunciata dal Governo giallo-verde che sarà guidato da Giuseppe Conte.

In questo caso quindi tutti i lavoratori potrebbero interrompere la loro carriera dopo 41 anni, oppure anche prima grazie alla Quota 100.

Anche questo, infatti, è uno strumento che potrebbe essere introdotto in questa legislatura, con il quale verrà data la possibilità di uscire dal lavoro quando la somma dell’età e degli anni dei contributi è almeno pari a 100.

L’importante però è aver raggiunto un minimo di età (che potrebbe essere di 62 anni e di conseguenza aver versato almeno 38 anni di contributi) o un minimo contributivo (si parla di 35 anni di contributi, quindi di 65 anni di età).

Allo stesso tempo potrebbe esserci la proroga dell’Opzione Donna, misura con cui le donne possono smettere di lavorare dopo 35 anni (ma solo compiuto i 58 anni) accettando di avere un assegno previdenziale calcolato interamente con il sistema contributivo.

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