Hai 67 anni ma non hai 20 anni di contributi? Ecco come puoi andare comunque in pensione.
Per andare in pensione servono almeno 20 anni di contributi, requisito minimo previsto per la pensione di vecchiaia. Inoltre, ci sono alcune misure alternative - come la pensione anticipata - che ne richiedono un numero maggiore, consentendo di smettere di lavorare indipendentemente dall’età anagrafica a patto di aver maturato almeno 42 anni e 10 mesi di contributi (con lo sconto di 1 anno per le donne e di 2 anni e 10 mesi per alcuni lavoratori precoci).
Esiste tuttavia una possibilità di andare in pensione con soli 5 anni di contributi: si tratta di un’opzione riservata ai cosiddetti contributivi puri, ossia chi ha iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995 e non ha contributi versati prima di tale data. Questa particolare formula è tuttavia accessibile solo al compimento dei 71 anni di età.
Anche chi ha cominciato a lavorare prima del 1996 può però usufruire di alcune agevolazioni. Le principali sono quelle introdotte con la legge Amato del 1992, che ha previsto tre deroghe al requisito contributivo standard, permettendo l’accesso alla pensione di vecchiaia a 67 anni con soli 15 anni di contributi.
Delle tre deroghe ancora in vigore - originariamente erano quattro, ma una non è più applicabile - ce n’è una che continua a essere particolarmente rilevante, soprattutto per chi ha svolto lavoro part-time. Come abbiamo spiegato anche in risposta a una recente segnalazione arrivata in redazione, chi ha lavorato per molti anni part-time rischia infatti di non raggiungere il requisito minimo per la pensione, perché i contributi versati potrebbero non corrispondere esattamente agli anni lavorati.
In questi casi, la terza deroga Amato può fare la differenza, in quanto consente l’accesso alla pensione a chi ha almeno un contributo settimanale versato entro il 31 dicembre 1995 e ha svolto in prevalenza lavoro part-time, evitando così l’esclusione dal sistema pensionistico per chi non arriva ai 20 anni di contributi. Vediamo come funziona.
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Cosa dice la terza deroga Amato
La terza deroga Amato si rivolge ai lavoratori dipendenti - con la sola eccezione degli iscritti alla Gestione esclusiva - che possono far valere un’anzianità assicurativa di almeno 25 anni (ma in realtà ne servono di più vista la necessità di aver versato almeno un contributo settimanale entro il 31 dicembre 1995), e che per almeno 10 anni, anche non consecutivi, risultano occupati per periodi di durata inferiore a 52 settimane nell’anno solare.
Questi possono andare in pensione anche solo con 15 anni di contributi, sempre al compimento dei 67 anni richiesti dalla pensione di vecchiaia.
La misura, quindi, si rivolge a coloro che per almeno 10 anni hanno maturato meno di 52 settimane contributive. Vale per coloro che hanno avuto carriere discontinue, ma anche per chi appunto ha sempre lavorato ma percependo stipendi molto bassi. Come nel caso dei part-time.
Perché la terza deroga Amato aiuta i lavoratori part-time
Non bisogna commettere l’errore di pensare che gli anni di contributi corrispondano esattamente a quelli di lavoro. La legge, infatti, stabilisce che ai fini del pieno riconoscimento di una settimana contributiva bisogna guadagnare un certo importo, al di sotto del quale spetta una contribuzione parziale.
Cosa significa questo? Che se guadagni meno della soglia prevista, rivalutata ogni anno in base al costo della vita, devi lavorare per più tempo per ottenere il riconoscimento di una settimana contributiva. Quanto? Dipende da quanto guadagni.
Nel dettaglio, nel 2025 il minimale settimanale per l’accredito dei contributi è pari a 241,36 euro. Quindi, solo chi guadagna almeno 12.550,72 euro l’anno ha diritto al riconoscimento di un intero anno di contributi, le suddette 52 settimane quindi. In caso contrario serve fare una proporzione, moltiplicando il proprio guadagno per 52 e poi dividendo tutto per 12.550,72. Pensiamo ad esempio a un lavoratore che prende 8.000 euro l’anno: sono solamente 33 settimane contributive, anche se è stato impiegato per 12 mesi.
Questi, quindi, rischiano di arrivare all’età di 67 anni senza aver raggiunto i 20 anni di contribuzione richiesta dalla normativa. Ecco che la terza deroga Amato viene in loro soccorso, riconoscendo uno sconto di 5 anni che rappresenta un importante aiuto ai fini del collocamento in quiescenza.
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