Busta paga, quanto guadagni di netto nel 2026?

Simone Micocci

22 Agosto 2025 - 17:49

Stipendio netto, quanto si prende nel 2026? Ci sono ancora delle incognite da sciogliere, ma ecco cosa sappiamo fino a oggi.

Busta paga, quanto guadagni di netto nel 2026?

Quanto guadagneranno effettivamente i lavoratori nel 2026? La domanda è d’obbligo ogni volta che si stanno per iniziare i lavori per la legge di Bilancio, in quanto è lì che si decidono le regole che determinano la differenza tra stipendio lordo e netto.

Per il prossimo anno una certezza c’è già: il taglio del cuneo fiscale che viene confermato con le stesse regole fissate dall’ultima manovra finanziaria. Questo significa che le buste paga continueranno a beneficiare dello sgravio fiscale introdotto nel 2025, pensato appositamente per alleggerire il peso delle trattenute e aumentare il reddito disponibile.

A oggi, il vero nodo riguarda l’Irpef. Attualmente il sistema prevede tre aliquote per altrettanti scaglioni di reddito: il 23% fino a 28.000 euro, il 35% tra 28.000 e 50.000 euro e il 43% per chi supera questa soglia. Tuttavia, da mesi il governo ha annunciato la volontà di rivedere ulteriormente gli scaglioni già dal 2026, con l’obiettivo di semplificare il sistema e alleggerire la pressione fiscale sui redditi medio-alti. Se questa riforma sarà approvata, il 2026 potrebbe segnare un nuovo passo avanti nella riduzione del divario tra lordo e netto, sempre che le risorse a disposizione permettano di finanziare l’operazione senza sacrificare altre misure di sostegno già in vigore.

A tal proposito, vediamo quanto si potrebbe guadagnare di stipendio netto nel 2026 alla luce delle novità sulle quali si discuterà a margine della prossima manovra.

Come si calcola lo stipendio netto in Italia

Iniziamo dal ricordare come si calcola lo stipendio netto in Italia, ossia quali sono i passaggi da seguire. Si parte sempre dal lordo, cioè dalla retribuzione indicata in busta paga. Da questo importo iniziale vanno innanzitutto sottratti i contributi previdenziali a carico del lavoratore, che rappresentano la quota destinata a finanziare la futura pensione.

A questo punto si ottiene il reddito imponibile, sul quale viene calcolata l’Irpef. L’imposta è progressiva: significa che l’aliquota cresce con l’aumentare del reddito, e non si applica in modo uniforme su tutta la somma, ma solo sulle fasce corrispondenti.

Dall’Irpef così determinata si passa poi a considerare le detrazioni, in particolare quella da lavoro dipendente, che riduce l’imposta dovuta e può essere ulteriormente incrementata nel caso in cui il lavoratore abbia familiari a carico. Solo dopo questo passaggio si ottiene l’imposta netta effettiva.

A questo punto lo stipendio netto si calcola sottraendo dal reddito imponibile l’imposta netta, e aggiungendo eventuali benefici come il trattamento integrativo (il cosiddetto ex bonus Renzi). Vanno poi conteggiate, se dovute, le addizionali regionali e comunali che variano a seconda della residenza del lavoratore.

Quanto si toglie di contributi dallo stipendio

Come anticipato, tra le voci che incidono maggiormente sulla differenza tra lordo e netto c’è la quota di contributi previdenziali a carico del lavoratore, una trattenuta obbligatoria che serve a finanziare la futura pensione e le prestazioni assistenziali sottratta direttamente in busta paga dal datore di lavoro, in qualità di sostituto d’imposta.

L’importo non è uguale per tutti, in quanto dipende dal settore in cui si lavora. Nel comparto privato il contributo ammonta al 9,19% della retribuzione lorda, mentre nel pubblico si ferma all’8,80%. In pratica, su ogni 1.000 euro lordi il dipendente del settore privato ne versa poco più di 91, mentre un lavoratore pubblico poco meno di 89.

A questa quota si aggiunge quella pagata dal datore di lavoro, molto più consistente: il 23,81% nel privato e il 24,20% nel pubblico. Mettendo insieme entrambe le parti si raggiunge così l’aliquota complessiva del 33% che caratterizza il lavoro subordinato in Italia.

Aliquote Irpef 2026

Anche nel 2026 l’Irpef resta l’imposta centrale nel calcolo dello stipendio netto, applicata sul reddito imponibile dopo la sottrazione dei contributi previdenziali. L’imposta è progressiva: significa che ogni aliquota si applica solo sulla parte di reddito che rientra nello scaglione corrispondente, e non sull’intero ammontare.

Gli scaglioni oggi in vigore, e per il momento confermati nel 2025, sono i seguenti:

  • 23% per i redditi fino a 28.000 euro;
  • 35% per i redditi compresi tra 28.000 e 50.000 euro;
  • 43% per i redditi oltre i 50.000 euro.

A questo sistema si affianca una minore detrazione da lavoro dipendente, pari a 260 euro annui, che riguarda i contribuenti con redditi superiori a 50.000 euro.
Il calcolo finale dell’imposta dipende poi dalle detrazioni spettanti (qui le regole aggiornate per quelle da lavoro dipendente) e dalle addizionali regionali e comunali, che possono variare sensibilmente in base alla residenza del contribuente. Per questo, pur partendo da aliquote uguali per tutti, l’Irpef effettivamente pagata può cambiare caso per caso.

Trattamento integrativo e nuove detrazioni da lavoro dipendente

Accanto al sistema delle aliquote Irpef, nel 2026 continuano ad avere un ruolo centrale i meccanismi di sostegno introdotti con la legge di Bilancio 2025 per aumentare il netto in busta paga dei lavoratori dipendenti. Il primo strumento è il trattamento integrativo esentasse destinato a chi percepisce un reddito non superiore a 20.000 euro. Non è prevista una soglia minima per accedervi e l’importo varia in percentuale sullo stipendio: il 7,1% per chi guadagna fino a 8.500 euro, il 5,3% per i redditi compresi tra 8.500 e 15.000 euro e il 4,8% per chi si colloca tra i 15.000 e i 20.000 euro.

Per i lavoratori con redditi compresi tra 20.000 e 32.000 euro, invece, è prevista una maggiorazione delle detrazioni da lavoro dipendente, pari a 1.000 euro l’anno. Significa che ogni mese la busta paga risulta alleggerita di circa 83 euro di imposte, con un beneficio diretto e immediato sul netto percepito.

C’è infine una maggiorazione parziale destinata a chi guadagna tra 32.000 e 40.000 euro, calcolata con una formula che riduce progressivamente l’importo fino ad azzerarlo al superamento della soglia dei 40.000. Ad esempio, un reddito di 35.000 euro dà diritto a circa 52 euro mensili di vantaggio, mentre con 38.000 euro il beneficio scende a poco più di 20 euro.

A tal proposito, qui trovate tutte le regole sullo sgravio fiscale, con maggiori dettagli sugli importi.

A queste misure si affianca il trattamento integrativo da 100 euro al mese, l’ex bonus Renzi, che resta confermato per i lavoratori con reddito imponibile annuo superiore a 8.145 euro e fino a 15.000 euro. Anche in questo caso l’importo, pari a 1.200 euro l’anno, non si applica alla tredicesima ma solo alle dodici mensilità ordinarie.

La variabile del taglio Irpef

Sullo stipendio netto del 2026 pesa l’incognita di un nuovo, possibile taglio dell’Irpef. Dopo la riforma del 2024 che ha ridotto gli scaglioni da quattro a tre, con l’aliquota al 23% estesa fino a 28.000 euro di reddito, l’attenzione del governo si è spostata sul secondo scaglione, quello tra 28.000 e 50.000 euro. Su questa fascia oggi si applica un’aliquota del 35%, ma l’ipotesi in discussione è di ridurla al 33% portando il limite a 60.000 euro.

Il vantaggio sarebbe immediato: tutti i contribuenti con redditi in questa fascia pagherebbero il 2% in meno sulla quota di reddito interessata. Per un lavoratore dipendente, un autonomo o un pensionato il risparmio massimo sarebbe di circa 640 euro l’anno, pari a poco meno di 50 euro al mese, con un beneficio distribuito in modo uniforme e facilmente calcolabile. Ecco una tabella con alcune cifre.

Reddito annuo lordo Reddito mensile lordo Importo tassato con l’aliquota del secondo scaglione Risparmio annuo con aliquota del 33% Risparmio mensile con aliquota del 33%
28.000 2.153,85 0 0,00 0,00
30.000 2.307,69 2.000 40,00 3,08
32.000 2.461,54 4.000 80,00 6,15
34.000 2.615,38 6.000 120,00 9,23
36.000 2.769,23 8.000 160,00 12,31
38.000 2.923,08 10.000 200,00 15,38
40.000 3.076,92 12.000 240,00 18,46
42.000 3.230,77 14.000 280,00 21,54
44.000 3.384,62 16.000 320,00 24,62
46.000 3.538,46 18.000 360,00 27,69
48.000 3.692,31 20.000 400,00 30,77
50.000 3.846,15 22.000 440,00 33,85
52.000 4.000,00 24.000 480,00 36,92
54.000 4.153,85 26.000 520,00 40,00
56.000 4.307,69 28.000 560,00 43,08
58.000 4.461,54 30.000 600,00 46,15
60.000 4.615,38 32.000 640,00 49,23

Tuttavia, al momento non ci sono certezze: l’intervento richiede risorse importanti, stimate in circa 5 miliardi di euro, e la sua realizzazione dipenderà dalla disponibilità di coperture nella prossima legge di Bilancio.

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