Bonus busta paga, nel 2026 ce ne saranno di nuovi

Simone Micocci

7 Ottobre 2025 - 18:00

Busta paga, nel 2026 arrivano gli aumenti grazie a questi bonus. Ecco cosa cambia e per chi.

Bonus busta paga, nel 2026 ce ne saranno di nuovi

Nel 2026 sono attesi nuovi bonus in busta paga. Il più rilevante - ancora in fase di definizione ma con buone probabilità di essere inserito nella prossima legge di Bilancio - riguarda un nuovo taglio dell’Irpef.

Nel dettaglio, per i redditi appartenenti al secondo scaglione, quindi compresi tra 28.000 e 50.000 euro annui, è previsto un taglio del 2% dell’imposta, con l’aliquota che passerebbe dal 35% al 33%.

Novità in arrivo anche per il bonus mamme, attualmente pari a 480 euro (per quanto non si possa ancora richiedere visto che manca la procedura sul sito dell’Inps).

Secondo quanto anticipato da fonti governative, nel 2026 l’importo dovrebbe essere incrementato, ampliando così la platea dei benefici e l’impatto economico della misura.

Da segnalare, inoltre, un effetto particolare legato alle festività non godute: nel 2026 due giornate di festa nazionale - Ognissanti e la nuova ricorrenza dedicata a San Francesco, patrono d’Italia - cadranno di domenica. Ciò significa che non garantiranno un giorno di riposo aggiuntivo, ma determineranno un leggero aumento in busta paga, poiché verrà riconosciuta una giornata lavorativa in più.

Alla luce di queste novità, il 2026 potrebbe dunque portare un piccolo ma significativo incremento degli stipendi, un segnale positivo in un contesto in cui il livello dei salari italiani resta tra i più bassi d’Europa.

Bonus in busta paga con il taglio Irpef

Nel 2026 il governo punta a introdurre un nuovo taglio dell’Irpef, una misura destinata a garantire un aumento in busta paga a milioni di lavoratori. L’obiettivo è alleggerire la pressione fiscale su chi percepisce un reddito fino a 50.000 euro annui, circa 13 milioni di contribuenti secondo le stime del viceministro all’Economia Maurizio Leo.

L’intervento si concentrerà sul secondo scaglione Irpef, quello che oggi riguarda i redditi compresi tra 28.000 e 50.000 euro, per i quali l’aliquota dovrebbe passare dal 35% al 33%. In pratica, la parte di reddito che eccede i 28.000 euro sarà tassata un po’ meno, determinando un risparmio proporzionale alla fascia di guadagno.

Nel dettaglio, chi si trova appena sopra la soglia dei 28.000 euro noterà una differenza minima, ma il vantaggio crescerà man mano che aumenta il reddito. Per esempio, un contribuente con 40.000 euro di reddito annuo risparmierebbe circa 240 euro l’anno, mentre chi arriva ai 50.000 euro otterrebbe un beneficio di circa 440 euro, equivalenti a poco più di 30 euro al mese.

Il sistema Irpef, infatti, è progressivo, e ogni fascia di reddito viene tassata con la propria aliquota. A tal proposito, ricordiamo che dopo la riforma del 2024 gli scaglioni sono attualmente tre: 23% fino a 28.000 euro, 35% (che scenderebbe al 33%) tra 28.001 e 50.000 euro e 43% oltre questa soglia.

C’è anche l’ipotesi di estendere la soglia del secondo scaglione fino a 60.000 euro. In tal caso, anche chi guadagna tra 50.000 e 60.000 euro potrebbe beneficiare del taglio, con un risparmio massimo che arriverebbe a circa 640 euro annui. Tuttavia, si tratta di un’ipotesi costosa e difficilmente sostenibile, almeno senza ulteriori risorse da destinare alla misura.

Bonus mamme confermato e potenziato

Tra le misure a sostegno della natalità e della genitorialità promosse dal governo Meloni, il bonus mamme lavoratrici rappresenta una delle iniziative più rilevanti e simboliche. Dopo il primo avvio nel 2025, la misura è stata confermata e potenziata per il 2026, come anticipato nel Documento programmatico di finanza pubblica approvato dal Consiglio dei ministri.

L’obiettivo è duplice: da un lato favorire la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, dall’altro incentivare la natalità, in un contesto demografico che continua a mostrare segnali allarmanti. Basti pensare che, secondo i dati Ocse, tra il 2013 e il 2023 in Italia il numero dei bambini tra 0 e 4 anni è diminuito del 25%, e si prevede un ulteriore calo del 3% nel prossimo decennio.

Il bonus si traduce in un’integrazione al reddito mensile di 40 euro per ogni mese lavorato, destinata alle madri con almeno due figli, fino al compimento del 10° anno di età del più piccolo. In termini pratici, per chi lavora tutto l’anno, significa ricevere 480 euro complessivi, erogati in un’unica soluzione a fine anno dall’Inps. Si tratta di un contributo esente da imposte e contributi, che non concorre quindi alla formazione del reddito. Il reddito da lavoro, però, non deve superare i 40.000 euro.

Per le madri con tre o più figli, la soglia anagrafica si estende fino al compimento dei 18 anni del figlio più piccolo. La misura non è però cumulabile con l’esonero contributivo fino a 3.000 euro l’anno per le lavoratrici dipendenti con contratto a tempo indeterminato, misura che sarà valida fino al 2026.

La buona notizia è che questo bonus, oltre a essere confermato nel 2026, dovrebbe anche essere potenziato: il che significa che l’importo potrebbe essere maggiore, come pure non è da escludere un incremento della platea delle beneficiarie.

Bonus in busta paga per le festività non godute

Nel 2026 i lavoratori italiani dovranno fare i conti con due festività nazionali che - purtroppo - cadranno di domenica: il 1° novembre (Ognissanti) e il 4 ottobre, nuova festa nazionale dedicata a San Francesco d’Assisi, patrono d’Italia.

Questo significa che non ci sarà un giorno di riposo aggiuntivo, ma le due giornate saranno considerate a tutti gli effetti festività non godute, dando diritto a un bonus in busta paga sotto forma di retribuzione aggiuntiva.

La normativa di riferimento è la legge n. 260 del 27 maggio 1949, che all’articolo 5 stabilisce che, “qualora la festività ricorra nel giorno di domenica, spetterà ai lavoratori, oltre la normale retribuzione globale di fatto giornaliera, anche una ulteriore retribuzione corrispondente all’aliquota giornaliera”. Di fatto, il dipendente riceve comunque il pagamento per la giornata festiva, anche se coincide con la domenica.

In pratica, chi percepisce una retribuzione mensile si vedrà riconosciuto in busta paga 1/26 dello stipendio in più per ciascuna festività non goduta. Ciò equivale, per esempio, a circa 92 euro lordi aggiuntivi per chi ha uno stipendio di 2.400 euro mensili. Chi è retribuito a ore, invece, riceverà una maggiorazione corrispondente a 1/6 dell’orario settimanale, calcolata sulla normale paga oraria.

Tanto a ottobre, quanto a novembre 2026, quindi, in busta paga ci sarà una giornata di lavoro pagata in più, anche se di fatto non è stata svolta alcuna attività.

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