La legge di Bilancio rivede le aliquote Irpef per il secondo scaglione. Vantaggi fino a 440 euro netti sullo stipendio.
In queste ore si è tornati a parlare con insistenza del taglio dell’Irpef, una delle misure più attese e ora confermate nella legge di Bilancio 2026. Il testo approvato dal governo, e già bollinato, chiarisce infatti che il taglio dell’aliquota si applicherà solo ai redditi fino a 50.000 euro, senza alcuna estensione fino a 60.000 come era stato invece ipotizzato nelle settimane precedenti.
L’intervento, che coinvolge oltre 13 milioni di contribuenti, rende strutturale un’ulteriore riduzione dell’aliquota sul secondo scaglione Irpef, portandola dal 35% al 33% per la parte di reddito compresa tra 28.000 e 50.000 euro. Un beneficio che interesserà soprattutto i lavoratori dipendenti e i pensionati della fascia media, con un risparmio massimo di circa 440 euro l’anno.
La manovra stabilisce inoltre che l’agevolazione sarà valida fino a 200.000 euro di reddito complessivo, mentre per chi supera questa soglia è prevista una riduzione delle detrazioni da lavoro dipendente di 440 euro, così da neutralizzare l’effetto della minore Irpef.
Come spesso accade in materia fiscale, resta però la curiosità di capire quanti soldi in più finiranno effettivamente in busta paga o nella pensione dei contribuenti interessati. Scopriamolo.
Come funziona il taglio dell’Irpef
Capiamo la complessità, specialmente per chi non ha dimestichezza con questi temi, di comprendere come funziona il sistema di tassazione sui redditi e per questo motivo cercheremo di semplificare il più possibile le regole attuali del calcolo dell’Irpef e quali saranno le conseguenze del taglio confermato dal governo nella legge di Bilancio 2026.
Nel dettaglio, il nostro sistema è progressivo: ciò significa che non si applica una percentuale unica sull’intero reddito, poiché questo viene suddiviso in fasce, ognuna con la propria aliquota.
Dopo la riforma del 2024 gli scaglioni sono stati ridotti a tre. Nel dettaglio, fino a 28.000 euro si paga il 23%, mentre sulla parte che va da 28.001 a 50.000 euro l’aliquota scende dal 35% al 33%. Oltre i 50.000 euro si applica invece il 43%.
Alcuni esempi possono aiutare a capire chi è ancora in confusione.
Chi ha un reddito di 25.000 euro paga sempre il 23%, perché resta interamente nel primo scaglione. Se invece il reddito è di 40.000 euro, i primi 28.000 euro restano tassati al 23% mentre i restanti 12.000 passano al 33%. Ancora diverso il caso di chi guadagna 55.000 euro: in questo caso si applica il 23% fino a 28.000 euro, il 33% da 28.001 a 50.000 e infine il 43% sui 5.000 euro eccedenti.
Cosa cambia con il taglio dell’Irpef 2026
Ora che abbiamo visto come funziona oggi il sistema, possiamo capire meglio quali saranno gli effetti del taglio Irpef confermato nella manovra 2026.
L’idea del governo è semplice: ridurre dal 35% al 33% la tassazione sulla parte di reddito che va dai 28.000 ai 50.000 euro. Si tratta quindi di un vantaggio riservato a chi supera i 28.000 euro di reddito annuo, perché solo oltre quella soglia si entra nel secondo scaglione.
Il risparmio, e quindi il guadagno per il contribuente, sarà proporzionale alla distanza da questa cifra: chi guadagna poco sopra i 28.000 euro noterà appena la differenza, mentre chi si avvicina ai 50.000 euro avrà un beneficio più evidente.
Per fare un esempio, con un reddito di 30.000 euro la riduzione si applicherà soltanto a 2.000 euro, garantendo un vantaggio di circa 40 euro in un anno. Con 40.000 euro, invece, lo sconto salirà a circa 240 euro. Il risparmio massimo si otterrà con 50.000 euro di reddito, pari a poco più di 440 euro annui, che tradotti significano poco meno di 34 euro in più ogni mese.
A tal proposito, ecco una tabella con gli importi completi a seconda del reddito percepito:
Reddito annuo lordo | Reddito mensile lordo | Importo tassato con l’aliquota del secondo scaglione | Risparmio annuo con aliquota del 33% | Risparmio mensile con aliquota del 33% |
---|---|---|---|---|
28.000 | 2.153,85 | 0 | 0,00 | 0,00 |
30.000 | 2.307,69 | 2.000 | 40,00 | 3,08 |
32.000 | 2.461,54 | 4.000 | 80,00 | 6,15 |
34.000 | 2.615,38 | 6.000 | 120,00 | 9,23 |
36.000 | 2.769,23 | 8.000 | 160,00 | 12,31 |
38.000 | 2.923,08 | 10.000 | 200,00 | 15,38 |
40.000 | 3.076,92 | 12.000 | 240,00 | 18,46 |
42.000 | 3.230,77 | 14.000 | 280,00 | 21,54 |
44.000 | 3.384,62 | 16.000 | 320,00 | 24,62 |
46.000 | 3.538,46 | 18.000 | 360,00 | 27,69 |
48.000 | 3.692,31 | 20.000 | 400,00 | 30,77 |
50.000 | 3.846,15 | 22.000 | 440,00 | 33,85 |
Attenzione però. Il taglio Irpef si applica fino a 200.000 euro. Sopra questa soglia, infatti, si applica una minore detrazione da lavoro dipendente pari esattamente a 440 euro, sterilizzando così gli effetti della riforma fiscale per i redditi più alti.
Taglio Irpef, rinnovi di contratto e salario accessorio
Accanto al taglio delle aliquote, la legge di Bilancio 2026 introduce una serie di misure fiscali complementari pensate per aumentare il reddito netto dei lavoratori, in particolare nel settore privato. L’Irpef, invece, viene tagliata anche su altre voci stipendiali.
La prima riguarda i rinnovi dei contratti collettivi: per il 2026, gli aumenti stipendiali derivanti da accordi firmati nel 2025 o nel 2026 saranno tassati con una imposta sostitutiva del 5%, al posto dell’Irpef ordinaria e delle relative addizionali.
L’agevolazione, riservata ai lavoratori dipendenti del settore privato con reddito fino a 28.000 euro, consente di trattenere fino al 18% in più dell’aumento lordo, lasciando invariati i contributi previdenziali.
Prevista anche la detassazione per il lavoro straordinario e per le maggiorazioni notturne e festive, con una tassazione agevolata al 15% fino a un massimo di 1.500 euro lordi all’anno. La misura è destinata ai dipendenti privati con reddito fino a 40.000 euro e verrà applicata direttamente dal datore di lavoro.
Un regime analogo è previsto per il settore pubblico, ma in forma più contenuta: il trattamento economico accessorio (indennità, maggiorazioni e compensi per straordinari) sarà assoggettato a un’imposta sostitutiva del 15% entro un tetto massimo di 800 euro lordi annui, a condizione che il reddito complessivo non superi i 50.000 euro.
Infine, viene confermata anche per il 2026 la detassazione al 15% delle somme percepite dal personale del Servizio sanitario nazionale per turni aggiuntivi e attività straordinarie, con l’obiettivo di sostenere un comparto ancora sotto pressione e di incentivare la disponibilità a prestazioni extra.
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