Legge di Bilancio 2026, le prime anticipazioni sul testo della manovra

Simone Micocci

19 Agosto 2025 - 13:12

Legge di Bilancio 2026, quali sono gli obiettivi del governo? Le misure sono piuttosto chiare, ma resta il nodo risorse. Ecco cosa aspettarsi sulla prossima manovra.

Legge di Bilancio 2026, le prime anticipazioni sul testo della manovra

Al rientro dalle vacanze il governo dovrà iniziare i lavori sul testo della legge di Bilancio 2026, ma non prima di aver fatto chiarezza sulle risorse con l’approvazione della nota di aggiornamento al Documento di finanza pubblica per la quale c’è tempo fino a settembre. Già nelle prime settimane di ottobre, quindi, verrà fatta chiarezza sulla nuova legge di Bilancio che a quel punto inizierà l’iter in Parlamento per la conversione definitiva che dovrà arrivare entro la fine dell’anno.

Non siamo quindi lontani dalla definizione della manovra finanziaria, per quanto già oggi sono chiari alcuni degli obiettivi che il governo conta di raggiungere con la legge di Bilancio per il 2026. Il problema però è il solito: le (poche) risorse a disposizione.

Se da una parte gli obiettivi sono ambiziosi - dal garantire flessibilità alle pensioni al ridurre le imposte sui redditi - dall’altra il governo deve fare i conti con una situazione economica ancora incerta, complice specialmente le notizie di instabilità sul piano internazionale a cui si sono aggiunti i nuovi dazi voluti da Trump. Ancora una volta, quindi, il governo dovrà fare la conta degli obiettivi, concentrandosi su quelli più urgenti.

Ecco perché dell’elenco delle misure che potremmo trovare in legge di Bilancio 2026, che trovate di seguito, bisognerà fare una scrematura, a meno che non si trovi la quadra e riuscendo a raggiungere tutti gli obiettivi. Molto complicato, ma non impossibile: ecco perché per il momento riportiamo la lista completa di quelle che sono le priorità del governo per la prossima manovra nell’attesa di saperne di più a riguardo.

Taglio Irpef per il ceto medio

Il cuore della prossima manovra sarà il capitolo fiscale, con l’obiettivo dichiarato di alleggerire il carico sul ceto medio.

Dopo l’accorpamento dei primi due scaglioni realizzato nel 2024, il governo intende ora intervenire sul secondo, quello che interessa i redditi compresi tra i 28.000 e i 50.000 euro, con la possibilità di estenderlo fino a 60.000 euro e riducendo l’aliquota dal 35% al 33%.

Si tratta di una misura che, nelle intenzioni dell’esecutivo, punta a riequilibrare la pressione fiscale su quella fascia di contribuenti che rappresenta l’ossatura dell’economia italiana ma che, negli ultimi anni, ha visto crescere il peso del Fisco senza benefici particolari.

Il beneficio atteso per chi rientra nella fascia interessata è di circa 440 euro l’anno (o 660 euro nel caso di innalzamento a 60.000 euro), un sollievo che potrebbe incidere sui consumi delle famiglie.

Il rovescio della medaglia riguarda però i conti pubblici: un intervento di questo tipo comporta minori entrate stimate in circa 4 miliardi di euro, una cifra che il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha già definito sostenibile solo se accompagnata da coperture certe. Proprio per questo la misura è ancora oggetto di valutazioni, e sarà il vero banco di prova della credibilità della manovra davanti ai mercati e a Bruxelles.

Rottamazione quinquies delle cartelle

Accanto al taglio dell’Irpef, sul tavolo c’è anche la nuova “rottamazione quinquies” delle cartelle esattoriali, misura spinta soprattutto dalla Lega e sostenuta dal viceministro dell’Economia Maurizio Leo. L’obiettivo è affrontare il problema di un “magazzino” di debiti che ha ormai superato i 1.300 miliardi di euro, distinguendo tra cartelle effettivamente esigibili e quelle che, di fatto, non potranno mai essere recuperate.

L’ipotesi è quella di una sanatoria limitata, che non sia generalizzata come in passato: si valuta infatti di riservarla a determinate categorie di contribuenti, magari affiancando al meccanismo principale un saldo e stralcio parziale per i debiti di importo minore. Una strada che servirebbe sia a fare cassa nell’immediato, riducendo il contenzioso, sia a “pulire” i registri di crediti ormai inesigibili.

Anche questa misura, però, non è priva di rischi: da un lato richiede coperture certe, dall’altro rischia di dare un segnale controverso ai contribuenti regolari. Ecco perché l’eventuale rottamazione quinquies sarà probabilmente accompagnata da paletti più rigidi per i cosiddetti “debitori seriali”, così da evitare che il beneficio finisca per premiare chi ha sistematicamente eluso i propri doveri fiscali.

Pensioni e flessibilità in uscita

Il capitolo previdenziale resta uno dei più sensibili della Legge di Bilancio 2026.

La prima urgenza riguarda l’aumento automatico dell’età pensionabile previsto dalla Legge Fornero: dal 2027, infatti, la soglia di accesso per la pensione di vecchiaia dovrebbe salire da 67 a 67 anni e 3 mesi per effetto dell’adeguamento alla speranza di vita Istat.

Una prospettiva che il governo intende evitare, con la cosiddetta “sterilizzazione” della norma. Il costo stimato è di almeno 300 milioni di euro all’anno, anche se alcune proiezioni parlano di cifre superiori. Il ministro dell’Economia Giorgetti ha confermato l’impegno a bloccare l’aumento, ma non è escluso che il provvedimento arrivi anche con un veicolo normativo diverso dalla manovra.

Oltre a questo, la Lega spinge per introdurre una maggiore flessibilità in uscita, portando a regime la pensione anticipata a 64 anni. Attualmente riservata a chi rientra nel sistema contributivo puro, l’idea è di estenderla anche ai lavoratori nel sistema misto, ma sempre con il calcolo interamente contributivo dell’assegno. Per garantire l’accesso a chi non raggiunge i requisiti di importo, si ipotizza inoltre di permettere l’utilizzo del Tfr e dei capitali accumulati nei fondi pensione complementari, come già avvenuto nei confronti dei contributivi puri.

Infine, si ragiona su una revisione di Opzione donna, che negli ultimi anni ha visto ridursi la platea di beneficiarie. Restano invece tramontate le ipotesi più onerose, come la Quota 41 per tutti (anche quella flessibile) o la proroga di Quota 103, considerate ormai incompatibili con la tenuta dei conti pubblici.

Il nodo delle risorse

Se da un lato le priorità politiche del governo sono chiare, dall’altro resta il nodo cruciale delle coperture. Bisogna ricordare, infatti, come la Ragioneria generale dello Stato, con la circolare n.14 del 15 maggio scorso, ha richiamato tutte le amministrazioni a una gestione rigorosa e responsabile dei conti pubblici: ogni nuova spesa dovrà essere compensata da una corrispondente riduzione su altre voci di bilancio già esistenti. In altre parole, non sarà possibile introdurre nuove misure senza individuare contestualmente tagli o risparmi equivalenti.

Il messaggio è chiaro: la prossima manovra non potrà basarsi su maggiore indebitamento, ma dovrà muoversi dentro margini molto ristretti. Non solo. Le previsioni dovranno guardare oltre il triennio 2026-2028, spingendosi fino al 2032, in coerenza con le nuove regole di governance economica europea che, ribadiamo, non si limitano più al saldo di bilancio, ma che fissano un vincolo sull’andamento della spesa netta primaria, inserita in un piano strutturale di medio termine.

Per il governo questo significa che ogni scelta dovrà dimostrare sostenibilità non solo nell’immediato, ma anche nel medio-lungo periodo.

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