Nel 2026 potrebbe essere confermata la possibilità di andare in pensione a 62 anni. Ma non più con Quota 103, che verrebbe sostituita da una Quota 41 flessibile
Si intensificano le discussioni sulla futura riforma delle pensioni, destinata a diventare uno dei temi centrali della legge di Bilancio 2026. Il governo, infatti, dovrà presto sciogliere diversi nodi cruciali: da un lato l’ipotesi di un aumento dell’età pensionabile previsto dal 2027, dall’altro la ricerca di nuove soluzioni per garantire maggiore flessibilità in uscita dal mondo del lavoro.
È proprio in questo contesto che prende forma la proposta di una nuova misura: la Quota 41 flessibile, che potrebbe consentire a molti lavoratori di accedere alla pensione già a 62 anni. Una soglia che rappresenterebbe una svolta importante, soprattutto considerando che nel 2026 potrebbero non essere più confermate opzioni come la Quota 103 o la stessa Opzione Donna.
L’idea della Quota 41 non è nuova: la Lega la sostiene da anni come strumento per consentire a tutti di andare in pensione dopo 41 anni di contributi, a prescindere dall’età anagrafica. Tuttavia, il costo elevato, stimato tra i 4 e i 5 miliardi di euro l’anno, rende difficile estendere questo diritto a tutti senza introdurre correttivi. Da qui nasce il concetto di Quota 41 flessibile, pensata per rendere più sostenibile la misura, introducendo vincoli, soglie di età e possibili penalizzazioni sull’assegno pensionistico.
Tra le novità più rilevanti, infatti, si parla dell’eliminazione del ricalcolo contributivo integrale, che ha penalizzato fortemente la platea di Quota 103, sostituito da una penalizzazione più contenuta, pari al 2% per ogni anno di anticipo, e da soglie Isee che potrebbero esentare dal taglio chi percepisce redditi più bassi.
Insomma, Quota 41 flessibile punta a bilanciare il diritto alla pensione anticipata con la sostenibilità dei conti pubblici, cercando di ampliare la platea dei beneficiari pur evitando costi insostenibili per lo Stato.
Vediamo dunque nel dettaglio come funzionerebbe questa nuova misura e quali lavoratori potrebbero beneficiarne a partire dal 2026.
Pensioni, i requisiti per Quota 41 ma “flessibile”
Oggi Quota 41 è riservata solamente ad alcune persone: disoccupati di lungo periodo, invalidi (con percentuale almeno del 74%), caregiver e addetti a mansioni usuranti o gravose. A loro viene data la possibilità di smettere di lavorare qualche mese, o anno, prima rispetto al raggiungimento dei requisiti per la pensione anticipata.
Sono sufficienti, infatti, 41 anni di contributi a patto che un contributo settimanale risulti versato entro il 31 dicembre 1995, quindi prima dell’entrata in vigore del sistema contributivo.
L’intenzione è da sempre quella di estendere a ogni lavoratore la possibilità di andare in pensione con Quota 41, il che tuttavia - come ampiamente anticipato - si scontra con la necessità di garantire sostenibilità al sistema previdenziale.
Ecco perché nel progetto di estensione di Quota 41 depositato dalla Lega nella scorsa legislatura era previsto un ricalcolo contributivo dell’assegno per coloro che avrebbero fatto ricorso a questa misura. Tuttavia, come abbiamo avuto modo di riscontrare con Quota 103, il ricalcolo contributivo rappresenta un disincentivo troppo forte capace di ridurre notevolmente la platea dei potenziali beneficiari.
Ecco perché l’alternativa potrebbe essere rappresentata da Quota 41 flessibile, dove il diritto ad andare in pensione in anticipo verrebbe esteso anche ai contributivi puri. Ma attenzione però: solo chi rientra nelle categorie che già oggi sono autorizzate ad accedere alla pensione con 41 anni di contributi il diritto a Quota 41 si acquisisce indipendentemente dall’età anagrafica. Altrimenti bisognerà aver compiuto i 62 anni di età come oggi previsto per Quota 103.
Le differenze nella penalizzazione
Ma a questo punto è lecito chiedersi: qual è la differenza tra l’attuale Quota 103 e Quota 41 flessibile per coloro che non appartengono ai profili che necessitano di una maggior tutela? Bisogna guardare alla penalizzazione in uscita, visto che sparisce il ricalcolo contributivo dell’assegno che è stato tra le ragioni del fallimento della misura.
Al suo posto ci sarebbe una penalizzazione in uscita per ogni anno di anticipo, una riduzione che secondo le prime indiscrezioni dovrebbe essere del 2%. Ma attenzione, perché allo stesso tempo ci sarebbe una condizione per evitare il taglio dell’assegno, il che rappresenterebbe una vera e propria novità per l’attuale sistema pensionistico.
Per la prima volta, infatti, si guarderebbe all’Isee. Secondo le prime anticipazioni su Quota 41 flessibile, infatti, il taglio del 2% non verrebbe applicato nei confronti di coloro che hanno un Isee inferiore a 35.000 euro.
Ovviamente ricordiamo che per il momento non c’è nulla di definito: siamo nelle fasi iniziali delle discussioni per la prossima riforma delle pensioni e immaginiamo che usciranno tante altre alternative valide a garantire maggiore flessibilità nel corso dei prossimi mesi.
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