Pensione anticipata e senza penalizzazioni per chi ha un Isee più basso di 35.000 euro. Il governo si prepara a una svolta.
Chi ha un Isee sotto i 35.000 euro potrebbe presto accedere alla pensione fino a 5 anni prima rispetto all’età per la pensione di vecchiaia regolamentata dalla riforma Fornero, e soprattutto senza subire tagli all’assegno. È questa una delle novità più interessanti che emergono dalle ipotesi allo studio per la riforma delle pensioni per il 2026, tra gli obiettivi a cui il governo sta iniziando a lavorare in vista della prossima legge di Bilancio.
Nel dettaglio, l’Esecutivo guidato da Giorgia Meloni sta valutando una nuova misura, che per il momento viene chiamata “Quota 41 flessibile” con riferimento alla forma di pensionamento anticipato che oggi è riservata solamente ad alcune categorie di lavoratori precoci, che permetterebbe il collocamento in quiescenza a 62 anni con almeno 41 anni di contributi. Una sorta di rivisitazione di Quota 103 che a causa dello scarso successo avuto tra i lavoratori non dovrebbe essere confermata.
Una via d’uscita anticipata che non solo renderebbe più semplice lasciare il lavoro, ma che andrebbe a tutelare i redditi più bassi, prevedendo l’esonero dalla penalizzazione del 2% l’anno per chi ha un Isee sotto la soglia stabilita.
L’obiettivo? Conciliare equità e sostenibilità: ampliare l’accesso alla pensione anticipata, ma con criteri più attenti alle condizioni economiche dei lavoratori.
Cos’è Quota 41 flessibile
Quota 41 flessibile è una nuova ipotesi di pensionamento anticipato che potrebbe entrare in vigore a partire dal 2026. La proposta, attualmente al vaglio del Governo, si inserisce nel più ampio dibattito sulla riforma del sistema previdenziale italiano e punta a introdurre una maggiore flessibilità in uscita, con particolare attenzione ai lavoratori con carriere lunghe ma redditi medio-bassi.
Secondo le anticipazioni, la misura consentirebbe a ogni lavoratore di andare in pensione a 62 anni di età, con uno “sconto” quindi di 5 anni rispetto all’attuale pensione di vecchiaia, con almeno 41 anni di contributi.
Per quanto il nome rimandi a Quota 41 oggi in vigore, ci troviamo quindi di fronte a una misura completamente differente. Oggi, infatti, Quota 41 è riservata esclusivamente ai lavoratori precoci (ossia chi ha maturato almeno 12 mesi di contributi prima del compimento dei 19 anni di età) e appartiene a categorie ristrette come disoccupati, invalidi civili, caregiver e addetti a mansioni gravose.
Questa, inoltre, prevede l’uscita indipendentemente dall’età anagrafica, mentre nel nuovo schema la soglia dei 62 anni diventerebbe una condizione generale per poter accedere alla misura.
Buone notizie per chi ha un Isee sotto i 35.000 euro
L’aspetto più innovativo di Quota 41 flessibile riguarda il meccanismo di penalizzazione dell’assegno pensionistico. A differenza di Quota 103 (che non dovrebbe essere confermata), dove si applica un ricalcolo interamente contributivo che può comportare tagli significativi all’importo della pensione, la nuova proposta prevede una riduzione fissa pari al 2% per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 anni previsti dalla legge Fornero. Ciò significa, ad esempio, che chi sceglie di uscire a 62 anni vedrà applicata una decurtazione del 10% sulla pensione mensile.
Tuttavia, è previsto un importante correttivo: chi ha un Isee inferiore a 35.000 euro potrebbe essere completamente esentato da questa penalizzazione. Si tratterebbe di una svolta nel panorama previdenziale italiano, dove finora il reddito familiare non ha mai influito direttamente sull’importo della pensione anticipata.
L’impatto sui conti pubblici
L’estensione di Quota 41 a una platea più ampia di lavoratori comporterebbe costi significativi per lo Stato, motivo per cui l’ipotesi della cosiddetta Quota 41 flessibile nasce proprio come soluzione di compromesso.
La versione originaria di “Quota 41 per tutti”, senza limiti anagrafici e senza penalizzazioni, avrebbe un costo stimato tra 4 e 5 miliardi di euro l’anno, giudicato insostenibile per le finanze pubbliche. Per questo, la nuova proposta prevede paletti precisi, come l’età minima di 62 anni, una penalizzazione del 2% per ogni anno di anticipo, ed eventualmente un’esenzione dal taglio per chi ha un Isee sotto i 35.000 euro, così da concentrare le risorse sui redditi più bassi.
D’altronde, negli ultimi anni, il governo Meloni ha cercato di contenere la spesa previdenziale irrigidendo i requisiti di accesso di alcune opzioni di flessibilità. Misure come Quota 103, Opzione Donna e Ape Sociale sono state ristrette, contribuendo all’innalzamento dell’età media di pensionamento, salita a 64,8 anni nel 2024 secondo l’ultimo Osservatorio Inps.
In questo contesto, Quota 41 flessibile punta a bilanciare equità sociale e sostenibilità economica, offrendo un’uscita anticipata più accessibile ma a un costo sostenibile.
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