Addio pensioni a 62 anni con la legge di Bilancio. Ecco come cambierà l’età media effettiva di pensionamento.
È vero che oggi in Italia l’età pensionabile di vecchiaia è pari a 67 anni, tuttavia ci sono diverse misure che consentono di andarci con qualche anno di anticipo.
Ad esempio, anche se nel 2025 sono pochi i lavoratori e le lavoratrici che ne hanno usufruito, ci sono ancora Opzione Donna e Quota 103, come pure la pensione anticipata grazie alla quale si può smettere di lavorare indipendentemente dall’età anagrafica (è sufficiente, infatti, aver raggiunto 42 anni e 10 mesi di contribuzione, un anno in meno nel caso delle donne).
A breve però, le possibilità di andare in pensione in anticipo - ad esempio a 62 anni - saranno molto più limitate rispetto a oggi: in legge di Bilancio 2026, infatti, ci sono una serie di misure che vanno a limitare la possibilità di smettere di lavorare con largo anticipo. Che sia arrivato il momento di dire addio alla pensione a 62 anni?
Come si va in pensione a 62 anni oggi
Oggi per andare in pensione a 62 anni di età ci sono diverse possibilità. Partendo da Quota 103, misura che consente di smettere con largo anticipo a coloro che hanno maturato almeno 41 anni di contributi. Tuttavia, Quota 103 pur consentendo di smettere di lavorare a 62 anni prevede un paletto che ne limita l’accesso su base volontaria: chi vi ricorre, infatti, deve mettere in conto una penalizzazione in uscita che va a incidere sull’assegno. Questo perché l’intero importo di pensione viene calcolato con il sistema contributivo, anche per la parte che ricade nel retributivo: una regola che va a penalizzare il lavoratore, tanto da disincentivare l’accesso a Quota 103.
Ed è per questo che tanto nel 2024 quanto nel 2025 il numero di persone che hanno fatto ricorso a questa alternativa alle regole imposte dalla Fornero si è sensibilmente ridotto rispetto al 2023, quando Quota 103 non prevedeva alcuna penalizzazione.
Prevede un ricalcolo interamente contributivo dell’assegno anche Opzione Donna. Questa, riservata alle lavoratrici che maturano almeno 35 anni di contributi, ha subito una profonda trasformazione negli ultimi anni, tanto da aver circoscritto la platea a poche migliaia di persone.
Oggi Opzione Donna si matura a 61 anni di età, con una finestra mobile di 12 mesi che porta, di fatto, il pensionamento all’età di 62 anni. È tuttavia riservata a un numero limitato di lavoratrici: a seguito delle modifiche apportate dal governo Meloni, infatti, possono accedervi solo le lavoratrici con invalidità (almeno al 74%), caregiver oppure licenziate - o in procinto di - da grandi aziende.
Inoltre, il 90% di coloro che accede alla pensione anticipata lo fa prima dei 62 anni. Questa misura, infatti, consente di smettere di lavorare indipendentemente dall’età anagrafica, basta aver maturato 42 anni e 10 mesi di contributi nel caso degli uomini, 41 anni e 10 mesi per le donne. Ancora più basso - pari a 41 anni - il requisito contributivo per i lavoratori precoci (Quota 41), ossia per chi matura 12 mesi di contributi prima del compimento dei 19 anni (con almeno una settimana versata entro il 31 dicembre 1995), che rientrano in uno dei profili che necessita di una maggior tutela: disoccupati, invalidi, caregiver e addetti a mansioni usuranti e gravose.
E ancora, per quanto non sia esattamente a 62 anni, abbiamo Quota 97,6, riservata ai lavoratori gravosi. Questa consente di andare in pensione quando età anagrafica e contributi danno come risultato 97,6 appunto, ma con un minimo di 61 anni e 7 mesi di età e almeno 35 anni di contributi. Di fatto, le combinazioni possibili sono:
- a 62 anni e 6 mesi di età con 35 anni di contributi;
- a 61 anni e 7 mesi di età con 35 anni e 11 mesi di contributi.
Queste, di fatto, sono le opzioni che oggi consentono di andare in pensione a 62 anni nel 2025. Ma le regole stanno per cambiare.
Addio alla pensione a 62 anni?
La legge di Bilancio mette fine alla possibilità, già nel 2026, di andare in pensione a 62 anni ricorrendo a Quota 103 e ad Opzione Donna. Le due misure, in scadenza il 31 dicembre 1995, non vengono infatti prorogate dal governo che tra l’altro non prevede neppure un’alternativa alle stesse.
Una decisione che di fatto limiterà ulteriormente la possibilità di andare in pensione in anticipo, comportando un innalzamento dell’età media effettiva di pensionamento in Italia (che nel 2024, come certificato dall’Inps, è stata pari a 64,8 anni di età).
E ancora peggio andrà nel 2027, quando cambiano anche i requisiti per la pensione anticipata. Bisognerà lavorare un mese in più per smettere di farlo indipendentemente dall’età anagrafica, mentre nel 2028 ne serviranno persino 43 anni e 1 mese (42 anni e 1 mese nel caso delle donne). La variazione, eccetto che per lavoratori gravosi e usuranti, riguarderà anche Quota 41, che quindi per disoccupati, invalidi e caregiver salirà a 41,3 mesi.
Nessuna variazione, invece, per Quota 97,6.
Già nel 2026, ma è nel 2028 che si arriverà al massimo compimento, l’età pensionabile effettiva cambierà. Difficile che in Italia si vada - in media - in pensione a 64,8 anni di età: molto probabile che alla luce degli ultimi provvedimenti l’accesso generalizzato sarà di qualche mese oltre i 65 anni.
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