Pensioni, addio ai 67 anni in Italia. Ecco quando ci vai davvero con la Fornero

Simone Micocci

2 Ottobre 2025 - 09:28

A quanti anni si va davvero in pensione in Italia? Risponde l’Inps, smentendo la voce per cui 67 anni sia la soglia minima richiesta.

Pensioni, addio ai 67 anni in Italia. Ecco quando ci vai davvero con la Fornero

L’ultimo report dell’Inps sulle pensioni in Italia conferma che da noi l’età media effettiva di pensionamento è più bassa rispetto a quanto pensiamo.

Siamo soliti sostenere, infatti, che in Italia si vada in pensione a 67 anni, ma non è corretto. Questa, infatti, è semplicemente l’età minima richiesta per l’accesso alla pensione di vecchiaia (con 20 anni di contributi) che di fatto rappresenta l’opzione più utilizzata da chi intende uscire dal mercato del lavoro. Sempre a 67 anni viene presa come data limite per il riconoscimento dell’Assegno sociale, considerandola quindi come l’età in cui convenzionalmente si esce dal mercato del lavoro.

Ma non è l’unica, visto che la stessa legge Fornero - che ancora oggi regola la maggior parte dei pensionamenti in Italia - ha previsto delle misure di flessibilità che consentono di anticipare il collocamento in quiescenza di qualche anno.

Per questo motivo se andiamo a considerare tutti i pensionamenti avvenuti lo scorso anno e si fa una media, ne risulta che la domanda su a quanti anni si va in pensione in Italia presenta una risposta diversa da quella attesa.

Va detto però che l’ultimo Osservatorio Inps ci dice che nel 2024 l’età media pensionabile è aumentata, per quanto comunque siamo sempre sotto i 67 anni. La ragione sta nel fatto che Quota 103 - una delle misure di flessibilità pensate dal governo per favorire l’uscita dal mercato del lavoro per alcuni lavoratori - tra il 2023 e il 2024 ha subito un cambiamento importante: rispetto al primo anno di attuazione, infatti, adesso per accedere a Quota 103 bisogna accettare che l’assegno venga ricalcolato integralmente con il sistema contributivo, il che ha comportato una penalizzazione in uscita che ha disincentivato molte persone dall’accedervi.

Di fatto, per merito della convergenza tra le varie misure di pensionamento, oggi in Italia si va in pensione poco prima dei 65 anni. E se confrontiamo questi dati con il resto d’Europa, scopriamo che la differenza non è così marcata: in Francia l’età minima è 62 anni (che saliranno a 64 entro il 2030 con la riforma Macron), in Svezia bastano 61 anni (ma anche qui si prevede un innalzamento a 64), mentre in Belgio si va in pensione a 66 anni, destinati a diventare 67 nel 2030.

Insomma, questi dati ci portano a dire “addio” alla credenza popolare secondo cui in Italia si vada in pensione a 67 anni. Di fatto, oggi è 65 anni (o poco meno) la soglia limite, per quanto comunque l’andamento è in crescita con la possibilità che presto la soglia dei 67 anni venga raggiunta (e superata).

Quando si va davvero in pensione in Italia

Anche nel 2025 l’opzione più gettonata per andare in pensione in Italia è quella di vecchiaia, il cui requisito anagrafico è stato portato per tutti a 67 anni dalla legge Fornero (tenendo conto anche degli incrementi dovuti alle speranze di vita avvenuti in questi anni).

Tuttavia, come anticipato, non è l’unica opzione e ciò fa sì che in media in Italia si vada in pensione molto prima dei 67 anni. A confermarlo è il Rapporto sul bilancio del sistema previdenziale italiano 2025, riferito al 2024, curato dal Centro studi e ricerche itinerari previdenziali sulla base dei dati ufficializzati dall’Inps.

Qui ne risulta un’età effettiva per il pensionamento che nel 2023 è stata pari a 64,8 anni, non tanto più alta rispetto alla media Ue pari a 64,8 anni. Il merito di questa notevole differenza rispetto all’età richiesta per la pensione di vecchiaia è data appunto dalle misure alternative, molte delle quali già previste dalla riforma Fornero.

Ne è un esempio la pensione anticipata che oggi consente l’accesso alla pensione indipendentemente dall’età anagrafica, a patto di aver maturato almeno 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. A questa si aggiunge poi l’opzione riservata ai precoci, dove l’accesso alla pensione avviene con soli 41 anni di contributi, come pure le nuove misure di flessibilità di recente confermate dalla legge di Bilancio come Quota 103 con cui il collocamento in quiescenza è possibile a 62 anni di età e 41 anni di contributi e Opzione Donna (61 anni di età e 35 di contributi).

Proprio Quota 103, come anticipato, è tra le ragioni per cui tra il 2023 e il 2024 c’è stato un incremento dell’età media effettiva di pensionamento. Inizialmente, infatti, Quota 103 non prevedeva penalizzazioni in uscita, a differenza dell’anno dopo in cui invece è stato introdotto un ricalcolo interamente contributivo dell’assegno con una penalizzazione per chi vi ricorre. Un’aggiunta che ha portato molte meno persone a guardare a Quota 103 come a una valida alternativa di pensionamento.

Prima di andare avanti è interessante anche analizzare il dato economico. Nel rapporto, infatti, si risponde anche alla domanda su quanto si prende di pensione: l’importo medio è pari a 1.861 euro, con una netta differenza però tra uomini e donne: 2.142,60 euro i primi, appena 1.594,82 euro le seconde.

Serve davvero l’addio della legge Fornero?

Alla luce di queste considerazioni non ha senso parlare ancora di cancellazione della legge Fornero, specialmente considerando i benefici che una tale riforma ha avuto. Per quanto odiata dai lavoratori, infatti, la legge del 2011 è servita per mettere in sicurezza il sistema previdenziale italiano, permettendo di risparmiare oltre 30 miliardi di euro (di cui 22 miliardi erano già stati recuperati al 2020).

Tant’è che lo stesso ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha spiegato che in queste condizioni, tenendo conto principalmente della situazione demografica italiana, non ci sono riforme sostenibili per il nostro Paese.

Senza dimenticare poi che una volta che tutte le pensioni saranno calcolate con il contributivo, intorno al 2030 secondo le stime, sarà maggiormente possibile pensare a soluzioni di flessibilità visto che l’uscita anticipata sarebbe a carico del lavoratore. Il tutto però facendo attenzione all’importo dell’assegno, in quanto dovrà comunque essere sufficiente per garantirsi una vita tranquilla senza pesare sulle casse dello Stato con la richiesta di misure assistenziali.

Un punto su cui la stessa Elsa Fornero, autrice della riforma tanto contestata, si era espressa favorevolmente in un’intervista rilasciata qualche tempo fa a noi di Money.it.

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