Le dichiarazioni di Sébastien Lecornu, che mette il punto alla sua missione. E ora? Cosa succede nella Francia a pezzi di Macron? Verso un governo tecnico?
48 ore per salvare la Francia e, a questo punto, molto probabilmente la sua stessa poltrona. È questo il tempo a disposizione del Presidente francese Emmanuel Macron. Tempo indicato dallo stesso primo ministro ormai ex, Sébastien Lecornu che, con un annuncio che ha scioccato il Paese e il mondo intero, ha deciso di rassegnare le dimissioni lunedì scorso, 6 ottobre, dopo appena 27 giorni dal giorno della sua nomina, avvenuta lo scorso 9 settembre.
“La mia missione è terminata”, ha detto Lecornu ieri, ammettendo il fallimento dell’ultima missione che Macron gli ha affidato due giorni fa, dopo le sue dimissioni: quello di provare a formare comunque un esecutivo, necessario soprattutto per l’approvazione della legge di bilancio entro la fine dell’anno 2025.
Corsa contro il tempo per un governo che approvi la legge di bilancio, ma Lecornu fallisce la missione
Ma la missione è fallita, visto che gli appelli di Lecornu sono stati rimandati al mittente. Cosa succede a questo punto in una Francia precipitata di nuovo nel caos istituzionale, come accaduto più volte, da quando Macron ha preso la decisione di indire le elezioni anticipate nel giugno del 2024?
Il premier decisamente lampo Sébastien Lecornu, per ora, rimarrà primo ministro francese a interim, per la gestione degli affari correnti.
Dal canto suo, Macron, stando a quanto ha reso noto lo stesso premier dimissionario nella serata di ieri, dovrebbe nominare un nuovo primo ministro “ nelle prossime 48 ore ”.
Verso un quinto premier nella Francia di Emmanuel Macron?
Chi sarà il prescelto a cui toccherà bere l’amaro calice, salendo all’Hotel de Matignon?
Lecornu ha detto con il suo discorso televisivo che la maggioranza degli esponenti dell’Assemblea Nazionale sarebbe contraria allo scioglimento del Parlamento, citando il “timore di tornare alle urne”, dunque di nuove elezioni anticipate.
In questo marasma totale e senza precedenti ci sono, a suo dire, “diversi gruppi che sono pronti ad accordarsi su una legge di bilancio” .
Qualche spiraglio di speranza, insomma, c’è, tanto che Lecornu ha detto che, a suo avviso, “una via (per risolvere l’impasse) è ancora possibile”, identificando nel termine “via” il varo di una legge di bilancio, ergo di una manovra finanziaria, entro la fine dell’anno.
Fatto sta che il nuovo premier, a meno che Macron non nominerà di nuovo Lecornu, sarà il quinto da quando il Presidente francese è salito all’Eliseo nel 2017: una macchia ormai indelebile per la reputazione di un capo dell’Eliseo, che appare sempre più isolato.
Nuovo premier dovrà essere neutrale, verso un governo tecnico in Francia? C’è chi non lo esclude
Intanto, negli sfarzosi palazzi francesi, si insinua sempre di più la sensazione che stavolta il nuovo premier dovrà avere un profilo neutrale.
All’orizzonte, per la Francia finita nei guai per quei conti di cui era tanto fiera ai tempi dei PIIGS e delle dimissioni in Italia di Silvio Berlusconi dalla carica di presidente del Consiglio; per quella Francia rappresentata dall’ex presidente Nicolas Sarkozy che scambiava occhiate ben eloquenti con l’ex cancelliera Angela Merkel in risposta alle domande dei giornalisti sui disastri di Roma, un governo tecnico à la Monti? E’ da diverso tempo, di fatto, che la Francia non ride più.
Quello che fu costretto a prendere le redini per cercare di ripristinare la fiducia dei bond vigilantes nell’Italia dei BTP massacrati dai sell e dello spread BTP-Bund a 10 anni schizzato alle stelle?
Alla ricerca di una “gemma rara”
Interpellato dalla CNBC Nabil Milali, gestore di portafoglio di Edmond de Rothschild Asset Management, ha detto di ritenere che Macron potrebbe far ricadere la scelta, stavolta, su una figura per l’appunto “neutrale” e tecnica: “Dopo aver tentato con tre figure che appartengono al centro destra, (il presidente francese) sceglierà un profilo più neutrale per guidare un governo tecnico, la cui unica missione sarà quella di portare al voto un qualsiasi tipo di manovra, prima della fine dell’anno”, ha pronosticato Milali.
Il gestore ha avvertito però che“ci sono almeno due difficoltà in questo scenario. Prima di tutto trovare questa gemma rara, ovvero una figura politica che sia sufficientemente neutrale sia per la sinistra che per la destra. La seconda (difficoltà) è che dovranno essere fatte in ogni caso concessioni al Partito socialista, che rimane l’ago della bilancia dell’attuale Assemblea Nazionale, mentre il punto più cruciale si conferma la riforma delle pensioni ”. Riforma delle pensioni che i macroniani non vogliono assolutamente ammorbidire, in quanto fulcro del partito Repubblicano.
Detto questo, prima o poi una “soluzione politica dovrà essere trovata”, ha commentato alla CNBC Eric Chaney, consulente economico dell’Institut Montaigne ed ex economista di AXA, avvertendo che qualsiasi proposta di congelare o cancellare la riforma delle pensioni sarebbe una mossa costosa, e lasciando così presagire che i mercati finanziari, già ansiosi per i livelli di debito e deficit pubblici della Francia, potrebbero a quel punto accanirsi contro gli OAT, i Titoli di Stato francesi.
A proposito di OAT, oggi il debito sovrano francese scambiato sul mercato secondario trattiene il fiato. I rendimenti degli OAT a 10 anni viaggiano infatti attorno al 3,51%, senza riportare nessuna impennata. Il loro valore rimane tuttavia superiore a quello dei rendimenti dei BTP italiani, confermando il valore negativo dello spread Italia-Francia a 10 anni, spread BTP-OAT, che si è azzerato subito dopo la caduta del governo Bayrou.
Il nodo della riforma pensioni di Macron. L’attenti del gestore, “sarebbe una catastrofe”
Ma cosa accadrebbe nel caso in cui qualsiasi futuro ed eventuale governo - a meno che Macron non si rassegni e si dimetta, come chiede a gran voce gran parte della Francia - affossasse la riforma delle pensioni?
Le conseguenze potrebbero essere disastrose, tre in tutto, secondo quanto ha detto di prevedere il consulente economico dell’Institut Montaigne ed ex economista di AXA
“Prima cosa, ci sarebbero costi di budget di circa 13 miliardi di euro l’anno, se quella riforma delle pensioni venisse congelata”, ha avvertito Chaney, continuando:
“Il secondo motivo è che uno dei punti chiave della riforma delle pensioni è l’aumento dell’età pensionabile a 64 anni [da 62], che non è molto rispetto ad altri Paesi europei, e ha consentito di far crescere il tasso di partecipazione degli anziani al mercato del lavoro… quindi, se si elimina questa misura, l’esito sarà meno produzione, meno PIL e minori entrate fiscali per lo Stato”.
Tradotto, peggioramento dei conti pubblici, dunque del debito-PIL e del deficit-PIL.
Ma forse è il terzo motivo quello che fa accapponare di più la pelle: “ Il terzo motivo è ancora più importante ”, ha avvisato Chaney, ed è di natura politica. Che immagine restituirebbe la Francia se venisse percepita come un Paese incapace di “portare avanti neppure una riforma delle pensioni?”. Da lì si succederebbero altri interrogativi: “Che tipo di riforme si possono fare in questo Paese?”, si chiederebbe il mondo. A quel punto, per il consulente economico di AXA, “si verificherebbe una catastrofe”.
E allora, viene da chiedersi in una Italia che ha vissuto l’era di Mario Monti, che ha preso il timone per blindare il Paese dai ripetuti attacchi short dei mercati: Un Mario Monti in versione francese potrebbe scongiurare il peggio? E a quale costo per i cittadini francesi?
Vale la pena di ricordare che il governo Monti, 61esimo della Repubblica Italiana, e il secondo e ultimo della XVI legislatura, è nato a seguito alle dimissioni del governo precedente di Silvio Berlusconi, guidando l’Italia nel periodo compreso tra il 16 novembre 2011 e il 28 aprile 2013. E vale la pena ricordare che sempre il governo Monti fu quello che sfornò la riforma Fornero, riforma pensionistica che venne lanciata dall’allora ministra del Lavoro e delle Politiche sociali Elsa Fornero. Una riforma che è tuttora operativa, anche con il governo Meloni.
© RIPRODUZIONE RISERVATA