Previsioni per l’esito della riunione della BCE di domani, giovedì 11 settembre 2025. Countdown alle parole di Lagarde. Tassi euro ostaggio di dazi Trump e crisi Francia.
Ormai ci siamo. Domani, giovedì 11 settembre 2025, arriverà finalmente il grande evento market mover di questa settimana: la riunione del Consiglio direttivo della BCE, Banca centrale europea guidata da Christine Lagarde, che si concluderà con l’attesissimo annuncio sui tassi di interesse.
Occhio alle previsioni che sono state stilate dagli esperti e dagli stessi mercati, non solo per la riunione imminente ma anche per il resto del 2025.
BCE Day, analisti e mercati scommettono su un nulla di fatto per la seconda volta consecutiva
Analisti e mercati sono concordi nel ritenere che la BCE lascerà i tassi sui depositi, i tassi sulle operazioni di rifinanziamento principali e sulle operazioni di rifinanziamento marginale rispettivamente al 2%, al 2,15% e al 2,40%, per la seconda volta consecutiva, dopo aver premuto il pulsante stop alla fine dell’ultima riunione dello scorso 24 luglio, prima della pausa estiva.
Si è trattato della prima pausa di quel ciclo dei tagli ai tassi che ha preso il via nel giugno del 2024 e che è culminato in ben otto sforbiciate, fino al giugno di quest’anno.
D’altronde, l’inflazione dell’Eurozona, così come è stato fatto notare da alcuni esponenti della Banca centrale europea, oscilla attorno al target dell’istituzione, pari al 2%, mentre il PIL dell’area, seppur indebolito, non sta ancora lanciando alcun vero segnale di SOS alla BCE, affinché intervenga con ulteriori tagli dei tassi.
A ricordarlo è stata la stessa presidente Lagarde, che nella riunione di luglio, in risposta alle domande dei giornalisti, ha tenuto a puntualizzare che “la crescita (dell’economia dell’area euro) è in linea se non migliore del nostro scenario di base ” e che ha anche rimandato al mittente la paura del concretizzarsi di rischi disinflazionistici per l’area euro.
Sul rischio di una disinflazione che possa trasformarsi in una deflazione, Lagarde ha detto infatti che “ ci saranno sempre quei due o tre governatori molto preoccupati di una inflazione che andrà al di sotto del target ”.
Ma il punto è che per ora la BCE naviga praticamente a vista, visto che “ gli impatti disinflazionistici o inflazionistici non possono essere ancora determinati ”. Ci saranno in ogni caso “ colli di bottiglia a seguito dei dazi ”, ha aggiunto Lagarde, confermando per l’ennesima volta il timore che il vero problema possa portare più il nome di inflazione che di deflazione.
Ricordiamo che i mercati conosceranno il verdetto sui tassi per l’appunto domani, 11 settembre alle 14.15 ora italiana, con un comunicato che sarà diramato dal Consiglio direttivo dell’Eurotower.
La presidente Christine Lagarde prenderà poi la parola alle 14.45, rispondendo alle domande dei giornalisti nella consueta conferenza stampa successiva all’annuncio. Domande che, inevitabilmente, avranno per oggetto anche il nuovo capitolo del caos politico che la Francia di Emmanuel Macron sta attraversando, dopo la caduta, lunedì 8 settembre, del governo Bayrou.
Si è trattato del secondo governo che è collassato a Parigi nel giro di pochi mesi. Macron ha cercato di riparare l’ennesima disfatta nominando nuovo premier il suo fedelissimo Sébastien Lecornu.
Ma le incognite sulla capacità del prossimo governo transalpino - che deve essere ancora formato - di stilare una legge di bilancio per il 2026 che confermi ai mercati la volontà di Parigi di ridurre i suoi livelli di deficit e debito pubblico rimangono eccome. Nel breve, nessuno lancia particolari segnali di allarme.
Ma cosa accadrebbe nel caso in cui gli OAT, Titoli di Stato francesi, finissero nel mirino della speculazione, e tornassero vittima del panico?
Nuovo (vecchio) mal di testa per Lagarde. La sua Francia
La BCE di Lagarde rimarrebbe davvero con le mani in mano?
Nel sottolineare, in linea con quanto sostengono anche altri analisti, che, per quanto riguarda i tassi di interesse, “se dovesse esserci un ulteriore movimento, sarebbe più probabilmente un rialzo piuttosto che un ulteriore taglio ”, Luke Bartholomew, Vicecapo Economista di Aberdeen Investments ha già avvertito che “un elemento che potrebbe mettere in discussione questa view sarebbe un forte sell-off dei titoli di Stato francesi, dovuto all’incertezza politica e fiscale – che rappresenterebbe un inasprimento significativo delle condizioni finanziarie nell’area euro, il che potrebbe incentivare nuovi tagli dei tassi ”.
In generale, ha scritto Bartholomew, “ un intervento diretto della Banca Centrale Europea a sostegno del mercato obbligazionario francese appare in ogni caso improbabile nel breve termine, viste le restrizioni sull’uso dei vari strumenti di liquidità della Banca e il desiderio di evitare di intervenire in questioni prettamente politiche”.
Allo stesso tempo, “se la disfunzione dei mercati dovesse però peggiorare in modo marcato, tale posizione potrebbe rivelarsi insostenibile per la BCE, considerando l’importanza sistemica della Francia. Per ora, rimaniamo comunque ancora lontani da uno scenario di questo tipo”.
A conferma della situazione decisamente incerta della Francia l’azzeramento dello spread Italia-Francia a 10 anni, per la prima volta nella storia dell’area euro.
Riunione BCE 11 settembre e non solo. Cosa farà Lagarde nel resto del 2025? Il fattore dazi Trump
In ogni caso secondo le stime del consensus degli analisti e dei mercati anche stavolta, come a luglio, i tassi di interesse dell’area euro non saranno toccati.
Secondo gli esperti, che vedono il dado già tratto, la BCE non farà nulla, convinta di poter permettersi il lusso di confermare lo status quo.
Di conseguenza, più che nutrire dubbi sull’esito della riunione di giovedì, gli interrogativi che si affollano sui mercati riguardano cosa farà Lagarde nelle riunioni successive del 2025: quella di fine ottobre, che si terrà a Firenze, e quella di dicembre, attesa per la metà del mese.
La banca centrale tornerà a tagliare il costo del denaro dell’Eurozona, oppure continuerà a rimanere con le mani in mano, forte di quella situazione di equilibrio in cui crede al momento di trovarsi, in attesa di capire quelle che saranno le conseguenze dei dazi imposti dall’amministrazione USA contro l’Europa intera, la cui entità, pari al 15%, è finalmente nota? Sebbene la stessa entità, va precisato, non sia neanche certa, visto che Trump è tornato di recente a sbandierare la minaccia di nuovi dazi contro il Continente a causa della decisione dell’UE di infliggere una maxi multa al colosso americano Google?
Proprio la difficoltà nel fare la conta dei danni che i dazi infliggeranno al PIL dell’area euro spiega l’immobilismo di Lagarde, che vuole capire in che modo i fondamentali economici dell’Eurozona reagiranno allo schiaffo mollato dall’America di Trump, prima di tornare a valutare o meno l’opportunità di procedere a un nono taglio dei tassi. E che ora deve capire anche cosa succederà a Parigi.
I bond francesi OAT finiranno nel mirino della speculazione, o la nomina di un nuovo governo guidato da Lecornu riuscirà a scongiurare il peggio?
In generale, quell’urgenza di blindare in modo preventivo l’economia europea, di fatto, Lagarde - ancora intimorita dal rischio di sottovalutare gli scatti dell’inflazione, come avvenne alla fine del 2021, quando definì transitoria l’accelerazione dei prezzi - al momento non l’avverte, a dispetto delle colombe, che lanciano alert vari sui rischi disinflazionistici del blocco.
Più che la disinflazione, è il ritorno dell’inflazione che spaventa la numero uno della BCE, e in realtà non necessariamente a torto.
Il bazooka fiscale annunciato dalla Germania di Friedrich Merz, e la decisione dell’UE di aumentare le spese per la difesa potrebbero benissimo, infatti, essendo manovre di politica fiscale espansiva, far risalire il termometro dell’inflazione.
Ci sono così alcuni economisti che hanno già decretato come la fase di tagli dei tassi di interesse da parte della BCE sia giunta al capolinea. Non solo. L’alt è stato annunciato anche da un esponente molto vicino all’Eurotower.
Tagli finiti? Ormai si parla di quando la BCE di Lagarde tornerà ad alzare i tassi
In evidenza le previsioni di Deutsche Bank i cui analisti, a seguito dell’accordo che è stato raggiunto sui dazi tra l’Unione europea e gli Stati Uniti di Trump, hanno annullato il precedente outlook elaborato, che puntava sull’arrivo di altre sforbiciate entro la fine dell’anno, rendendo noto di stimare ora la fine del ciclo di allentamento monetario dell’Eurotower.
Non solo. Gli esperti del colosso tedesco prevedono che la BCE tornerà ad alzare i tassi di interesse alla fine del 2026, e una previsione che punta su una stretta monetaria è stata stilata anche dalla divisione di ricerca di BNP Paribas: “Crediamo che il ciclo dei tagli dei tassi sia terminato e che la prossima mossa sia di un rialzo dei tassi, nel quarto trimestre del 2026”, hanno scritto gli analisti di BNP dopo la riunione di luglio, quando la BCE ha messo in pausa per la prima volta la fase delle sforbiciate.
A commentare quella pausa sono stati anche gli analisti di Goldman Sachs, che hanno depennato la prospettiva di ulteriori riduzioni firmate da Lagarde nel 2025, sottolineando che “probabilmente il Consiglio direttivo della BCE lascerà i tassi invariati, a meno che non si verifichi un deterioramento significativo dell’outlook”. Cosa che, almeno finora, non si è manifestata, anche se la numero uno dell’Eurotower ha lanciato negli ultimi giorni più di un attenti, e in più di una occasione.
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Sondaggio Reuters, per la maggior parte degli economisti la fase di allentamento monetario is OVER
Nelle ultime settimane, le aspettative sulla fine del ciclo di tagli dei tassi da parte di Francoforte si sono ulteriormente rafforzate, come emerge da un sondaggio con cui Reuters ha interpellato economisti e strategist nei giorni compresi tra il 1° e il 4 settembre.
Nel breve termine, la stragrande maggioranza degli economisti intervistati - 66 su 69 - ha detto di credere che la BCE, dopo aver tagliato il tasso sui depositi, di ben 200 punti base tra il 6 giugno del 2024 e il 5 giugno del 2025, portandoli al 2%, non farà nulla giovedì, per l’appunto, per il secondo meeting consecutivo.
Quasi il 60% degli economisti, 40 su 69, ritiene che la fase dei tagli si sia completata, almeno per il 2025, e non mancano neanche gli esperti, una trentina circa, che vedono il tasso sui depositi al 2% o a un livello più alto, entro la fine del 2026.
Di fatto, con un PIL che per ora non è scivolato in una fase di recessione e l’inflazione che rimane attorno al 2%, la BCE ha pochi motivi per procedere a una ennesima riduzione dei tassi.
Dagli ultimi dati macro dell’Eurostat, l’agenzia di statistica europea, è emerso infatti che, nel corso del secondo trimestre del 2025, il PIL dell’area euro ha segnato un rialzo dello 0,1% rispetto al trimestre precedente, rallentando il passo in modo evidente rispetto al +0,6% del primo trimestre.
Su base annua, ovvero rispetto al secondo trimestre del 2024, la performance del prodotto interno lordo dell’Eurozona è stata comunque di una crescita dell’1,5%, dunque ancora solida.
Vero è che questi numeri contano di fatto poco, in quanto non tengono ancora in considerazione l’impatto dei dazi di Trump. Ma è vero anche che, finora, il worst case scenario di una recessione non si è di fatto avverato. Al netto, avvertono tuttavia le colombe più agitate, dei dazi di Trump. E ora al netto, anche, del nuovo vecchio grattacapo che continua a preoccupare l’Europa: la crisi politica apparentemente interminabile, in cui è piombata la Francia di Emmanuel Macron e che continua ad avere ripercussioni sugli OAT, i Titoli di Stato francesi.
La view di Vanguard Europe. In arrivo anche le previsioni della BCE. Ma Lagarde è troppo ottimista?
In sintesi Josefina Rodriguez, economista di Vanguard Europe ha scritto in una nota che, nella riunione di domani, la BCE dovrebbe mantenere i tassi di interesse invariati al 2%, facendo anche notare che “i recenti dati economici confermano ampiamente le proiezioni formulate dallo staff della BCE a giugno, che prevedono una crescita resiliente e un progressivo avanzamento del processo di disinflazione”.
Rodriguez ha illustrato i seguenti punti chiave, che ricordano come in arrivo, oltre all’annuncio relativo alla decisione sui tassi di interesse, ci sia anche la pubblicazione delle nuove proiezioni economiche dello staff della BCE:
- Prevediamo che questa settimana la BCE manterrà invariati i tassi. L’attenzione del mercato si sposterà quindi sulle proiezioni aggiornate e sulle indicazioni della BCE in merito alle prospettive di politica monetaria.
- Poiché i dati in arrivo sono sostanzialmente in linea con le proiezioni di giugno, le revisioni delle previsioni della BCE deriveranno probabilmente dall’aggiornamento delle proiezioni relative ai dati tecnici (euro più forte e prezzi dell’energia più bassi), dalla revisione dell’accordo commerciale UE-USA e dall’aggiornamento delle previsioni di bilancio.
- Di conseguenza, le nuove proiezioni dovrebbero mostrare un leggero miglioramento della crescita, un’inflazione inferiore alle attese nel 2026 e un’inflazione vicina all’obiettivo entro il 2027, con i funzionari della BCE che continuano a esprimere fiducia nel fatto che l’inflazione sia sulla buona strada per raggiungere il 2% nel medio termine.
- Prevediamo cambiamenti limitati nella comunicazione. Il Consiglio direttivo dovrebbe ribadire la sua posizione dipendente dai dati, mentre la presidente Lagarde dovrebbe sottolineare che la politica è “in una buona posizione”, ma che la BCE rimane pronta a rispondere ai cambiamenti delle prospettive.
- La maggior parte dei membri del Consiglio direttivo ha indicato che la politica è “ancora in una buona fase” e che l’inflazione è sulla buona strada per raggiungere il 2% nel medio termine.
- Il messaggio chiaro è che al momento non c’è alcuna intenzione di allentare la politica monetaria nel breve termine.
Riguardo al nodo dell’inflazione, l’esperta ha ricordato che “i dati preliminari di agosto hanno registrato un IPC complessivo e un IPC core rispettivamente al 2,1% e al 2,3%” e che “l’inflazione dei servizi è scesa al 3,1%, il livello più basso in oltre tre anni”. In generale, “negli ultimi mesi l’inflazione ha oscillato intorno a livelli in linea con l’obiettivo ”.
Ma per Rodriguez, “ ora vi è un rischio crescente di un’inflazione inferiore all’obiettivo entro la fine del 2026, dato che la crescita dovrebbe rimanere leggermente al di sotto del trend e che la crescita salariale si è normalizzata (e dovrebbe diminuire ulteriormente)”.
Tra l’altro, “ anche la forza dell’euro eserciterà una pressione disinflazionistica sui prezzi dei beni ”.
Tutto, mentre sul fronte dazi, “il nostro scenario di base ipotizza un aumento al 15% entro la fine dell’anno, poiché prevediamo l’introduzione di dazi aggiuntivi su settori specifici quali metalli, prodotti farmaceutici e semiconduttori ”.
Di conseguenza, la view dell’economista di Vanguard Europe non è improntata a quella fiducia che invece Lagarde ha continuato a mostrare. Così Josefina Rodriguez:
“Le prospettive commerciali rimangono altamente incerte e la distribuzione dei risultati in Europa è ampia. La minaccia di un dazio statunitense del 30% aggiunge un rischio al ribasso sia alla crescita sia all’inflazione. Sebbene un accordo commerciale favorevole potrebbe ritardare un ulteriore allentamento, un’escalation spingerebbe probabilmente la BCE a operare tagli superiori a quelli attualmente previsti”.
Senza contare il rischio che porta il nome di Parigi.
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