Non solo lo stipendio: quando si assume un dipendente bisogna tener conto di una serie di costi. Ecco quali e come pesano sull’azienda.
Si parla da tempo, sui media e nel dibattito economico-politico, di ridurre il costo del lavoro per incentivare le assunzioni e combattere fenomeni come la disoccupazione giovanile e quella femminile.
Ma cosa significa davvero “costo del lavoro” per un’azienda? E, soprattutto, quanto costa assumere un dipendente oggi? Il costo aziendale di un dipendente, infatti, non si esaurisce nel solo stipendio netto erogato ogni mese, in quanto comprende una serie articolata di voci che vanno dalla retribuzione lorda ai contributi previdenziali Inps, dal premio Inail agli oneri amministrativi, fino a componenti differite come tredicesima, Tfr e ferie maturate.
Ecco perché da qualche anno il tema del cuneo fiscale, cioè la differenza tra quanto un lavoratore costa all’azienda e quanto effettivamente percepisce in busta paga, è spesso al centro del dibattito. È proprio sul cuneo, infatti, che si gioca la competitività delle imprese e la sostenibilità dell’occupazione.
Per questo, è fondamentale che chiunque gestisca un’azienda o abbia intenzione di assumere un dipendente, comprenda nel dettaglio come si calcola il costo del lavoro e quali sono le possibilità offerte dalla normativa per ridurlo attraverso bonus, agevolazioni e incentivi.
A tal proposito, in questa guida aggiornata al 2025 analizziamo tutti i fattori che incidono sul costo dipendente per azienda, con esempi pratici, simulazioni e una panoramica completa delle agevolazioni previste per quest’anno.
Quanto costa assumere un dipendente
L’assunzione di un dipendente comporta una serie di costi per il datore di lavoro, di tipo:
- Retributivo, legati al compenso del lavoratore;
-* Contributivo e assicurativo;
-* Amministrativo.
Appartengono al primo gruppo gli oneri rappresentati dallo stipendio lordo da riconoscere al lavoratore, formato da un importo minimo (definito dal contratto collettivo applicato, in base al livello di inquadramento) e dalle somme aggiuntive frutto di accordi tra le parti (ad esempio superminimi e indennità ad personam).
Sono costi anche le ore di ferie e permessi (assenze retribuite), la tredicesima mensilità (e l’eventuale quattordicesima se prevista) oltre al Trattamento di fine rapporto (Tfr). Tutte somme che il dipendente matura per ogni mese di lavoro, ma erogate in un momento successivo.
A livello contributivo e assicurativo, i costi del lavoratore sono rappresentati da contributi Inps a carico del datore di lavoro (determinati in base al settore di appartenenza e alle dimensioni dell’azienda) e premi assicurativi Inail contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
Nel 2025, ad esempio, per un dipendente assunto nel settore “commercio” con qualifica di impiegato, l’aliquota contributiva a carico del datore di lavoro si attesta intorno al 28,24% della retribuzione imponibile. A questa si aggiunge il premio Inail, variabile in base al rischio specifico dell’attività svolta, che in media si aggira tra il 5 e il 10 per mille. I contributi a carico del lavoratore, invece, sono trattenuti direttamente in busta paga e ammontano a circa il 9,19%.
Il costo aziendale del dipendente comprende dunque, oltre allo stipendio lordo, tutte queste voci accessorie e obbligatorie, determinando un ammontare complessivo che può risultare anche superiore del 50% rispetto al netto percepito dal lavoratore. Questo è ciò che si intende, in pratica, quando si parla di “cuneo fiscale”.
Per concludere, i costi amministrativi sono al contrario quelli legati all’attività del personale dipendente o dei professionisti che si occupano dell’elaborazione dei cedolini paga e dell’amministrazione del personale, oltre alla gestione dei rapporti con enti e strutture della Pubblica Amministrazione, rappresentati da:
- Denunce di infortunio;
- Invio denunce mensili Uniemens all’Inps;
- Invio dichiarazioni fiscali all’Agenzia Entrate come Certificazioni Uniche e modelli 770;
- Invio autoliquidazione Inail;
- Invio prospetto collocamento obbligatorio (disabili);
- Invio comunicazioni di smart-working al Ministero del lavoro;
- Invio di prospetti Istat;
- Domande di ammortizzatori sociali.
- Tutte attività, quelle appena citate, che se non svolte da personale interno all’azienda, possono essere fatturate a parte dal professionista o ricomprese nel compenso forfettario.
Esempio di calcolo del costo di un dipendente nel 2025
Per avere un’idea più precisa di quanto costa un dipendente al datore di lavoro, può essere utile prendere in considerazione un esempio pratico, aggiornato ai dati contrattuali e contributivi del 2025.
Supponiamo che un’azienda intenda assumere un lavoratore con contratto a tempo indeterminato full-time (40 ore settimanali), applicando il Ccnl Commercio firmato da Confcommercio. Il livello di inquadramento è il terzo, corrispondente alla figura di impiegato intermedio.
In questo caso, la retribuzione lorda mensile prevista dal contratto collettivo è pari a circa 1.634 euro, che diventano 21.250 euro lordi su base annua, comprensivi della tredicesima. Su questa somma vanno calcolati i contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, che per il settore commercio si attestano nel 2025 al 28,24%, pari a poco più di 6.000 euro annui. A ciò si aggiunge il premio Inail, che dipende dal rischio dell’attività, e che in questo caso possiamo ipotizzare attorno al 7 per mille, cioè circa 149 euro annui.
Non va poi dimenticato il costo legato al Tfr, che si accantona annualmente e si calcola dividendo la retribuzione lorda annua per 13,5. In questo esempio, si tratta di una quota pari a circa 1.575 euro all’anno.
Sommando tutte queste voci il costo totale del dipendente per l’azienda raggiunge quasi i 29.000 euro l’anno, cioè circa 2.415 euro al mese. Una cifra nettamente superiore rispetto allo stipendio netto percepito dal lavoratore, che in un caso simile si aggira attorno ai 1.250 euro mensili. Questo divario evidenzia con chiarezza il peso del cuneo fiscale e l’importanza di valutare bene tutti gli oneri prima di procedere a un’assunzione.
Quanto costa un dipendente part-time nel 2025
Il rapporto di lavoro a tempo parziale si caratterizza per uno svolgimento dell’attività su un numero di ore ridotto rispetto a quello previsto per il tempo pieno, stabilito dalla legge o dal contratto collettivo nazionale applicato in azienda.
La minore quantità di ore lavorate incide proporzionalmente su tutte le componenti del costo del lavoro, determinando una riduzione dello stipendio lordo, dei contributi Inps e Inail, delle ferie, dei permessi, del Tfr e delle mensilità aggiuntive. In sintesi, il costo aziendale di un dipendente part-time segue le stesse logiche di calcolo del full-time, ma parametrato all’orario effettivamente svolto.
L’unica voce che generalmente non varia in funzione dell’orario lavorato è quella legata all’elaborazione dei cedolini e alla gestione amministrativa del personale. Questi costi fissi, se affidati a un consulente esterno, vengono di norma contrattualizzati in forma forfettaria o per numero di dipendenti, senza distinzione tra full-time e part-time.
Quanto costa un apprendista nel 2025
L’art. 41 comma 1 Decreto legislativo 15 giugno 2015 numero 81 definisce il rapporto di apprendistato come un “contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e all’occupazione dei giovani”.
Il datore di lavoro si impegna quindi non solo a riconoscere la retribuzione mensile, ma anche a garantire percorsi formativi finalizzati all’acquisizione di competenze o titoli di studio. A seconda della tipologia, l’apprendistato può essere destinato al conseguimento di un diploma, allo sviluppo di una professionalità specifica o all’alta formazione.
L’apprendista, a tutti gli effetti, è un lavoratore subordinato, e quindi per l’azienda rappresenta un costo: stipendio, Tfr, mensilità aggiuntive, ferie e permessi maturano regolarmente, così come i contributi Inps e il premio assicurativo Inail. A ciò si sommano le attività amministrative e gestionali legate al rapporto di lavoro, tra cui l’elaborazione mensile dei cedolini paga, la stesura del piano formativo individuale e l’organizzazione della formazione interna o esterna.
Per ridurre il costo di un dipendente apprendista, la normativa prevede specifiche agevolazioni. È possibile, ad esempio, inquadrare l’apprendista fino a due livelli inferiori rispetto alla qualifica finale prevista dal contratto collettivo nazionale applicato, oppure adottare un sistema di retribuzione a percentuale, che cresce con l’anzianità di servizio.
Inoltre, nel 2025 resta confermato il meccanismo di sgravio contributivo, con una significativa riduzione dei contributi a carico dell’azienda, soprattutto se si tratta di apprendistato professionalizzante. Questo rende il contratto di apprendistato uno degli strumenti più efficaci per assumere un dipendente a costi ridotti, investendo al tempo stesso nella formazione e nella fidelizzazione dei giovani lavoratori.
Quanto costa uno stagista nel 2025
A differenza dei lavoratori dipendenti, per il tirocinante o stagista non è prevista la maturazione di Tfr, mensilità aggiuntive, ferie e permessi. Si tratta quindi di un rapporto formativo che comporta per l’azienda un impegno economico nettamente inferiore.
Non sono inoltre dovuti i contributi Inps, né a carico del tirocinante né dell’azienda ospitante. Questo aspetto rende il tirocinio una delle modalità più leggere da un punto di vista economico per inserire nuove risorse in azienda.
Nel 2025 il costo di uno stagista per l’azienda resta quindi limitato all’indennità mensile riconosciuta – obbligatoria e con importi minimi definiti a livello regionale – e a pochi altri oneri, tra cui:
- L’elaborazione del cedolino (tramite dipendenti interni o professionisti esterni);
- Le attività di amministrazione del personale, come l’invio della comunicazione di attivazione tramite modello Unilav;
- L’assicurazione Inail contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, obbligatoria anche per i tirocini extracurriculari.
Per queste ragioni, lo stage continua a essere una delle forme di inserimento più utilizzate, soprattutto quando si tratta di valutare nuove risorse in un’ottica di futura assunzione a costo contenuto.
Quanto costa la gestione mensile dei dipendenti
Nel momento in cui il datore di lavoro eroga lo stipendio, è tenuto a consegnare al lavoratore la busta paga (o cedolino). Si tratta di un documento obbligatorio che contiene il dettaglio delle somme riconosciute, delle trattenute operate (a titolo di contributi Inps e tassazione Irpef) e il valore del netto da pagare.
L’elaborazione mensile dei cedolini è un’attività complessa e, nel 2025, rappresenta un costo fisso per l’azienda, indipendentemente dalla tipologia o dalla durata del contratto (tempo pieno, part-time, apprendistato, ecc.).
Il datore di lavoro può gestire quest’obbligo in due modi:
- In autonomia, affidandosi a propri dipendenti (ufficio paghe o ufficio risorse umane) in possesso di competenze specifiche nell’ambito dell’amministrazione del personale e dell’elaborazione cedolini;
-* Tramite professionisti, ad esempio consulenti del lavoro, commercialisti o avvocati, con cui stipulare un contratto di consulenza.
Nel primo caso, il costo del personale amministrativo interno è fisso e soggetto alle stesse logiche viste finora: stipendio, contributi, ferie, Tfr e altre voci.
Se invece l’azienda si rivolge a un consulente esterno, il costo mensile per ogni busta paga viene generalmente stabilito contrattualmente. Può variare in base al numero di cedolini elaborati, oppure essere fissato in forma forfettaria, anche comprensivo di ulteriori adempimenti come l’invio dei modelli Uniemens o delle Certificazioni Uniche.
Trattandosi di un accordo tra le parti, nel 2025 sono frequenti formule flessibili, con scontistiche temporanee o costi variabili a seconda della dimensione aziendale o della complessità dell’elaborazione. È sempre consigliabile, anche per le microimprese, valutare bene quale soluzione risulti più efficiente tra gestione interna o esternalizzazione.
Quanto costa versare i contributi per il lavoratore nel 2025
Lo scopo principale della tutela garantita dall’Inps ai lavoratori dipendenti è quello di riconoscere una copertura economica in caso di eventi che impediscano lo svolgimento dell’attività lavorativa e, di conseguenza, la percezione dello stipendio.
Da un lato, esiste la protezione per i casi di invalidità, vecchiaia e superstiti; dall’altro, il sistema previdenziale assicura una serie di indennità economiche per le assenze da lavoro dovute, ad esempio, a malattia, maternità, donazione di sangue, permessi per l’assistenza a disabili e loro familiari.
Come ogni assicurazione, anche l’Inps è finanziata attraverso il versamento di un “premio” mensile, calcolato in percentuale sulla cosiddetta retribuzione imponibile ai fini previdenziali. Il pagamento avviene mediante modello F24 ed è a carico sia del datore di lavoro che del dipendente.
Le aliquote contributive nel 2025 restano articolate come segue:
- Una quota è trattenuta allo stesso lavoratore, direttamente in busta paga, e versata dal datore all’Inps;
- Un’altra parte è totalmente a carico dell’azienda, e costituisce uno dei principali elementi del costo del lavoro per il datore di lavoro.
L’ammontare delle aliquote varia in funzione del settore di appartenenza, della dimensione aziendale e della qualifica del dipendente (operaio, impiegato, quadro, dirigente).
Ad esempio, nel caso di un lavoratore dipendente con qualifica di operaio, assunto da un’azienda con meno di 15 dipendenti nel settore Inps “industria”, l’aliquota complessiva per il versamento dei contributi previdenziali nel 2025 è pari addirittura al 39,87%, così suddivisa:
- 9,19% a carico del lavoratore, trattenuti in busta paga;
- 30,68% a carico dell’azienda, da versare con F24.
Se prendiamo come riferimento una retribuzione imponibile pari a 1.800 euro mensili, il calcolo dei contributi sarà il seguente:
- 165,42 euro (1.800,00 * 9,19%) a carico del lavoratore;
- 552,24 euro (1.800,00 * 30,68%) a carico del datore di lavoro;
Per un totale di 717,66 euro da versare mensilmente all’Inps entro il giorno 16 del mese successivo a quello di competenza, come previsto dalle scadenze fiscali vigenti nel 2025.
Come ridurre il costo del lavoro nel 2025
Alla luce dei numerosi elementi che compongono il costo aziendale di un dipendente, è comprensibile che molte imprese valutino con attenzione l’impatto economico di ogni nuova assunzione. Tuttavia, nel 2025 sono attive diverse misure nazionali che permettono di ridurre il costo del lavoro e rendere più sostenibile l’inserimento di nuovo personale in azienda.
Tra le principali agevolazioni troviamo il Bonus giovani under 35, introdotto dal decreto Coesione e operativo dal 1° settembre 2024 fino al 31 dicembre 2025. La misura prevede un esonero totale dai contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, fino a un massimo di 500 euro mensili per 24 mesi. Il beneficio riguarda le assunzioni a tempo indeterminato di giovani che, alla data dell’assunzione, abbiano meno di 35 anni e non siano mai stati occupati a tempo indeterminato.
Per le aziende che operano all’interno della Zona economica speciale unica per il Mezzogiorno (Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna), l’incentivo è maggiorato: il tetto massimo dell’esonero sale a 650 euro al mese per ciascun lavoratore, mantenendo la durata di 24 mesi.
Un’altra misura importante attiva nel 2025 è il Bonus assunzioni donne, previsto dall’art. 23 dello stesso decreto. Anche in questo caso l’agevolazione consiste in uno sgravio contributivo del 100%, con un importo massimo mensile pari a 650 euro per 24 mesi. Possono beneficiarne i datori di lavoro che assumono donne disoccupate da almeno 24 mesi, oppure da almeno 6 mesi se residenti nella Zes, o ancora donne che svolgono professioni in settori con forte disparità di genere.
Entrambe le agevolazioni sono cumulabili con altri incentivi, purché compatibili, e prevedono la presentazione di un’apposita domanda all’Inps tramite il Portale delle agevolazioni, accessibile con Spid, Cie o Cns.
Accanto a questi strumenti, sono state confermate anche nel 2025:
- la Decontribuzione Sud, con uno sgravio del 25% sui contributi fino al 31 dicembre 2024, che poi si ridurrà progressivamente negli anni successivi;
- la Super deduzione per nuove assunzioni, che consente di maggiorare fiscalmente fino al 120% o 130% i costi del lavoro sostenuti per determinate categorie di lavoratori.
Grazie a queste misure, è possibile calcolare il costo di un dipendente tenendo conto di sgravi e riduzioni, e ottimizzare il budget aziendale destinato al personale, sostenendo al tempo stesso la crescita e la stabilizzazione occupazionale.
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