I prezzi della pasta italiana aumentano del 107% da gennaio 2026. Colpa di Trump

Ilena D’Errico

6 Ottobre 2025 - 20:48

La nuova mossa di Trump è esattamente preoccupante come sembra. Dazi al 107% sulla pasta italiana, che costerà di più da gennaio 2026, in un modo o nell’altro.

I prezzi della pasta italiana aumentano del 107% da gennaio 2026. Colpa di Trump

I possibili dazi americani del 107% sulla pasta italiana stanno seminando il panico, anche al di fuori del settore e dell’Italia stessa. I consumatori stranieri sono preoccupati per gli eventuali rincari, prima ancora che la misura sia stata resa ufficiale. Si discute animatamente di temibili aumenti di prezzo della pasta italiana, di cali di produzione e fatturato delle aziende, di colpe e mosse di Trump sotto lo sguardo apparentemente docile di un’Italia che non si fa valere abbastanza. Sono giorni tesi, questi, e la confusione è più che normale. Vedendo i fatti, però, la situazione appare fin troppo semplice.

Dazi al 107% sulla pasta italiana?

Si sta discutendo di possibili dazi al 107%, proprio quando l’Unione europea sembrava essersi messa al riparo dalla guerra commerciale grazie all’accordo con gli Stati Uniti. In realtà, sappiamo che la dichiarazione congiunta Ue-Usa non riguarda proprio tutte le tariffe commerciali e sicuramente non quelle che attualmente interessano la pasta. In questo caso, non siamo di fronte a una politica commerciale (quantomeno non apertamente), ma di un possibile provvedimento a seguito dell’indagine del dipartimento del Commercio statunitense.

Quest’ultimo accusa diversi marchi italiani, tra i più noti peraltro, di dumping: la concorrenza sleale rispetto ai concorrenti locali ottenuta vendendo i prodotti a prezzi ribassati. Indagine che è inoltre cominciata prima dell’amministrazione Trump e che prevede, come di consueto, l’imposizione di un dazio sui prodotti per compensare il peso del dumping.

Così presentata la situazione sembrerebbe innocua, per quanto dura nei confronti del Belpaese, ma è decisamente meno trasparente di così. I dazi antidumping contro la pasta italiana sono una mossa protezionistica evidente e anche sbilanciata, proprio come si potrebbe sospettare.

Le colpe di Trump

La revisione anti-dumping non è certo cosa nuova negli States e non è una novità nemmeno che interessi, tra le varie aziende italiane, le produttrici di pasta. Parliamo di marchi come Agritalia, Antiche Tradizioni di Gragnano, Barilla, Rummo, La Molisana, Liguori, Sgambaro, Garofalo e Tamma, principali importatori di pasta negli Usa e colossi del Made in Italy. Le revisioni precedenti, tuttavia, hanno giudicato i livelli di dumping decisamente inferiori, concludendosi anche grazie alle trattative con dazi mai superiori all’1%.

Adesso, invece, l’accusa del dipartimento del Commercio vede un margine medio di dumping del 91,74%, estendendo i dazi - insieme a quelli del 15% - fino al 107%. Le aziende interessate, che hanno sempre rigettato anche le precedenti relazioni, si dichiarano del tutto estranee a simili accuse. Di fatto, ci stanno dicendo che gli Stati Uniti hanno sbagliato a calcolare i profitti ingiusti delle aziende straniere in tutti gli anni passati o che all’improvviso le aziende di pasta italiane hanno deciso di svendere i propri prodotti a danno dei locals.

Una ricostruzione fumosa, a dir poco. Il problema non finisce qui, perché soltanto due marchi (Garofalo e La Molisana) hanno ricevuto una richiesta di chiarimenti formale nel corso dell’indagine, trattandosi delle aziende più vendute dopo Barilla, che avendo sedi anche sul posto è limitatamente interessata. Le altre aziende interessate non hanno avuto lo stesso trattamento e non hanno potuto fornire una revisione completa. Nonostante ciò, il rapporto finale, lamentando anche la mancata collaborazione, definisce le percentuali suddette su una media estesa a 14 aziende. Ha ragione chi dice che è ancora tutto da vedere, poiché la sola indagine tecnica non impone tariffe commerciali, ma non c’è da essere troppo ottimisti.

I prezzi della pasta aumentano (del 107% almeno)

Se i dazi del 107% saranno confermati entreranno in vigore a gennaio 2026, paralizzando le esportazioni di pasta italiana negli Stati Uniti. I produttori che non hanno sedi nella nazione dovrebbero infatti sostenere costi ulteriori, subendo al contempo un’elevata riduzione degli acquisti, visto che saranno costretti ad applicare prezzi stellari. I produttori parlando di una percentuale di aumento doppia rispetto alla tariffa, quindi la pasta italiana negli Stati Uniti costerebbe almeno il triplo di adesso.

Per il settore della pasta sarebbe uno shock senza precedenti, pur non trattandosi di uno dei settori del commercio italiano maggiormente sensibile ai dazi americani. Le speranze muovono verso un accordo differente, visto che la Commissione Ue e il governo italiano stanno lavorando con Washington proprio a questo fine, ma visto l’andamento sarebbe utopistico pensare di cancellare del tutto la sanzione, non senza scendere a patti. In un modo o nell’altro la pasta italiana sarà colpita e gli italiani con essa, dobbiamo solo scoprire quanto.

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