Riforma fiscale 2021, torna l’IRI per le partite IVA: cos’è e come funziona

Anna Maria D’Andrea

25 Giugno 2021 - 11:29

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Riforma fiscale 2021, IRI per le partite IVA: cos’è e come funziona la nuova imposta per le imprese? I dettagli nella bozza del documento delle Commissioni.

Riforma fiscale 2021, torna l’IRI per le partite IVA: cos’è e come funziona

Riforma fiscale 2021, per la partite IVA torna l’IRI.

La novità è parte delle misure contenute nella bozza di documento elaborato dalle Commissioni Finanze, base per la messa a punto della legge delega.

Cos’è e come funziona l’IRI, l’imposta sul reddito imprenditoriale? Si tratta di una tassa ad aliquota proporzionale, applicata sull’utile reinvestito in azienda dall’imprenditore.

I lavori delle Commissioni Finanze di Camera e Senato per la messa a punto del dossier sulla riforma fiscale, arrivati ormai alle battute finali, trovano nell’IRI per le partite IVA uno dei punti d’accordo più forti.

Non si tratterebbe di una novità assoluta, ma del ritorno di un’agevolazione introdotta nel 2017, prima prorogata e poi abolita dalla Legge di Bilancio 2019.

L’IRI prevista allora prevedeva un’imposta al 24%, una sorta di flat tax su base opzionale applicata in sostituzione delle aliquote IRPEF e finalizzata ad incentivare gli investimenti di proventi e utili aziendali nelle imprese, soprattutto quelle più piccole.

Riforma fiscale 2021, torna l’IRI per le partite IVA: cos’è e come funziona

Nel corso delle audizioni sulla riforma fiscale 2021, uno degli aspetti emersi è la non neutralità del trattamento degli utili non distribuiti.

Le società di capitali e le persone fisiche che esercitano attività di impresa in contabilità ordinaria deducono dalla base imponibile IRPEF o IRES il rendimento del capitale investito.

Il rendimento del capitale investito è trattato a livello fiscale in maniera differente in base alla forma giuridica scelta. Sulle società di capitali si applica l’imposta fissa del 24%, mentre l’imprenditore individuale o i soci di società di persone versano le imposte in base al reddito complessivo IRPEF.

L’IRI delineata nell’ambito dei lavori sulla riforma fiscale 2021 punta a superare questo diverso trattamento.

Per capire cos’è e come potrebbe funzionare l’IRI è utile analizzare quanto previsto dalla Legge di Bilancio 2017, con la quale era stata introdotta l’imposta sul reddito d’impresa del 24%.

L’IRI era stata voluta per incentivare gli investimenti da parte delle imprese, ma di fatto non è mai stata operativa. L’entrata in vigore prevista inizialmente dal 2017 era stata prima prorogata all’anno successivo e, successivamente, la Legge di Bilancio 2019 l’ha definitivamente abolita.

IRI 2021, come funziona l’imposta sul reddito d’impresa

Proviamo quindi a definire come funziona l’IRI, partendo dal passato.

L’imposta sul reddito imprenditoriale al 24% si sarebbe applicata su base opzionale ai redditi lasciati e reinvestiti in azienda, in sostituzione delle aliquote progressive IRPEF.

In sostanza, l’IRI prevedeva che imprese e artigiani fossero tassati con l’aliquota unica al 24% così come previsto per le società di capitali, soggette al pagamento dell’IRES.

Le aliquote progressive IRPEF, calcolate sulla base dei redditi aziendali dal 23% al 43%, non si sarebbero applicate quindi sulla parte di utili reinvestiti in azienda, ma solo sulle somme prelevate dal titolare di partita IVA, ossia la “remunerazione” del professionista o dell’impresa.

Tassazione agevolata IRI sugli utili reinvestiti in azienda

A ben vedere, l’IRI è una vera e propria flat tax, di gran lunga vantaggiosa per i titolari di partita IVA.

Se ne torna ora a parlare con il fine di introdurre nell’ambito della riforma fiscale 2021 una differenziazione in merito alla tassazione del reddito d’impresa prelevato dall’imprenditore o dai soci e di quello mantenuto in azienda, ma soprattutto per rendere neutrale il prelievo fiscale rispetto alla forma giuridica dell’impresa.

L’IRI al 24%, secondo l’impostazione originaria, si sarebbe applicata esclusivamente sugli utili reinvestiti in azienda.

Per la parte prelevata dal professionista o dall’imprenditore, si sarebbe comunque applicata l’aliquota IRPEF di riferimento, con un minimo del 23% per i redditi inferiori ai 15 mila euro annui, fino al 43% per quelli che superano i 75 mila euro.

L’obiettivo dell’IRI è quindi di favorire la capitalizzazione delle imprese, tassando in maniera più leggera gli utili non prelevati.

L’ipotesi di una sua reintroduzione piace a tutte le forze politiche in campo, sebbene con le opportune differenziazioni, e ha accolto il parere favorevole della di Bankitalia così come dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio.

Quel che è certo è che si potrebbe tornare a parlare di imposta sul reddito d’impresa.

Entro il 31 luglio 2021 il Governo dovrà mettere a punto il disegno di legge delega sulla riforma fiscale. Si resta quindi in attesa di conoscere quali saranno i piliastri del nuovo sistema tributario italiano, improntato su crescita, equità e semplificazione.

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