Cosa serve per la pensione?

Simone Micocci

06/07/2018

06/07/2018 - 09:33

condividi

Quanti contributi servono per andare in pensione? E qual è l’eta richiesta? In quali casi è riconosciuta una pensione di invalidità? E di reversibilità? Scopriamolo.

Cosa serve per la pensione?

Per definizione, la pensione non è altro che quella rendita permanente - o temporanea - che viene corrisposta agli assicurati (e in alcuni casi ai loro familiari) dallo Stato, enti pubblici o privati; per ottenere la pensione, però, bisogna raggiungere una determinata età e un certo numero di anni di servizio prestati, oppure devono verificarsi alcuni eventi come il decesso o l’invalidità.

Sono diverse, infatti, le rendite permanenti che rientrano nell’ambito della pensione, per ognuna delle quali sono previsti dei requisiti differenti. Rispondere alla domanda “cosa serve per la pensione” per questo non è semplice, vista la varietà dei trattamenti previdenziali - e assistenziali - presenti nel nostro sistema.

Tuttavia è comunque molto importante affrontare quest’argomento, così da capire, a seconda della situazione in cui vi trovate, se avete diritto o meno alla pensione. Di seguito quindi faremo chiarezza sul tema, dandovi tutte le informazioni di cui avete bisogno.

Pensioni dirette

Partiamo con l’analizzare cosa serve per la pensione diretta corrisposta dall’INPS ai propri assicurati. La prima condizione per accedere alle pensioni dirette, infatti, è quella di essere assicurati INPS, ovvero di aver maturato un certo numero di contributi variabile a seconda della tipologia richiesta.

Inoltre, nella maggior parte dei casi, oltre ai contributi è richiesta una certa età anagrafica, al di sotto della quale non si può andare in pensione neppure se si rispetta il requisito contributivo. Vediamo quindi cosa serve oggi per le pensioni dirette nella seguente tabella, ricordandovi però che i requisiti cambieranno dal prossimo anno (come riassunto nella nostra infografica).

TIPOLOGIA QUANTI ANNI SERVONO? QUANTI CONTRIBUTI SERVONO? ALTRI REQUISITI
Pensione di vecchiaia 66 anni e 7 mesi 20 anni Non previsti
Pensione di vecchiaia contributiva 70 anni e 7 mesi 5 anni Essere soggetti interamente al calcolo contributivo
Pensione anticipata Non previsto 42 anni e 10 mesi (uomini) e 41 anni e 10 mesi (donne) Non previsti
Pensione anticipata contributiva 63 anni e 7 mesi 20 anni Essere soggetti interamente al calcolo contributivo e avere un assegno di importo non inferiore a 2,8 volte l’assegno sociale
Pensione anticipata lavoratori precoci Non previsto 41 anni Aver lavorato, prima del compimento dei 19 anni, per almeno 12 mesi (anche non continuativi)

Pensione di reversibilità

Se una persona titolare di una pensione diretta viene a mancare, la sua pensione non si estingue automaticamente; ci sono dei casi, infatti, in cui la pensione viene riconosciuta ai suoi familiari.

Per ricevere la pensione di reversibilità, quindi, bisogna essere un familiare del defunto, ovvero:

  • coniuge: sempre riconosciuta;
  • figli: se minorenni o studenti universitari (massimo 26 anni) o inabili (indipendentemente dall’età);
  • nipoti: se minorenni
  • genitori: in mancanza di coniuge, figli o nipoti e se con un’età inferiore ai 65 anni e non titolari di una pensione;
  • fratelli o sorelle: in assenza di tutti gli altri familiari appena indicati e solo se celibi/nubili o inabili.

Ai fini della pensione di reversibilità, però, serve che il familiare che la richiede risultasse a carico del defunto titolare della pensione diretta; per approfondire le soglie di reddito entro le quali un familiare si considera a carico, potete consultare il nostro approfondimento sulla pensione di reversibilità.

Pensione di inabilità e invalidità

Potrebbe accadere che un lavoratore prima del raggiungimento dell’età pensionabile sia costretto ad interrompere l’attività lavorativa per colpa di una malattia permanente o di un infortunio.

A seconda dei casi il lavoratore ha diritto o ad una pensione di invalidità o di inabilità. Quest’ultima spetta a coloro ai quali viene accertata l’assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa, ovvero un grado di invalidità pari al 100%.

È corrisposta non solo ai lavoratori, ma a tutti gli invalidi totali - di età compresa tra i 18 anni e i 66 anni e 7 mesi - ai quali è riconosciuta l’invalidità totale.

Ai fini della pensione di invalidità, invece, serve un grado di invalidità compreso tra il 74% e il 99%; è necessario quindi che la propria infermità (psico o fisica) riduca la capacità lavorativa a meno di un terzo.

Prepensionamento: cosa serve?

Ci sono strumenti poi che consentono di smettere di lavorare prima del raggiungimento dell’età pensionabile percependo un assegno mensile sostitutivo della pensione.

È importante sottolineare però che quella percepita non è la pensione - nonostante l’importo sia più o meno simile - poiché l’assegno previdenziale sarà corrisposto solamente al raggiungimento dell’età pensionabile.

Ad oggi i due strumenti più importanti ai fini del prepensionamento sono due: l’APE e l’isopensione.

Il primo si suddivide in tre diverse tipologie:

  • Ape Sociale: all’età di 63 anni con almeno 30 anni di contributi (36 nel caso dei gravosi) si può smettere di lavorare percependo un prestito pensionistico a carico dello Stato. Per chi accede all’Ape Sociale, quindi, non sono previste penalizzazioni sul futuro assegno previdenziale. Possono accedervi i disoccupati, gli invalidi civili, i caregivers e i lavoratori precoci;
  • Ape Volontario: a 63 anni si può smettere di lavorare purché si siano maturati almeno 20 anni di contributi. Nei 3 anni e 7 mesi che mancano alla pensione di vecchiaia si percepisce un prestito corrisposto da un istituto di credito che poi verrà rimborsato con trattenute sul futuro assegno previdenziale;
  • Ape Aziendale: per favorire l’uscita dal lavoro dei dipendenti in esubero, l’azienda può - in accordo con il lavoratore - versare una quota di contributi all’INPS facendo sì che questo aderendo all’Ape Volontario non sia soggetto agli svantaggi economici che ne derivano.

Ultimo trattamento è quello dell’isopensione, con il quale le aziende con almeno 15 impiegati versano una quota all’INPS per favorire l’uscita dal lavoro dei dipendenti in esubero. Per richiedere questo strumento, però, serve che il lavoratore - al quale non devono mancare più di 7 anni alla pensione - aderisca ad un accordo sindacale e ad uno con l’impresa acconsentendo alla cessazione anticipata del rapporto di lavoro.

Iscriviti a Money.it

SONDAGGIO