Pensioni, svolta in arrivo. Ottime notizie per disoccupati e per chi ha meno di 35 anni di lavoro

Simone Micocci

9 Agosto 2025 - 09:46

Due sentenze aprono a nuovi diritti su pensione e Ape Sociale. Ma l’Inps è cauta: il presidente Fava attende un orientamento giurisprudenziale consolidato.

Pensioni, svolta in arrivo. Ottime notizie per disoccupati e per chi ha meno di 35 anni di lavoro

Nel corso di quest’anno potrebbero realizzarsi due importanti cambiamenti sul fronte pensioni, destinati a incidere sulla possibilità che molti lavoratori possano anticipare l’uscita dal mercato del lavoro.

A fare da spartiacque sono due recenti sentenze della Corte di Cassazione, che intervengono su temi chiave: da una parte il riconoscimento dei contributi figurativi per raggiungere il requisito dei 35 anni utili alla pensione anticipata; dall’altra, l’estensione dell’Ape Sociale anche ai disoccupati che non hanno avuto accesso alla Naspi, in contrasto con quanto finora sostenuto dall’Inps.

Una doppia apertura che potrebbe costringere l’Istituto a rivedere i propri criteri di ammissione a queste misure, per evitare un’ondata di ricorsi che, alla luce dell’orientamento giurisprudenziale, risulterebbero difficili da contrastare.

A frenare gli entusiasmi, tuttavia, è la posizione espressa, direttamente a noi di Money.it, da Gabriele Fava, presidente dell’Inps, secondo cui le sentenze, pur importanti, fanno stato solo tra le parti. Sarà solo in presenza di un orientamento giurisprudenziale consolidato, oppure di un pronunciamento delle Sezioni Unite della Cassazione, che l’Inps potrà valutare un eventuale allineamento, previa consultazione con i ministeri vigilanti (Lavoro ed Economia). Una riflessione che dovrà tenere conto anche della sostenibilità finanziaria di una nuova interpretazione di norme speciali e a efficacia limitata.

Ma cosa cambierebbe laddove la linea della Cassazione venisse effettivamente recepita dall’Istituto? Ecco a chi si rivolgono queste due potenziali aperture e quali potrebbero essere gli effetti nel panorama previdenziale del 2025.

Pensione anticipata, buone notizie per chi ha lavorato meno di 35 anni

Oggi per smettere di lavorare indipendentemente dall’età anagrafica non è sufficiente aver maturato almeno 42 anni e 10 mesi di contributi, un anno in meno per le donne. La regola vuole anche che almeno 35 di questi devono risultare da contribuzione effettiva, ossia:

  • contribuzione obbligatoria versata negli anni di lavoro;
  • contribuzione volontaria;
  • contribuzione da riscatto (ad esempio degli anni di studio universitario).

Non rientrano nella contribuzione effettiva invece i contributi figurativi, tra cui ad esempio figurano quelli versati dall’Inps nei periodi di disoccupazione (in cui si beneficia di una delle indennità previste, come ad esempio della Naspi), come pure durante la malattia. Più nel dettaglio, i periodi in cui viene riconosciuta la contribuzione figurativa - in alcuni casi in automatico, in altri su domanda dell’interessato - sono diversi:

  • aspettativa per mandato elettorale e sindacale
  • assistenza sanitaria per tubercolosi
  • assistenza a persone con handicap grave
  • attività svolta in progetti di lavoro socialmente utili (LSU)
  • attività svolta da lavoratori invalidi
  • calamità naturale
  • cassa integrazione guadagni
  • chiusura dell’attività per i commercianti
  • congedi di maternità e parentali
  • contratti di solidarietà
  • disoccupazione
  • donazione del sangue
  • infortunio
  • malattia
  • mobilità
  • persecuzione politica e razziale
  • servizio militare.

Chi quindi ha lavorato per meno di 35 anni ma grazie al riconoscimento della contribuzione figurativa per uno o più dei suddetti periodi riesce a raggiungere il requisito contributivo per accedere alla pensione anticipata non può comunque ricorrere a questa opzione per smettere di lavorare.

O almeno questa è l’interpretazione data dall’Inps, sulla quale però non concordano i giudici della Corte di Cassazione. Con la sentenza n. 24916 del 2024, infatti, i giudici hanno spiegato che dal momento che gli anni richiesti dalla legge Fornero per il pensionamento anticipato sono comunque molti, tutti i contributi figurativi devono essere considerati ai fini del raggiungimento del requisito.

Una sentenza che quindi potrebbe obbligare l’Inps a rivedere la propria interpretazione sulla pensione anticipata, anche perché la sentenza della Corte di Cassazione potrebbe aprire la strada a una serie di ricorsi.

Buone notizie per chi è disoccupato

Come anticipato, l’Ape Sociale è un’altra misura che consente di smettere di lavorare in anticipo anche a coloro che hanno lavorato per meno di 35 anni. Sono sufficienti infatti 30 anni di contributi, e un’età di almeno 63 anni e 5 mesi.

Tra le tante categorie che possono accedere all’Ape Sociale, figurano anche i disoccupati che hanno concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione loro spettante. Quindi, chi perde il lavoro (nei casi di contratto a tempo determinato è necessario aver lavorato per almeno 18 mesi negli ultimi 3 anni) e ha accesso alla Naspi può, una volta cessata e trascorsi almeno 3 mesi, fare domanda per l’anticipo pensionistico.

E chi invece per qualche motivo non ha percepito alcuna indennità ma è comunque disoccupato? Secondo l’Inps no dal momento che aver avuto accesso alla Naspi è un requisito fondamentale ai fini dell’accesso all’Ape Sociale. Non è così per la Corte di Cassazione, che con la sentenza n. 24950 del 17 settembre 2024 ha esteso il diritto all’Ape Sociale anche a chi non ha preso la Naspi. Anche in questo caso vale quanto detto sopra: ferma restando la possibilità di fare ricorso, bisognerà comunque attendere che l’Inps si adegui a questa nuova interpretazione normativa (e non è detto lo faccia).

E attenzione, perché questa sentenza potrebbe avere dei risvolti anche per un’altra misura che richiede la cessazione della Naspi da almeno 3 mesi per poter accedere all’agevolazione che consente di smettere di lavorare in anticipo. Si tratta di Quota 41, opzione riservata ai lavoratori precoci - almeno 12 mesi di contributi versati entro il compimento dei 19 anni - che fanno parte di una delle categorie che necessitano di una maggior tutela, tra cui insieme a invalidi, caregiver e lavoratori gravosi, figurano anche i disoccupati, ma appunto a condizione che abbiano cessato l’indennità di disoccupazione da almeno 3 mesi. Il principio è lo stesso quindi, ecco perché la suddetta sentenza potrebbe avere conseguenze anche su Quota 41, fermo restando che l’Inps non ha ancora commentato ufficialmente quanto successo.

La posizione dell’Inps

A fronte del clamore suscitato dalle due sentenze della Corte di Cassazione, nei mesi scorsi, in un’intervista rilasciata a noi di Money.it, è arrivato il commento prudente di Gabriele Fava, presidente dell’Inps, che ha voluto chiarire la posizione dell’Istituto.

Secondo Fava, le pronunce dei giudici forniscono una lettura alternativa delle norme, diversa da quella applicata dall’Istituto nelle proprie istruzioni operative. Tuttavia, trattandosi di singole sentenze, queste fanno stato solo tra le parti coinvolte nei rispettivi giudizi.

Fava ha sottolineato che solo un orientamento giurisprudenziale consolidato, oppure un pronunciamento delle Sezioni Unite della Cassazione, potrebbe portare l’Inps a rivalutare ufficialmente i requisiti di accesso alla pensione anticipata e all’Ape Sociale.

In tal caso, l’Istituto non agirebbe comunque in autonomia, ma sottoporrebbe la questione ai Ministeri vigilanti, Lavoro ed Economia, per una valutazione complessiva, anche in termini di sostenibilità economica. Questo perché le misure interessate si fondano su norme speciali, introdotte in un contesto di contenimento della spesa, e la loro applicazione più estensiva potrebbe generare impatti finanziari rilevanti.

In attesa di eventuali sviluppi, dunque, resta fondamentale monitorare la posizione della giurisprudenza e le eventuali indicazioni ufficiali dell’Inps, che potrebbero arrivare nei prossimi mesi.

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