Prepensionamento: gli strumenti per andare in pensione prima del tempo

Simone Micocci

3 Luglio 2018 - 09:37

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Si può smettere di lavorare prima del raggiungimento dell’età pensionabile senza perdere lo stipendio; ciò è possibile grazie agli strumenti per il prepensionamento riconosciuti dalla vigente normativa.

Prepensionamento: gli strumenti per andare in pensione prima del tempo

L’ordinamento vigente riconosce diverse tipologie di prepensionamento, ovvero quegli strumenti che consentono di smettere di lavorare prima del dovuto e di percepire - nell’attesa della pensione - un’indennità sostitutiva.

Come noto per andare in pensione bisogna maturare dei requisiti ben precisi, sia per quanto riguarda l’età anagrafica che l’anzianità contributiva; requisiti che dal 1° gennaio 2019 saranno rivisti al rialzo e di conseguenza tarderanno l’accesso alla pensione.

Anticipare l’uscita dal lavoro, però, è possibile, sia su iniziativa del lavoratore che dell’azienda in cui questo è impiegato; ad esempio ci sono le varie forme di APE (Anticipo PEnsionistico), così come l’isopensione modificata dalla Legge di Bilancio 2018 riservata ai lavoratori impiegati in aziende numerose.

Sapere quali sono questi strumenti e come funzionano è molto importante, così eventualmente da sfruttarli per andare in pensione (almeno nella pratica, visto che nella teoria l’età pensionabile non è ancora raggiunta) prima del previsto. A tal proposito di seguito faremo chiarezza su quali sono gli strumenti per il prepensionamento e sulle condizioni necessarie per accedervi a seconda dei casi.

Isopensione

La Legge Fornero ha introdotto quello che viene conosciuto come isopensione o anche scivolo pensionistico, ovvero lo strumento che consente di anticipare l’uscita dal lavoro fino ad un massimo di 4 anni percependo un’indennità simile alla pensione.

Con la Legge di Bilancio 2018 il limite entro il quale richiedere l’isopensione è stato allungato a 7 anni, periodo in cui il lavoratore ha diritto ad un’indennità sostitutiva di importo pari alla pensione spettante (con l’eccezione contributi figurativi che il datore di lavoro accredita per il periodo di esodo).

Anche se può sembrare una pensione anticipata è importante sottolineare che si tratta di uno strumento per il sostegno del reddito, al pari dell’indennità di disoccupazione, riconosciuto esclusivamente ad alcune categorie di lavoratori. Nel dettaglio, per beneficiare dell’isopensione, il lavoratore deve essere:

  • occupato in aziende con più di 15 dipendenti;
  • non devono mancare più di 7 anni al raggiungimento della pensione;
  • sono oggetto di un accordo sindacale e di uno con l’impresa nei quali acconsentono alla cessazione anticipata del rapporto di lavoro.

La richiesta dell’isopensione deve partire dall’azienda, la quale una volta individuati i dipendenti in esubero ai quali mancano pochi anni per la pensione ne danno comunicazione ai sindacati.

Questi a loro volta sottoscrivono un accordo con i lavoratori (se favorevoli all’isopensionamento), dopodiché il tutto viene inviato all’INPS che comunica all’azienda i costi da pagare per il versamento dei contributi da versare al lavoratore.

Il pagamento può essere in un’unica soluzione o a rate, ma in quest’ultimo caso l’azienda ha l’obbligo di predisporre una fideiussione bancaria come garanzia del debito.

Solo una volta effettuato il pagamento allora l’INPS pagherà al lavoratore l’indennità sostitutiva per tutto l’arco dell’isopensione, fino al raggiungimento della pensione di vecchiaia.

L’assegno straordinario di prepensionamento

C’è un altro strumento con il quale i lavoratori possono cessare il servizio in attesa della pensione: si chiama assegno straordinario di prepensionamento ma è riservato esclusivamente ai dipendenti delle imprese che aderiscono fondi bilaterali che lo prevedono. Nel dettaglio, questo trattamento è riconosciuto ai destinatari dei seguenti fondi:

  • Credito ordinario;
  • Credito cooperativo;
  • Esattoriali;
  • Poste Italiane;
  • Ferrovie dello Stato;
  • imprese assicuratrici;
  • società di assistenza;
  • del Trentino.

Anche in questo caso si tratta di un contributo per il sostegno del reddito vincolato all’uscita volontaria degli esuberi; per richiederlo - al pari dell’isopensione - è necessario però che i dipendenti in esubero siano a 7 anni dal raggiungimento della pensione di vecchiaia o anticipata.

In questo periodo, al lavoratore viene riconosciuto un assegno straordinario, per un importo pari alla pensione maturata alla data di cessazione del rapporto lavorativo, nella quale però è compresa la quota di pensione calcolata tenendo conto della contribuzione mancante.

È all’azienda che chiede l’uscita anticipata del lavoratore in esubero che spetta il pagamento dei contributi figurativi per il periodo non lavorato, i quali vengono accreditati al fondo di solidarietà di riferimento.

APE: Aziendale, Volontario e Sociale

C’è un terzo strumento - probabilmente il più importante - al quale può ricorrere l’azienda per incentivare l’uscita dal lavoro di alcuni dipendenti in esubero: l’APE Aziendale.

Questo strumento riguarda i lavoratori con almeno 63 anni di età (63 anni e 3 mesi dal 2019) che richiedono l’Ape Volontario, ovvero il prestito pensionistico erogato dalle banche che verrà restituito una volta raggiunta l’età pensionabile tramite delle decurtazioni sull’assegno previdenziale.

Accedere all’Ape Volontario, quindi, ha un costo per il dipendente, al quale però può contribuire l’azienda ai fini di agevolare l’uscita anticipata dal lavoro.

Questa, infatti, in accordo con il dipendente può incrementarne il monte contributivo versando una quota di contributi all’INPS, così da aumentare la pensione futura e limitare gli svantaggi economici dell’Ape Volontario.

Il contributo aggiuntivo non deve essere inferiore all’importo della contribuzione volontaria basata sulla retribuzione percepita dal dipendente prima del suo pensionamento. Nel dettaglio, il datore di lavoro deve versare almeno il 33% della retribuzione imponibile delle ultime 52 settimane lavorate, ovvero i contributi figurativi per un periodo che va da un minimo di 6 mesi ad un massimo di 3 anni e 7 mesi (a seconda del momento in cui ha avuto luogo l’uscita anticipata dal lavoro).

Questo strumento è un’esclusiva del settore privato; non lo possono richiedere quindi gli enti pubblici per agevolare l’uscita dal lavoro dei dipendenti statali.

Infine per anticipare l’uscita dal lavoro l’ultimo strumento possibile - almeno fino al 31 dicembre 2018, visto che non dovrebbe esserci una proroga - è l’Ape Sociale, ovvero l’anticipo pensionistico che a differenza di quello Volontario non prevede penalizzazioni sull’assegno previdenziale di chi lo richiede.

Si può richiedere una volta compiuti i 63 anni, ma solo se appartenenti ad una delle seguenti categorie:

  • disoccupati che hanno cessato integralmente, al momento della domanda, di ricevere le prestazioni per gli ammortizzatori sociali da almeno 3 mesi. Il requisito contributivo è di almeno 30 anni;
  • soggetti con invalidità civile pari o superiore al 74% con almeno 30 anni di contributi;
  • persone che assistono parenti di primo grado con disabilità grave con almeno 30 anni di contributi;
  • lavoratori occupati in attività gravose con almeno 36 anni di contributi.

Questo strumento - che potete approfondire nella guida dedicata - quindi, permette di andare in pensione in anticipo ai lavoratori che, per diversi motivi, sono svantaggiati. Come anticipato, però, è molto difficile che questo venga prorogato anche per il 2019, visto che il Governo in carica potrebbe utilizzare le risorse a disposizione per finanziare la riforma in programma.

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