Bonus 1.500 euro dal 2020, a luglio stipendi più alti con il taglio del cuneo

Anna Maria D’Andrea

13/09/2019

13/09/2019 - 16:21

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Luglio ricco grazie al taglio del cuneo fiscale: tra le ipotesi in campo c’è quella di un bonus di 1.500 euro da erogare in busta paga a partire dal 2020, una sorta di quattordicesima riconosciuta entro certi limiti di reddito.

Bonus 1.500 euro dal 2020, a luglio stipendi più alti con il taglio del cuneo

Buste paga più ricche a luglio: se il taglio del cuneo fiscale si farà, dal 2020 potrebbe entrare in vigore il nuovo bonus da 1.500 euro.

A beneficiarne sarebbero i contribuenti con redditi più bassi, probabilmente fino a 26.600 euro (soglie per l’erogazione del bonus Renzi) e si profila l’ipotesi che il bonus fiscale venga riconosciuto in un’unica soluzione insieme allo stipendio. Una sorta di quattordicesima pagata dallo Stato.

La riduzione delle tasse sui redditi da lavoro dipendente è uno dei punti condivisi tra PD e M5S che, sotto la guida del Premier Giuseppe Conte, hanno stilato il programma del nuovo Governo.

Il taglio del cuneo fiscale sarà rivolto nel 2020 ai redditi da lavoro. L’obiettivo è portare più soldi nelle tasche dei consumatori, con il fine di rimettere in moto l’economia e stimolare gli investimenti.

L’erogazione di un bonus di 1.500 euro nella busta paga del mese di luglio, dovrebbe tuttavia assorbire alcune delle agevolazioni fiscali presenti ad oggi. Tra queste il bonus Renzi.

Bonus da 1.500 euro nel 2020, a luglio stipendi più alti con il taglio del cuneo

La proposta arriva dal PD, ma è caldeggiata anche dal M5S: ridurre il peso del Fisco sui redditi da lavoro, con l’effetto di quello che in chiave popolare è destinato a diventare come un nuovo bonus sugli stipendi.

Il bonus da 1.500 euro in arrivo dal 2020 altro non sarebbe che l’effetto del taglio del cuneo fiscale. La misura è attualmente allo studio e, nel caso di attuazione, interesserebbe i lavoratori dipendenti con redditi fino a 26.600 euro l’anno.

È in campo l’ipotesi di estensione del limite di reddito fino a 35.000 euro, con il riconoscimento di un bonus di importo ridotto.

Seppure ad oggi manchino i dettagli operativi, una delle ipotesi è che il bonus da 1.500 euro altro non sarà che un’estensione con potenziamento dell’attuale credito Irpef di 80 euro al mese che, in un anno, consente a chi ne beneficia in misura piena di contare su un’entrata aggiuntiva pari a 960 euro all’anno.

Il bonus Renzi, con la sua dote da 10 miliardi di euro all’anno, potrebbe quindi essere ulteriormente esteso, non solo per quel che riguarda l’importo mensile erogato ma anche sul fronte dei beneficiari.

Si fa sempre più forte inoltre l’ipotesi che venga esteso anche ai cosiddetti incapienti, circa 5/6 milioni di contribuenti titolari di redditi troppo bassi ed esenti Irpef.

A cambiare sarebbero anche le modalità di pagamento: se ad oggi il credito Irpef è erogato mensilmente, il bonus da 1.500 euro verrebbe pagato in un’unica soluzione, nel mese di luglio.

Nuovo bonus sugli stipendi, ma servono misure anche per le imprese

Non potrebbe che essere accolta con favore l’ipotesi di introduzione di un nuovo bonus sugli stipendi dei lavoratori dipendenti titolari di redditi bassi.

Sebbene siamo ancora lontani dal dire che si tratti di misure definitive, è importante ricordare che non solo i lavoratori ma anche le imprese chiedono da anni che vengano introdotte misure per abbassare le tasse sul lavoro.

Ed è proprio su questo punto che si giocherà la partita tra M5S e PD. Se ambedue le forze politiche in campo per il Governo Conte 2 portano avanti l’idea che sia necessario ridurre il cuneo fiscale, i Pentastellati sottolineano l’importanza di intervenire anche sul fronte fiscale e contributivo per le imprese.

Il taglio del costo del lavoro è poi strettamente legato ad un’altra delle misure caldeggiate dal M5S, il salario minimo, inattuabile senza una preventiva riduzione del cuneo fiscale.

Ad oggi le ipotesi in campo sono tre:

  • un taglio fiscale e contributivo di un punto all’anno per 5 anni su tutti i lavoratori dipendenti;
  • un taglio di quattro punti nel caso di assunzioni a tempo indeterminato;
  • l’esonero per i datori di lavoro dal versamento del contributo Naspi dell’1,61% e del contributo del 2,75% per la disoccupazione agricola sui contratti a tempo indeterminato.

L’ideale sarebbe intervenire su ambedue i fronti: ridurre il costo del lavoro per le imprese, misura necessaria come stimolo alle assunzioni e portare qualche soldo in più nelle tasche degli italiani con redditi bassi.

Quel che è certo è che sarà la riforma fiscale il primo fronte sul quale dovrà lavorare il (possibile) nuovo Governo Giallo-Rosso che, come primo impegno, si troverà a dover affrontare una delle manovre più complesse degli ultimi anni, già “ipotecata” dai 23 miliardi di euro delle clausole di salvaguardia.

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