La presidente della BCE al Parlamento europeo parla di tassi, inflazione, del rapporto Draghi, degli eurobond. Ma tira anche le orecchie all’Italia di Meloni per il no al MES.
Al cospetto del Parlamento europeo di Strasburgo, la presidente della BCE Christine Lagarde ha affrontato diverse questioni di politica monetaria, in primis quelle che attengono alla direzione futura nell’area euro dell’inflazione e dunque dei tassi di interesse.
Lagarde ha parlato però anche della necessità di rafforzare il ruolo dell’euro e di seguire le prescrizioni contenute nel Rapporto sulla competitività dell’UE presentato, ormai più di un anno fa, dall’ex numero uno della Banca centrale europea ed ex presidente del Consiglio Mario Draghi, promuovendo anche lei la creazione di un debito comune, dunque degli eurobond.
Non è mancato però il monito all’Italia, anche se il nome non è stato proferito esplicitamente, sulla mancata ratifica della riforma del MES.
Lagarde al Parlamento europeo su inflazione e tassi
Riguardo alla questione dell’inflazione e dei tassi, la presidente della BCE Christine Lagarde ha confermato quanto detto nell’ultima riunione del Consiglio direttivo dell’11 settembre 2025: “ Il processo di disinflazione è finito ”.
Per la precisione, “con l’inflazione che al momento è attorno al 2% ed è prevista rimanere attorno a questo livello nell’orizzonte di previsione, possiamo dire che il processo disinflazionistico è terminato”, motivo per cui i tassi dell’Eurozona sono stati lasciati invariati per la seconda volta consecutiva nell’ultima riunione.
Certo, “l’outlook sull’inflazione dell’area euro rimane più incerto del solito, a causa di un contesto globale di politica commerciale ancora volatile, responsabile dei rischi sia al rialzo che al ribasso. Allo stesso tempo, con le nuove informazioni che arrivano, il margine di rischio su entrambi i fronti si è ridotto ”.
Dalle parole di Lagarde non è emersa dunque alcuna particolare preoccupazione, tale da rendere assolutamente necessario tagliare i tassi.
La presidente della BCE non crede di fatto che l’economia dell’Eurozona rischi una grave erosione. Tutt’altro: se è vero che “la debole performance delle esportazioni, provocata dai dazi più alti, l’euro più forte e la competizione globale più elevata dovrebbero zavorrare la crescita per il resto dell’anno”, è pur vero che “gli effetti di questi fattori negativi sulla crescita dovrebbero smorzarsi l’anno prossimo ”.
Di fatto, “le indicazioni che arrivano dai sondaggi suggeriscono che i servizi continuano a crescere, indicando un qualche momentum sottostante positivo nell’economia”.
Lagarde ha riassunto poi il suo messaggio con la seguente frase: “i rischi sono più bilanciati, ma l’incertezza geopolitica è grande ”.
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Le frasi di Lagarde sull’euro, sul Rapporto Competitività di Mario Draghi e sugli eurobond
Riguardo all’euro, la numero uno della Banca centrale europea ha invitato sostanzialmente l’Europa a darsi una mossa, reiterando che l’Eurozona, in particolare, “ha una opportunità unica di creare le condizioni per rafforzare il ruolo dell’euro sul palcoscenico globale ”, e sottolineando che, tuttavia, affinché ciò si verifichi bisogna agire.
Come? Intanto rafforzando il mercato interno, dunque procedendo all’integrazione dei mercati dei capitali, “adottando misure concrete per completare l’Unione dei Risparmi e degli Investimenti ”, iniziativa per cui “è essenziale” dotarsi di “una tabella di marcia ambiziosa”.
A tal proposito, ed è qui che Lagarde ha sponsorizzato quanto auspicato da Mario Draghi, facendosi anch’essa paladina degli eurobond, “misure come il finanziamento comune di asset pubblici, come nella difesa, aiuterebbero a creare un bacino sicuro e liquido di debito pubblico UE”.
Sul Rapporto sulla Competitività di Mario Draghi, è arrivato magari il momento di darne attuazione. “Questo è il momento di passare dalle parole ai fatti ”. E “a livello istituzionale, dobbiamo salvaguardare la fiducia degli investitori nelle istituzioni e politiche che rafforzino la nostra moneta, inclusi il rispetto dello stato di diritto e la difesa dell’indipendenza della banca centrale”.
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Da Lagarde stoccata all’Italia per quel no al MES. “La mia speranza più grande”
Pur non nominandola, Lagarde ha poi lanciato un chiaro monito all’Italia, l’unica economia che si è rifiutata di ratificare la riforma del MES:
“Non ho davvero un’opinione sull’utilizzo del MES per la difesa, perché è stato concepito in altri tempi e per altri scopi. La mia unica speranza riguardo al MES è che venga ratificato da tutti i Paesi membri: c’è un Paese che non lo ha ancora ratificato e ciò impedisce al MES di adempiere pienamente alla sua missione e alla sua funzione, che è quella di sostenere i Paesi membri o anche le istituzioni finanziarie. La mia speranza più grande è che, alla fine, trovi la sua destinazione, come previsto”.
Poche sono le speranze, tuttavia, che la riforma del MES venga ratificata dall’Italia, almeno dall’Italia nelle mani del governo Meloni.
Il grande no di Matteo Salvini al MES
I no più convinti sono arrivati dal leader della Lega, vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini, che mesi fa si è così espresso:
“Abbiamo una situazione economica, bancaria, borsistica positiva. Lo spread è ai minimi storici e quindi chiedere adesso agli italiani dei sacrifici per andare a salvare magari banche tedesche in difficoltà anche no. Quindi noi chiediamo all’Europa di non soffocare le nostre imprese con burocrazia, regole e intralci”.
Salvini ha sottolineato, ancora, che “ il MES non serve, nessuno lo usa, anzi ci abbiamo messo 15 miliardi degli italiani in questo salvadanaio che nessuno usa, se ce li riprendiamo indietro aiutiamo tante imprese”.
Il leader della Lega non è stato sicuramente l’unico esponente del governo Meloni a dire di no al Meccanismo Europeo di Stabilità, in risposta ai ripetuti appelli lanciati dalle istituzioni europee, come dal presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe che, nel rimarcare la necessità di continuare a collaborare con il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti, ha avvertito qualche mese fa che, se il trattato MES non verrà applicato, la conseguenza sarà che “i fondi che abbiamo a disposizione per aiutarci a gestire le difficoltà bancarie non potranno essere incrementati dai prestiti concessi dal MES”, con la conseguenza che, a crescere, potrebbero essere “in futuro, i nostri rischi, nel caso in cui dovessimo affrontare una grave difficoltà bancaria”.
Ma niente da fare, visto che Salvini ha definito il MES un cappio al collo e visto il no netto arrivato da altri esponenti del governo Meloni.
Interpellato da Money.it, l’economista Riccardo Puglisi ha commentato così l’opposizione del governo Meloni al MES:
“Per quanto concerne il MES, la risposta più immediata è questa: un’unione monetaria come l’Eurozona non ha soltanto bisogno del ruolo giocato dalla banca centrale, anche attraverso l’acquisto di titoli di stato ma anche di meccanismi fiscali di gestione delle emergenze, per Paesi che hanno più difficoltà a piazzare il proprio debito pubblico. Per meccanismi fiscali intendo meccanismi finanziati dalle imposte e dal deficit, anche a livello federale. Le opposizioni al MES mi sembrano francamente eccessive”.
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Bankitalia, la risposta all’Italia che ha paura del MES
Così Bankitalia, nello spiegare il MES e nel rispondere alla domanda esplicita che tanti italiani si sono sempre posti: “È vero che il MES non serve all’Italia e che anzi addirittura la danneggia? ”:
“Il MES non è un organismo inutile e, certo, non danneggia il nostro paese; serve all’Italia tanto quanto a ciascun altro paese dell’area dell’euro”.
Così, ancora, la Banca d’Italia:
“Il MES attenua i rischi di contagio connessi con eventuali crisi di un paese dell’area dell’euro, rischi che in passato si sono materializzati e hanno avuto gravi ripercussioni sul nostro paese (come è accaduto, ad esempio, a partire dal 2010 con la crisi della Grecia). La presenza del MES riduce la probabilità di un default sovrano, almeno per i paesi le cui difficoltà sono temporanee e possono essere risolte con prestiti o linee di credito (per gli altri non cambia nulla). Con la riforma, che consente al MES di fungere da backstop del Fondo di risoluzione unico, il MES contribuirebbe anche a contenere i rischi di contagio connessi con eventuali crisi bancarie di rilievo sistemico. Per quanto riguarda specificamente l’Italia, il rifinanziamento dell’elevato debito pubblico del nostro paese può avvenire in maniera più ordinata e a costi più contenuti se le condizioni sui mercati finanziari restano distese”.
Il MES è una questione che va avanti ormai da anni, oggetto di dibattiti accesi, soprattutto tra una politica di stampo sovranista da un lato e il mondo degli economisti dall’altro.
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