Grecia, Grexit e Brexit: è soprattutto la Gran Bretagna a temere l’uscita dall’euro, ecco perché

Simone Casavecchia

10/02/2015

La prospettiva dell’uscita della Grecia dall’Euro inizia paradossalmente ad allarmare soprattutto la Gran Bretagna, il Paese che da sempre ha accarezzato l’idea di abbandonare l’Europa, ecco perché.

Grecia, Grexit e Brexit: è soprattutto la Gran Bretagna a temere l’uscita dall’euro, ecco perché

Muro contro muro: in attesa della riunione straordinaria dell’Eurogruppo, in calendario per domani, la trattativa tra Grecia e UE continua in questi termini. Mentre i tedeschi si affrettano a ribadire che non solo la Grecia deve rispettare le scadenze dei debiti contratti con le istituzioni internazionali, prolungando il piano di salvataggio dell Troika ma anche che è impensabile un qualsiasi risarcimento dei debiti di guerra tedeschi, Tsipras illustra, incurante, il suo piano di governo.

Il leader di Syriza vuole tener fede al mandato elettorale non solo con la rottura del piano di salvataggio della Troika ma anche con la sanità gratuita, i salari minimi garantiti e la riassunzione di dipendenti statali, insomma, un programma ambizioso e, soprattutto, realizzabile nel solo caso in cui il nuovo esecutivo greco ottenesse quel prestito ponte che gli consentirebbe di riossigenare l’economia greca, per i prossimi mesi.

I rischi per il Regno Unito
Un programma, in realtà, sulla reale applicabilità del quale sorgono sempre maggiori dubbi mentre, all’opposto, sempre più concrete divengono le possibilità di un’uscita della Grecia dall’Euro nel caso in cui il muro contro muro continuasse senza l’apertura di un reale spazio di trattativa.
Nonostante il secco diniego alle richieste di Yanis Varoufakis messo in campo dal cancelliere dello scacchiere (Ministro delle Finanze) George Osborne, il politico più preoccupato per una possibile uscita della Grecia dall’euro è, al momento attuale, David Cameron che ieri ha convocato una riunione straordinaria a Downing Street per affrontare con il suo governo le possibile conseguenze della Grexit. A tal proposito il portavoce di Cameron ha spiegato che occorre

“essere vigili (...) Già nel 2012 il Governo aveva fatto piani di emergenza ai tempi della crisi nell’eurozona a causa della Grecia. Ora che c’é un nuovo Governo ad Atene è il momento giusto per rivedere i nostri piani (...) L’eurozona (...) resta estremamente importante per la Gran Bretagna dato che è il nostro principale partner commerciale e quindi è logico che il primo ministro si prepari a una situazione in cui la crisi greca potrebbe peggiorare e un’uscita dall’euro non sarebbe più evitabile.”

Già nei giorni scorsi George Osborne (ieri assente dalla riunione perché impegnato al G20 di Istanbul) aveva evidenziato che le tensioni tra il nuovo esecutivo greco e le istituzioni europee possono rappresentare un grave rischio per l’economia britannica.
Quel che il governo e la Banca d’Inghilterra temono maggiormente non è, quindi, l’uscita dall’euro in sé stessa ma le ripercussioni che un’azione del genere potrebbe avere sui mercati finanziari da un lato e sugli altri Paesi europei dell’Eurozona dall’altro.
Anche se le maggiori ripercussioni sarebbero sulle società e sulle banche greche, colpuite da gravi difficoltà finanziarie, mentre le banche britanniche sarebbero poco coinvolte da una possibile uscita della Grecia dall’Euro, il pericolo maggiore è uno scenario di rinnovata crisi finanziaria che potrebbe configurarsi qualora anche altri Paesi europei uscissero dall’euro. E’ il caso di ricordare che l’effetto Grecia potrebbe facilmente propagarsi a Portogallo e Spagna che nel 2015 affronteranno le elezioni politiche e che esistono forze politiche che spingono per un’uscita dall’euro anche in Irlanda.

I rischi per la Grecia
Le preoccupazioni del Regno Unito sono, tutto sommato, opportunistiche dal momento che si tratta di un Paese che, per primo ha pensato di uscire dall’Europa, addirittura con un referendum da proporre al proprio elettorato.
Ben peggiori sarebbero le conseguenze per la Grecia che si troverebbe a dover gestire una disoccupazione di massa e sarebbe costretta a nazionale le banche, a svalutare sensibilmente la nuova valuta adottata, per facilitare gli investimenti e a imporre severi controlli sul movimento dei capitali. Allo Stato, come alle imprese greche, sarebbe poi del tutto precluso l’accesso al mercato dei capitali stranieri e l’impossibilità di contrarre debiti per un numero prolungato di anni, imboccando facilmente la strada del collasso economico.

I rischi per i partner europei
Al di là delle perdite dirette, dovute dal mancato risarcimento del debito pubblico greco, fortemente ridimensionato dal 2010 a oggi, il rischio maggiore, in un’ottica di lungo periodo, sarebbe la perdita di fiducia dei mercati internazionali nei confronti dell’euro e dell’eurozona. L’Europa non verrebbe più reputata in grado di far fronte a crisi di insolvenza e di illiquidità, pur con tutte le sue istituzioni e i suoi struementi finanziari e, sebbene con conseguenze difficilmente preventevabili, tale impressione si ripercuoterebbe maggiormente sui Paesi periferici il cui spread salirebbe alle stelle e i cui titoli di stato sarebbero gravati da un tail-risk ovvero da una sorta di premio che Stati con economie "a rischio uscita dall’Euro" dovrebbero pagare agli investitori, per i pericoli da loro corsi acquistando titoli di stato di economie fortemente indebitate e con scarse prospettive di crescita.

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