Si avvicina sempre più la data della prossima riunione della BCE dalla quale dovrebbero essere annunciati nuovi stimoli monetari. La BCE aumenterà il QE?
Sale l’attesa per la riunione della BCE del 10 marzo dalla quale potrebbero scaturire nuove manovre di politica monetaria da parte dell’istituto centrale europei. Secondo le ultime analisi ci si aspetta un taglio dei tassi di deposito, portandoli ulteriormente in negativo, e un aumento monetario del Quantitative Easing nell’ordine di 10-20€ miliardi in più al mese.
I mercati sembrano fiduciosi che la BCE possa varare misure straordinarie nella prossima riunione di marzo, visto il debole andamento del petrolio e dell’economia globale che stanno spingendo l’inflazione a ribasso. I listini europei hanno cominciato a salire senza sosta dai minimi toccati a metà febbraio, mettendo così ulteriore pressione al presidente Draghi e all’intero board della Banca Centrale Europea. Tuttavia, è così certo che la BCE aumenterà quantitativamente il programma di QE?
Eurozona: i mercati "invocano" nuovi stimoli monetari
I mercati europei proseguono la corsa a rialzo iniziata a metà febbraio, dopo il pesante sell-off di inizio anno che ha portato sui minimi la maggior parte dei titoli azionari e le piazze d’affari europee.
La fine del sell-off è iniziata nel momento in cui il presidente della BCE, Mario Draghi, ha iniziato a rilasciare dichiarazioni confortanti al mercato, sottolineando che la BCE è pronta ad agire nel caso in cui ce ne fosse bisogno.
Queste dichiarazioni hanno rilanciato le aspettative dei mercati su un possibile nuovo stimolo di politica monetaria in arrivo nella prossima riunione della BCE del 10 marzo.
Eurozona: analisti si aspettano aumento del QE e taglio dei tassi
Esperti, analisti ed operatori del mercato si attendono ormai che la BCE tagli ulteriormente i tassi di deposito e innalzi monetariamente il programma di Quantitative Easing che, al momento, prevede acquisti mensili di bond per 60€ miliardi.
Nella riunione di dicembre l’istituto centrale europeo ha già esteso la durata del QE, portandola al 2017 e di fatto aumentando in linea generale il piano di acquisti. Nella prossima riunione la BCE aumenterà gli acquisti mensili di bond? Forse no.
Quantitative Easing: il caso degli Stati Uniti
Si parta dal presupposto che i banchieri centrali sono molto restii ad utilizzare il Quantitative Easing perché ha effetti di medio-lungo periodo incerti.
Se pur vero che nel breve l’inondazione di liquidità può servire ad una ripresa dell’economia, nel lungo periodo rischia di creare economie zombie come quella del Giappone.
Prendendo il caso invece degli Stati Uniti, che hanno effettuato ben 3 QE per cercare di fermare la crisi di liquidità scaturita dalla bolla immobiliare scoppiata nel 2008, l’immissione di liquidità nel sistema ha sortito i suoi effetti.
Il primo QE lanciato dalla Fed è stato il più intenso in termini di quantità monetaria, ed è stato un atto “dovuto”. Le banche erano senza liquidità e andavano giustamente rifinanziate, mentre l’economia colava a picco ed è quindi stato corretto cercare di sostenere l’economia attraverso stimoli monetari non convenzionali.
Gli altri due QE invece sono stati di minore intensità col normalizzarsi della situazione. Si può dire che gli ultimi due QE della Fed siano stati, in termini di acquisti di strumenti finanziari, simili a quello che la BCE sta mettendo in atto adesso.
Il QE ha il seguente meccanismo:
- la banca centrale acquista titoli di Stato dalle banche commerciali le quali, teoricamente dovrebbero distribuire i soldi al pubblico;
- l’aumento della moneta in circolazione dovrebbe favorire l’inflazione che fa in modo di far diminuire il peso del debito da parte dei detentori (aziende, famiglie, etc.);
- il taglio dei tassi di deposito (dovrebbe) spingere le banche a detenere questa liqudità per distribuirla e di riflesso induce i risparmiatori a investire anziché lasciare fermi i soldi in conti deposito;
- il taglio dei tassi di interesse stimola invece l’accesso al credito ma, di riflesso, riduce i margini di guadagno delle banche.
Ora, in America gran parte della liquidità immessa è stata detenuta dalle banche che non hanno rilasciato la quantità di moneta ottenuta dalla Fed sotto forma di prestito ma piuttosto investendola in strumenti finanziari o nel mercato immobiliare.
In questo modo, gli indici azionari americani sono saliti ai massimi storici, andando probabilmente in bolla visto che le quotazioni di molti titoli americani non rispecchiano il reale andamento aziendale.
L’ammontare di debito è invece cresciuto esponenzialmente, ponendo ora il dilemma di come diminuire quest’ultimo senza causare danni all’economia (dilemma che il Giappone affronta da anni, non riuscendo a trovare una soluzione se non aumentare ancora gli stimoli di politica monetaria).
Nel breve periodo però, il facile accesso al credito ha permesso l’apertura di aziende e di conseguenza l’aumento di posti di lavoro (tant’è che la disoccupazione è scesa a livelli record del 5%).
Eurozona: crollo delle materie prime favorisce i consumi
Ora lo scenario economico è cambiato. Le grandi economie sono ancora in fase stagnante o di moderata crescita, mentre quelle emergenti sono in piena crisi (altro fenomeno attribuibile al QE che ha permesso investimenti in questi Paesi e, dopo la fine della politica monetaria espansiva ha fatto tornare i capitali negli USA).
L’Europa però ha a favore il crollo dei prezzi delle materie prime che ha così permesso l’aumento dei consumi interni e di conseguenza un miglior andamento degli utili aziendali e la svalutazione dell’Euro (perpetrata dalla BCE) che in linea teorica ne sta aumentando l’export (il perché del “teorico” è qui).
Eurozona: come può funzionare il QE?
Il QE però rischia di aumentare il surplus della Germania (la quale ha sempre ostracizzato l’utilizzo del QE incoraggiando i membri UE a utilizzare riforme strutturali), vero problema dell’Eurozona, annullando i suoi effetti. Inoltre, la mancanza di flessibilità nell’uso delle riforme da parte dei singoli Paesi rende inutile il tentativo della BCE. Il QE può funzionare in 3 modi:
- ogni Paese aumenta gli investimenti pubblici (non si può fare visti i vincoli UE);
- finanziare il mercato dei capitali in modo che la liquidità delle banche si sposti alle aziende (complicato vista la diversa legislazione in merito nei singoli Paesi UE);
- taglio delle tasse e riforme di lungo periodo da parte degli Stati volte a incentivare la produzione e il lavoro.
Quest’ultimo punto anche è di difficile attuazione. Per come sono andate le cose in Grecia non sembra che i vertici dell’UE (guidate da direttive dei Paesi nordici) accolgano favorevolmente tagli delle tasse a fronte di un aumento del deficit o del debito pubblico (battaglia Renzi-Juncker).
Sembra quindi che aumentare il piano di acquisti sia inutile finché non ci sia più elasticità da parte dell’UE a far recepire tali stimoli da parte dei singoli Stati. E’ vero che la nuova situazione creatasi (col pericolo deflazione alle porte) impone l’attuazione di misure straordinarie, come ad esempio questa.
© RIPRODUZIONE RISERVATA